Descrizione generale

sm. (pl. -i) [dal greco en, dentro+zýmē, fermento]. Proteina altamente specializzata che interviene in qualità di catalizzatore nelle reazioni chimiche del metabolismo cellulare. È detto anche fermento. Il carattere enzimatico dei processi fermentativi operati dai lieviti fu riconosciuto per la prima volta, nel 1860, da L. Pasteur, il quale riteneva che gli enzimi fossero parti integranti delle cellule; nel 1897 E. Büchner riuscì a estrarre dal lievito e a isolare in forma attiva gli enzimi della fermentazione alcolica, dimostrando che questi possono funzionare anche al di fuori delle cellule che li producono. Negli anni Settanta sono stati individuati degli enzimi di origine batterica, cui è stato dato il nome di enzimi di restrizione, che svolgono la propria azione solo in corrispondenza di sequenze nucleotidiche molto specifiche.

Il primo enzima di laboratorio

Nel 1926 J. Sumner ottenne il primo enzima puro in forma cristallina (ureasi) e ne stabilì la struttura proteica. Gli enzimi noti superano oggi gli 800, di cui più di 150 isolati in forma cristallina. Tuttavia alcuni dati forniti dagli studi di genetica e di biologia molecolare suggeriscono che il numero degli enzimi esistenti è di gran lunga superiore. A questo proposito va sottolineato che i progressi dell'enzimologia derivano non tanto dall'individuazione di nuove molecole enzimatiche, quanto dalle acquisizioni più approfondite sul ruolo degli enzimi, sul controllo genetico della loro sintesi, sui meccanismi di autoregolazione nei sistemi plurienzimatici, sul ruolo degli enzimi nel corso dello sviluppo e della differenziazione. La comune denominazione degli enzimi consiste nell'aggiunta del suffisso -asi al nome del substrato, cioè del composto chimico su cui l'enzima esercita il suo effetto catalitico (così, per esempio, prende il nome di ureasi l'enzima che scinde l'urea in ammoniaca e anidride carbonica). Esistono poi enzimi che hanno una denominazione non correlata con il nome del substrato: ne sono esempio la pepsina, la tripsina, la catalasi, ecc.

Le classi di enzimi

Attualmente gli enzimi sono distinti in sei classi fondamentali, in base al tipo della reazione chimica catalizzata: ossido-riduttasi, transferasi, idrolasi, liasi, isomerasi, ligasi o sintetasi. Ogni classe è a sua volta divisa in sottoclassi e queste in sottosottoclassi. Come le altre sostanze proteiche, gli enzimi possono essere suddivisi in proteine semplici e proteine coniugate: tale suddivisione è valida anche sotto il profilo funzionale, in quanto parte degli enzimi è capace di svolgere la propria funzione catalitica come semplice proteina; altri enzimi, invece, sono attivi solo quando si combinano con strutture non proteiche, dette coenzimi, che possono essere ioni metallici oppure strutture organiche più complesse. La funzione biologica degli enzimi è quella di ridurre l'energia di attivazione necessaria per dar vita alle trasformazioni metaboliche, e di permettere quindi lo svolgimento di attività chimiche cellulari che sarebbero altrimenti troppo dispendiose, in termini energetici, per l'economia dell'organismo.

Le reazioni enzimatiche cinetiche

Dal punto di vista cinetico, le reazioni enzimatiche vengono classificate in 4 gruppi: reazioni di primo, secondo, terzo ordine e reazioni di ordine zero. Le reazioni di primo ordine sono quelle che procedono con velocità proporzionale alla concentrazione di uno dei reagenti. Le reazioni di secondo ordine sono quelle che si svolgono con velocità proporzionale al prodotto di concentrazione dei due reagenti. Le reazioni di terzo ordine, più rare delle precedenti, sono quelle la cui velocità è proporzionale al prodotto di concentrazione di tre reagenti. La reazione di ordine zero è quella che si svolge con velocità indipendente dalla concentrazione dei reagenti; in tal caso la velocità è generalmente proporzionale alla concentrazione dell'enzima nel sistema. Gli enzimi intervengono nelle reazioni metaboliche riducendo l'energia di attivazione del sistema non attraverso un dispendio energetico, come si ha, per esempio, riducendo l'energia di attivazione attraverso un aumento della temperatura, ma combinandosi con i reagenti e portando quindi transitoriamente il sistema di reazione a un livello di energia libera più basso di quello che si avrebbe se la reazione non fosse catalizzata. Gli enzimi si differenziano dai catalizzatori inorganici, che pure agiscono con tale meccanismo, per il fenomeno di saturazione del substrato: a basse concentrazioni del substrato la velocità della reazione è proporzionale alla concentrazione; quando questa aumenta, la velocità di reazione si riduce progressivamente fino a diventare indipendente dalla concentrazione. Si passa dunque da una reazione di primo ordine a una reazione di ordine zero. L'interpretazione teorica di questo fenomeno fu proposta da Michaelis e Menten in base al postulato che una reazione enzimatica è un processo divisibile in due tappe: nella prima, l'enzima (E) si combina con il substrato (S) per formare il complesso enzima-substrato (ES); questo, in un secondo tempo, si scinde liberando l'enzima (E) e i prodotti della reazione (P):

a)

