Lessico

sm. [sec. XIII; latino flumen, da fluĕre, scorrere].

1) Corso d'acqua che scorre in un alveo naturale a pendenza media debole o modesta con deflusso di acqua permanente.

2) Per estensione, grande quantità di liquido che scorre, spesso iperb.: fu sparso un fiume di sangue; scorsero fiumi di vino; versare fiumi d'inchiostro, scrivere molto; nella loc., a fiumi, in grande quantità. Fig., moltitudine di persone, di veicoli in movimento: fiumi di folla uscivano dallo stadio; profluvio, grande abbondanza: gli rovesciò addosso un fiume di improperi; guadagnava fiumi di danaro. Di ciò che ha un decorso nel tempo: il fiume della storia. Anche agg. inv., riferito a ciò che si dilunga oltre il solito: conferenza fiume, romanzo fiume.

Geografia fisica

Il termine fiume non è molto significativo sia perché può riferirsi a corsi d'acqua imponenti come il Rio delle Amazzoni o il Mississippi oppure modesti come l'Entella o il Rubicone, sia perché un corso d'acqua può presentare aspetti molto diversi in rapporto alle condizioni geografico-fisiche delle varie parti della Terra. Esistono comunque termini come rio o ruscello per indicare i corsi d'acqua minori, o come torrente per quelli a percorso accidentato, sensibile pendenza e regime molto irregolare, o altri di uso locale ma entrati nella terminologia geografica per indicare quelli che presentano condizioni particolari, come arroyo, creek, fiumara, uadi, ecc. Un fiume è la conseguenza dello scorrimento per gravità sulle terre emerse di acque originate sia da pioggia sia da fusione di neve o ghiaccio, fino al livello di base, che coincide con quello del mare, per i bacini esoreici, ma può risultare anche notevolmente inferiore, per quelli endoreici. Affinché si possa instaurare un fiume occorrono una sufficiente quantità di precipitazioni atmosferiche, un'evaporazione non troppo elevata e un suolo non eccessivamente permeabile (vedi coefficiente di deflusso), condizioni che non si verificano per esempio nelle aree desertiche (bacini areici) o nelle zone carsiche dove si imposta una particolare circolazione sotterranea.

