Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino consuetūdo-ínis].

1) Ripetizione costante, abituale, di un comportamento, di un modo di pensare, di giudicare e sim.; abitudine, usanza, costume, tradizione: rispettare le consuetudini; seguire le consuetudini di un luogo; “la consuetudine... (di) piangere sopra i corpi de' defunti” (G. Gozzi). In particolare: consuetudini monastiche, ordinamenti che disciplinavano l'attività di singoli monasteri od ordini monastici.

2) Norma sociale basata sulla convinzione della sua obbligatorietà giuridica.

3) Lett., dimestichezza, familiarità: avere consuetudine con qualcuno.

Diritto: cenni storici

La consuetudine è la principale fonte di diritto non scritto. Fu definita dai Romani diuturni mores consensu utentium comprobati, ossia regole nell'uso da tempo immemorabile, sostenute dal consenso di quanti se ne valgono, e anche opinio iuris et necessitatis, ossia convinzione della rispondenza di una norma a una necessità giuridica. Nei suoi rapporti con la legge scritta, si distingue in consuetudo secundum, praeter, contra legem. La consuetudine secundum legem è quella conforme alla legge, che essa interpreta uniformemente ed esattamente. La consuetudine praeter legem è quella che prende in considerazione ipotesi non regolate dalla legge. La consuetudine contra legem è quella che pone una nuova norma contraria a quella scritta, o che comunque si oppone a questa, facendola cadere in desuetudine. La consuetudine costituisce vero e proprio diritto nella misura in cui le è riconosciuta efficacia, misura assai diversa da Paese a Paese. Tipico esempio di Paese retto in larga misura su diritto consuetudinario è la Gran Bretagna (common law); la consuetudine ha svolto preminente funzione anche in Germania (Specchio Sassone, Specchio Svevo) e nella Francia settentrionale (pays de droit coutumier) a differenza di quella meridionale (pays de droit écrit). L'Italia è Paese di diritto prevalentemente scritto; gli usi costituiscono fonte del diritto, dopo le leggi, i regolamenti e le norme sindacali, e hanno efficacia solo in quanto siano espressamente richiamati. § Per il codice di diritto marittimo medievale noto anche come Consuetudini di Visby, vedi Visby.

Diritto canonico

La consuetudine non è definita; come in tutte le legislazioni in cui il carattere autoritario è prevalente, si esige per la sua eventuale applicazione il consenso della legge scritta. Si distinguono una consuetudine iuxta legem, che è l'interprete della legge; una consuetudine praeter legem, per la quale si richiede che la comunità abbia osservato la norma mancante nell'ordinamento scritto per un periodo di almeno 40 anni; e una consuetudine contra legem, che in ogni caso non può derogare al diritto divino, naturale e positivo, ma può contraddire il diritto ecclesiastico.

Diritto internazionale

Si discute se la consuetudine sia da considerarsi (per esempio nel caso dell'attribuzione reciproca delle tradizionali prerogative d'immunità ai rappresentanti diplomatici) una fonte di diritto di primo grado, tenuto conto che la norma fondamentale pacta sunt servanda (i patti vanno rispettati) è a sua volta consuetudinaria.

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