A basse concentrazioni di substrato gran parte delle molecole di enzima è libera nel sistema, per cui la quantità di complesso ES che si forma è proporzionale alla concentrazione del substrato. Aumentando la concentrazione del substrato le molecole dell'enzima vengono saturate in numero sempre maggiore, fino a quando non esistono più molecole libere che possano fissarsi al substrato eccedente. In tal caso un ulteriore aumento di S non può aumentare ES; la reazione globale, essendo indipendente da S, è di ordine zero rispetto al substrato; la concentrazione dell'enzima diventa a questo punto il fattore limitante della velocità di reazione. Una reazione che procede con velocità proporzionale alla concentrazione del substrato è espressa dal rapporto detto equazione di Michaelis-Menten, in cui v è la velocità della reazione, [S] è la concentrazione del substrato, Vm la velocità massima della reazione, Km una costante detta costante di Michaelis. Una reazione di ordine zero, la cui cinetica è regolata dalla concentrazione dell'enzima, procede invece (a temperatura e pH costanti) con velocità v=K(E), in cui (E) rappresenta la concentrazione dell'enzima e K è una costante specifica dell'enzima in questione. La quantità di un enzima presente in un campione di tessuto animale o vegetale viene di norma valutata in base alla specifica attività catalitica del tessuto in questione, misurata in condizioni standard di temperatura e di pH. In pratica si può evidenziare con adeguati metodi analitici la progressiva trasformazione del substrato messo in precedenza a contatto con il tessuto, oppure dosare i prodotti finali della reazione enzimatica. L'attività degli enzimi tessutali viene generalmente studiata su omogenati d'organo o su frazioni cellulari ottenute mediante centrifugazione differenziale degli omogenati, aggiungendo il substrato in concentrazioni elevate, presumibilmente vicine ai livelli di saturazione; in tal modo la velocità iniziale della reazione è di ordine zero relativamente al substrato ed è direttamente proporzionale alla concentrazione dell'enzima nel tessuto.

L'unità enzimatica

Per convenzione una unità enzimatica corrisponde alla quantità di enzimi capace di trasformare 1 mole×10-6/minuto di substrato alla temperatura di 25 °C, in condizioni sperimentali standard. L'attività specifica dell'enzima corrisponde al numero di unità per grammo di proteine tessutali. Quest'ultimo parametro è importante quando si voglia esprimere il grado di purezza di un enzima; l'attività specifica aumenta infatti man mano che l'enzima isolato da un tessuto viene purificato, raggiungendo un valore massimo e costante quando l'enzima è allo stato puro. Benché i processi del metabolismo siano catalizzati da una grande varietà di enzimi, solo alcuni sono strettamente specifici per un determinato substrato; nella maggior parte dei casi, infatti, l'enzima agisce anche su molecole strutturalmente vicine al proprio substrato fisiologico. Esistono enzimi che possono agire su un numero relativamente grande di sostanze, per esempio le lipasi.

Gli isoenzimi

Per contro alcuni enzimi possono esistere in più forme o in isoenzimi che differiscono per proprietà fisiche e per la loro velocità di reazione con i substrati, pur possedendo le stesse proprietà catalitiche fondamentali. La lattico-deidrogenasi, per esempio, può essere separata mediante elettroforesi su gel di amido in cinque differenti isoenzimi, tutti evidenziabili non solo nella stessa specie animale e nello stesso individuo, ma anche all'interno di una singola cellula. Gli isoenzimi della lattico-deidrogenasi differiscono per la composizione delle catene polipeptidiche e per la particolare localizzazione nei tessuti; uno degli isoenzimi (enzima H) predomina nel muscolo cardiaco, un altro (enzima M) nei muscoli scheletrici. Attualmente sono noti isoenzimi di numerosi altri enzimi quali la fosfatasi alcalina, la glutammico-ossalacetico-transaminasi, la creatina-fosfochinasi. Si è dimostrato che le catene polipeptidiche, le quali componendosi in vario modo danno vita ai differenti isoenzimi, vengono sintetizzate dalla cellula sotto il controllo di geni diversi, la cui espressività si modifica in maniera caratteristica durante lo sviluppo embrionale. Lo studio degli isoenzimi ha quindi assunto un ruolo importante negli studi sulle basi molecolari della differenziazione cellulare e della morfogenesi. Si ritiene infatti che anche le proteine di struttura, come gli enzimi, possono esistere in forme diverse, cioè come miscele di subunità polipeptidiche che si combinano differentemente nel corso dei processi di differenziazione cellulare e della organogenesi. Importanti acquisizioni sul meccanismo d'azione degli enzimi sono scaturite dagli studi sulle interazioni molecolari tra enzimi e substrati specifici.