Parti di un fiume e caratteri idrologici

Tutto il territorio che viene drenato da un fiume e dalla più o meno complessa rete dei suoi tributari (affluenti) di ogni ordine costituisce il bacino idrografico di quel fiume; il perimetro del bacino rappresenta la linea spartiacque ossia di separazione dai bacini contigui, non sempre ben caratterizzata, sia per l'andamento orografico del territorio, sia per specifiche condizioni geologiche (vedi bacino idrogeologico). Il confronto tra la superficie di un bacino idrografico e la lunghezza del fiume relativo – la distanza cioè tra l'origine (una sorgente, la fronte di un ghiacciaio, un lago) e la foce – è un parametro significativo per poter comparare i corsi d'acqua perché non necessariamente a lunghezza maggiore corrisponde bacino maggiore. Le acque di varia origine che interessano un dato bacino vengono prima o poi convogliate nel collettore principale, ossia nell'alveo o letto del fiume, e incanalate raggiungono il livello di base, sfociando a delta o a estuario. Comunemente il corso di un fiume viene diviso in: superiore, dall'origine allo sbocco in pianura; medio, il tratto in pianura; inferiore, il tratto prossimo alla foce. Secondo le relazioni fra tracciato di un fiume e andamento orografico, un fiume è detto conseguente, osseguente, obseguente (vedi valle). Elementi basilari per lo studio dei caratteri idrologici di un fiume sono la portata, il regime, la velocità della corrente fluviale. La portata è il volume d'acqua che passa, nell'unità di tempo considerata, attraverso una data sezione trasversale del fiume, espresso in metri cubi al secondo. Significativi sono soprattutto i valori medi ricavati in base all'esame delle variazioni delle portate per periodi prolungati, desunte dagli idrogrammi: i valori estremi di portata vengono denominati piene (massimi) e magre (minimi). Il regime è l'evoluzione abituale delle portate del fiume nel corso dell'anno. La velocità della corrente fluviale dipende dalla pendenza del corso d'acqua, dalla conformazione dell'alveo e dalla sezione bagnata. In prima approssimazione la velocità varia con la radice quadrata del prodotto tra profondità e pendenza; in un dato punto la velocità non è costante su tutta la sezione in conseguenza degli attriti che si esercitano lungo le sponde e sul fondo: la corrente raggiunge le velocità più alte in corrispondenza delle massime profondità, leggermente al di sotto del pelo dell'acqua, perché in superficie interviene l'attrito con l'aria. La linea che lungo il corso di un fiume unisce i punti a massima velocità, il cosiddetto filone della corrente, non risulta necessariamente mediana, ma si sposta ora verso una sponda ora verso l'altra seguendo l'andamento delle profondità: la velocità media corrisponde all'incirca al 60-80% della massima. In profondità la velocità varia dapprima lentamente, poi, in vicinanza del fondo, bruscamente. Va ricordato che lo scorrimento delle acque fluviali avviene per moto in parte laminare e in parte turbolento; la turbolenza cresce con la velocità e assorbe, assieme agli attriti sul fondo, sulle sponde e per contatto con l'aria, gran parte (ca. il 90%) dell'energia totale della corrente, mentre la restante è assorbita dal trasporto del materiale eroso dalle rocce. Se l'uomo interviene per modificare le caratteristiche idrologiche di un fiume, di questo si dice che ha un regime influenzato. L'intervento dell'uomo, quando è teso a regolarizzare il corso, la portata e il regime di un fiume, si esplica attraverso una serie di opere idrauliche (argini, canali, dighe, briglie, ecc.), che interessano il corso d'acqua vero e proprio, e di bonifica, che riguardano il bacino nel suo insieme.

Il modellamento fluviale

L'attività modellatrice di un corso d'acqua si esplica attraverso molteplici processi connessi alla propria azione erosiva, di trasporto e di deposizione. Esiste, inoltre, tutta una vasta gamma di effetti morfologici dovuti al diverso interferire, nello spazio e nel tempo, di questi tre aspetti fondamentali dell'attività modellatrice di tutte le acque incanalate, ora eminentemente distruttrice (erosione), ora costruttrice (deposizione). L'erosione è il risultato del processo distruttivo, dovuto essenzialmente all'azione fisica (corrasione) e, in parte, chimica (corrosione) delle correnti. Essa ha sempre andamento regressivo, nel senso che a valle si sposta progressivamente verso monte. L'intensità del fenomeno, oltre che dalla portata e velocità del fiume e dalla natura delle rocce attraversate, è determinata dalla qualità e quantità del materiale trasportato (capacità di trasporto), nel senso che gli urti di questo contro le sponde e il fondo dell'alveo possono accentuare notevolmente l'azione corrasiva della corrente stessa; un carico eccessivo di materiale però riduce notevolmente, fino ad annullarlo, il potere erosivo dei fiumi. Occorre anche tener presente che la velocità, in una stessa sezione, può variare in brevi intervalli di tempo (pulsazioni della corrente) e che la massima erosione si ha laddove più intensi sono i movimenti vorticosi delle acque. La capacità di trasporto di un corso d'acqua può essere riferita sia al peso massimo trasportabile (carico limite) sia alle dimensioni massime degli elementi singoli che possono essere trasportati compatibilmente alla velocità della corrente (competenza della corrente). Il trasporto può essere attuato secondo diverse modalità : per trazione sul fondo, per rotolamento, per sospensione, per saltazione (cioè in parte per rotolamento o trazione, in parte per sospensione), per galleggiamento e per soluzione. Nel corso del trasporto i singoli elementi litoidi trasportati subiscono un progressivo arrotondamento, che implica altresì una graduale diminuzione del loro diametro, fenomeni questi tanto più accentuati quanto più tenera è la natura della roccia di cui sono costituiti gli elementi stessi e quanto più a lungo dura il trasporto. La deposizione, o alluvionamento, avviene per diminuzione di velocità della corrente o per eccessivo apporto di materiale; i depositi fluviali sono costituiti da materiali detritici incoerenti la cui selezione granulometrica è evidente man mano che si procede da monte a valle, anche se la gradazione non è costante e uniforme in conseguenza dell'alternarsi di piene e magre nello stesso tratto, ritmicità che è responsabile della deposizione lenticolare e quindi della caratteristica stratificazione incrociata dei depositi alluvionali. Il modellamento delle acque correnti, esplicato attraverso i fenomeni predetti, ha la sua più tipica espressione nella genesi e nell'evoluzione delle valli fluviali, che di esso rappresentano anche una delle forme più appariscenti.

