finale

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agg. e sm. e f. [sec. XIII; latino finālis].

1) Agg., che viene alla fine, ultimo, conclusivo: giudizio finale.

2) Che riguarda il fine, lo scopo a cui si mira: causa finale, una delle quattro cause aristoteliche che costituisce il fine verso il quale la causa efficiente è sollecitata a produrre certi effetti piuttosto che altri; proposizione finale, di una proposizione dipendente che indica il fine, lo scopo a cui tende l'azione espressa dalla proposizione principale; si dice pure della congiunzione o della locuzione congiuntiva che introduce la proposizione finale (affinché, acciocché, perché quando può essere sostituito da affinché, al fine di, allo scopo di). La proposizione finale nella forma esplicita ha sempre in italiano il modo congiuntivo (“mi compose le coltri intorno al collo perché non pigliassi freddo”, Nievo), nella forma implicita ha sempre l'infinito (“non venite più qui a farmi del male”, Manzoni).

3) Sm., l'ultima parte di un'opera teatrale, letteraria, musicale, ecc.: il finale del III atto, il finale della Bohème; più in particolare, in una composizione musicale a più movimenti, tempo conclusivo sovente unito a ulteriori informazioni sulla struttura del movimento, soprattutto nelle sinfonie (allegro, rondò, tema con variazioni, ecc.). Non implica di per sé alcuna prescrizione formale. Nel linguaggio operistico, la conclusione di un atto o dell'intero lavoro, con intervento dei personaggi principali e del coro (finale all'italiana) riuniti in un grande concertato. Per estensione, la fase conclusiva di una gara: segnare un gol nel finale.

4) Sf., la gara che conclude una competizione, un concorso a eliminazione, sia sportivo sia di altro genere: disputare la finale; le canzoni ammesse alla finale.

5) In linguistica, l'ultima lettera o sillaba di una parola, di una frase.