Il meccanismo d'azione degli enzimi

In particolare, le ricerche sul meccanismo d'azione della chimotripsina indicano l'esistenza nella molecola del substrato non solo di un gruppo funzionale destinato a interagire con il sito catalitico dell'enzima, ma anche di un altro raggruppamento che serve per l'aggancio alla molecola dell'enzima in un punto piuttosto prossimo al sito catalitico. Le funzioni molecolari dell'enzima, che di volta in volta possono fungere da recettori specifici, sono numerose e comprendono raggruppamenti carbossilici e amminici, gli ossidrili degli amminoacidi tirosina e serina, formazioni elettrofile (metalli) e nucleofile (gruppi imidazolici e sulfidrilici). Ai fini dell'attività catalitica è tuttavia indispensabile anche una precisa conformazione sterica della molecola enzimatica. Tale conformazione viene spesso modificata, durante il processo catalitico, dalla molecola del substrato e ristabilita dal prodotto o dai prodotti della reazione. L'analisi delle proteine enzimatiche con i raggi X ha dimostrato la costante presenza di due elementi nella conformazione molecolare (folding): una “sacca” superficiale, preposta a ricevere il substrato, e speciali raggruppamenti chimici con funzione catalitica localizzati in posizioni circoscritte della molecola. In virtù di questa struttura l'enzima ha la capacità di riconoscere i substrati specifici, i quali, a loro volta, possono entrare preferenzialmente nel sito attivo per via della grandezza e della carica elettrica della loro molecola. L'efficienza catalitica di un enzima, detta anche “numero di turnover”, è definita dal numero di volte che una reazione può ripetersi nel tempo di un minuto, a livello dello stesso sito attivo. Per l'anidrasi carbonica (l'enzima più efficiente che si conosca) il numero di turnover è pari a 36 milioni.

La produzione di enzimi

Data la loro importante funzione, gli enzimi vengono prodotti, sinteticamente o meno, sia per usi farmacologici e biochimici sia per un diretto impiego nella tecnologia alimentare, agraria e igienica (per esempio, trattamento e disinfestazione dei terreni, depurazione delle acque, ecc.). In particolare, l'uso di enzimi nella tecnica alimentare, i noti fermenti, è assai antico: si pensi al lievito del pane e ai vari fermenti per ottenere le birre. Gli enzimi di origine microbica si utilizzano, oltre che nella fermentazione naturale di prodotti contenenti zuccheri e nell'industria lattiero-casearia (soprattutto per i processi di maturazione e modificazione del sapore dei formaggi), anche per chiarificare i succhi di frutti (enzimi pectici) e le bevande alcoliche, per accelerare la frollatura delle carni (proteasi vegetali), per la rigenerazione dei sapori e degli odori dei prodotti che hanno subito una serie di trattamenti chimico-fisici, ecc. Destano interesse anche le possibilità di applicazione delle sostanze enzimatiche per prolungare la conservazione degli alimenti. Nel caso di enzimi prodotti da microrganismi talvolta è possibile aumentare la resa del processo fermentativo attraverso il “miglioramento” genetico dei ceppi microbici utilizzati, favorendo cioè mutazioni, ibridazioni o il trasferimento intermicrobico di frammenti di DNA responsabili della sintesi dell'enzima desiderato. Si effettuano altresì ricerche sugli enzimi artificiali, onde ottenere reazioni chimiche diverse da quelle che si verificano in natura.

L. A. Unferkoffer, R. J. Hickey (a cura di), Biochemistry of Industrial Microrganism, New York, 1964; D. C. Phillips, The Three-dimensional Structure of an Enzyme Molecule, in “Scientific American”, pagg. 78-90, novembre 1966; J. H. Wilkinson, Isoenzymes, Filadelfia, 1966; W. P. Jencks, Catalysis in Chemistry and Enzymology, New York, 1969; L. Bolognani (a cura di), Enzimi proteolitici intracellulari, Padova, 1990.

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