Planimetria fluviale

L'andamento planimetrico dei corsi d'acqua si traduce quasi sempre, soprattutto se in fase giovanile, in un tracciato tortuoso. Spesso tale andamento è dovuto alle accidentalità topografiche o strutturali preesistenti all'instaurarsi dei fiumi stessi, all'esistenza di ostacoli particolarmente resistenti all'erosione, che li hanno obbligati a deviare il proprio percorso, all'intervento di fenomeni tettonici vari, che hanno modificato l'andamento planimetrico delle regioni attraversate, a brusche deviazioni per avvenute catture, ecc. Nei casi citati, tuttavia, solo eccezionalmente o casualmente l'andamento assunto dai fiumi presenta le sinuosità a forma geometrica regolare e ripetuta, caratteristiche dei meandri, che, pur risultando ancora connessi a fenomeni di erosione, rappresentano forme tipiche delle fasi di maturità o vecchiaia. L'andamento meandreggiante prevale infatti nelle regioni pianeggianti e, in particolare, nelle pianure, dove cioè il potere erosivo delle correnti fluviali è estremamente debole. Qualunque sia l'andamento planimetrico di un fiume è sempre possibile definire una curva che va dalla sorgente alla foce (profilo longitudinale), regolata dalla posizione del livello di base locale (per esempio, dal livello del punto di confluenza, nel caso di corsi d'acqua tributari) o, in termini più ampi, dal livello di base generale corrispondente al livello medio del mare. Nell'ambito di ogni profilo longitudinale si distinguono quasi sempre due parti, una, ubicata nella zona a monte, a prevalente erosione, e una, a valle, a prevalente deposizione, separate da una sezione particolare, nella quale la corrente esercita esclusivamente un'attività di trasporto: pertanto nel tratto superiore si verifica un progressivo infossamento e allargamento dell'alveo, mentre in quello inferiore si esercita un'azione eminentemente costruttrice, della quale i conoidi di deiezione, le pianure alluvionali, i delta o le pianure deltizie rappresentano le forme più significative. L'andamento di ciascun profilo longitudinale è, in ogni caso, tanto più regolare quanto più avanzato è lo stadio evolutivo raggiunto dall'attività fluviale. Il profilo longitudinale di un fiume nello stadio di vecchiaia è molto simile a quello teorico, detto di equilibrio, lungo il quale il fiume non dovrebbe esercitare alcuna attività, né erosiva, né di deposizione. Quando i corsi d'acqua costituenti il reticolato idrografico di una determinata regione sono prossimi alla realizzazione del profilo di equilibrio, ciò significa che detta regione è stata sottoposta a un pressoché totale spianamento e che inoltre i fiumi hanno ormai quasi completamente cancellato quelle irregolarità e rotture di pendenza (che si traducevano, in pratica, nella presenza di laghi, cascate, cateratte, rapide, ecc.), tipiche lungo il profilo longitudinale nella fase di giovinezza. La realizzazione di una simile situazione indica, infine, che i corsi d'acqua maggiori hanno potuto far arretrare, fino al limite loro consentito, la propria testata operando tutta la gamma di catture possibili.

