clemàtide

(ant. clematite), sf. [sec. XV; dal greco klēmatís-ídos, tramite il latino clemătis-ídis]. Nome comune usato per indicare le piante appartenenti al genere Clematis della famiglia Ranuncolacee con diverse specie in gran parte proprie delle regioni temperate. Hanno portamento sarmentoso e fusti legnosi, scandenti o sdraiati, flessuosi, lunghi anche parecchi metri, e foglie opposte, di varia forma, per lo più pennato-composte, lobate, con picciolo e rachide spesso volubili (viticci). I fiori, assai decorativi e sovente grandi, formati da quattro sepali petaloidi di colore bianco, azzurro o violetto, sono talvolta profumati; i frutti sono acheni che terminano con un'appendice piumosa. Le clematidi contengono varie sostanze, fra cui una speciale saponina, che le rende velenose, acri e vescicatorie. In Italia crescono spontanee 12 specie, spesso coltivate per ornamento, fra le quali la vitalba (Clematis vitalba) e la fiammola (Clematis flammula). Nei boschi di montagna, fra i cespugli, in luoghi sassosi o rocciosi, non è rara Clematis alpina (Atragene alpina), dai fiori solitari, penduli, di colore violetto.

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