Il ciclo fluviale

Difficilmente i corsi d'acqua riescono ad assumere profili longitudinali prossimi o coincidenti con quello di equilibrio, in quanto è altrettanto difficile che le condizioni altimetriche e climatiche delle regioni attraversate rimangano costanti per il tempo necessario a consentire questa evoluzione : quasi tutti i cicli fluviali infatti hanno subito o, presumibilmente, subiranno complicazioni nella loro normale evoluzione in conseguenza delle variazioni più o meno sensibili del livello medio del mare. Ogni abbassamento del livello del mare, come si è per esempio verificato nel corso delle fasi di espansione delle grandi glaciazioni quaternarie, provoca normalmente, a causa dell'incremento del dislivello fra foce e sorgente, un aumento delle pendenze dei corsi d'acqua e, di riflesso, della loro velocità, con conseguente ripresa o accentuazione dell'attività erosiva (ringiovanimento); ogni innalzamento del livello del mare, come si è verificato durante le fasi di regresso delle glaciazioni quaternarie, implica a sua volta, per opposte ragioni, un brusco rallentamento dell'attività stessa, con conseguente intensificarsi e prevalere dei fenomeni di deposizione (invecchiamento). Ad analoghe conseguenze possono dar adito tutti quei fenomeni tettonici (epirogenesi, bradisismi, corrugamenti, faglie, ecc.), che comportino innalzamenti o abbassamenti differenziali di parti più o meno estese delle regioni attraversate dai fiumi, anche senza che ciò implichi variazioni del livello del mare. Complicazioni sostanziali nella normale evoluzione di un ciclo fluviale possono infine essere dovute a cambiamenti climatici che implichino notevoli variazioni delle precipitazioni e quindi delle portate fluviali. Anche l'analisi dei profili trasversali delle valli risulta significativa per ricostruire l'evoluzione di un ciclo fluviale: infatti la classica forma a V di questi è tanto più aperta quanto più avanzato è il grado evolutivo raggiunto dal ciclo fluviale e tende progressivamente ad appiattirsi, fino ad avvicinarsi all'orizzontale, nella fase di vecchiaia. Eventuali complicazioni del ciclo lasciano peraltro tracce evidenti anche in detti profili. Per esempio, la presenza di un fondo piatto, alluvionato e tuttora sede di deposizione, indica che il fiume è stato sottoposto, almeno in corrispondenza del tratto considerato, agli effetti di un precoce invecchiamento; l'esistenza di terrazzi, siano essi orografici, alluvionali o poligenici, testimonia che il fiume è passato attraverso successive fasi di invecchiamento, indicate dalla presenza dei ripiani dei terrazzi, e di ringiovanimento, indicate dall'incisione dei ripiani stessi, con formazione delle scarpate dei terrazzi, fasi dipendenti, nella maggior parte dei casi, da variazioni del livello di base (terrazzi eustatici o di tipo eustatico) o a variazioni della portata (terrazzi climatici).

Diritto internazionale

Mentre è pacifica l'appartenenza dei fiumi interni al demanio idrico dello Stato, è invece ancora discussa la situazione giuridica dei fiumi internazionali, dopo che la Conferenza di Belgrado (1948) non è riuscita a ricostituire l'accordo rotto in Europa nel 1936 con la denuncia da parte della Germania delle disposizioni di Versailles relative ai fiumi tedeschi. Attualmente la maggior parte dei fiumi europei non è più sottoposta a regime internazionale. L'ultima convenzione in materia era stata quella di Barcellona (1921), che sulle orme della prima (quella franco-olandese del 1795) aveva accolto e generalizzato il principio della libera navigazione dei fiumi internazionali, con riserva per ogni singolo Stato rivierasco dei servizi passeggeri e merci, obbligo di manutenzione per il tratto di fiume nazionale e astensione dalla costruzione di opere che potessero nuocere alla navigazione.

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