girasóle

sm. [sec. XIV; impt. di girare+sole]. Nome comune usato per indicare la pianta erbacea annua Helianthus annuus della famiglia Composite, detta anche eliotropio per il fatto che i suoi fiori ruotano sul proprio asse volgendosi al Sole ; originaria del Messico e del Perú, è coltivata in molte parti del mondo nelle regioni tropicali e temperate. Ha radice fittonante e fusto robusto, unico o ramificato, che in Europa supera raramente l'altezza di 2,5 m, ma nei Paesi d'origine raggiunge sovente anche 5,5 m. Le foglie sono alterne od opposte, grandi, cuoriformi, i fiori sono raggruppati in grandi capolini (calatidi) situati all'estremità del fusto o dei rami, con ligule gialle e fiori del disco bruni, che producono frutti (acheni) di vario colore, dal nero lucente al grigio chiaro, di grandezza pure variabile, dotati di un guscio che si stacca facilmente quando il frutto è secco, liberando un seme bianco, di sapore dolciastro, ricco di olio commestibile (olio di girasole). La pianta ama i terreni freschi di medio impasto, alluvionali e profondi; soffre tanto gli eccessi di pioggia che l'eccessiva aridità. In Italia si coltiva come il granoturco e produce ca. 16-31 q di acheni per ettaro. Le parti verdi della pianta si utilizzano come foraggio, i giovani ricettacoli sono commestibili, i frutti, detti comunemente semi di girasole, servono come mangime per i volatili e vengono anche mangiati dall'uomo, come quelli della zucca, ma servono soprattutto per l'estrazione dell'olio che dopo essere stato sottoposto alle fasi di rettifica, viene utilizzato sia come condimento (frequente nella preparazione della maionese e di altre salse) sia per la frittura: infatti, la composizione acidica di quest'olio, ricca in acidi poliinsaturi ma priva di acido linolenico (acido trienico e perciò più facilmente ossidabile) lo rende resistente alla termossidazione. Negli USA è stata ottenuta una varietà di girasoli che contiene l'80% di acido oleico (contro il 20% delle varietà normali). L'olio che se ne ottiene ha caratteristiche simili a quelle dell'olio di oliva. Quello di qualità scadente viene utilizzato nell'industria dei saponi, della margarina e dei colori; è allo studio l'uso quale combustibile. Con i residui dei semi schiacciati si fanno panelli molto adatti all'alimentazione del bestiame. Il girasole viene coltivato su larga scala soprattutto in alcune aree dell'ex Unione Sovietica. Nell'ambito della Politica Agricola Comune (PAC), il girasole trova la sua regolamentazione all'interno del settore dei semi oleosi e proteici; inoltre un prezzo d'intervento assicura un livello di reddito minimo ai produttori. Nei primi anni Novanta la produzione mondiale di oli e grassi è andata progressivamente aumentando, mentre si sono verificate variazioni nella distribuzione delle aree produttrici, come dimostrano gli elevati livelli di produzione, di lavorazione e di esportazione raggiunti da molti Paesi emergenti. Questa tendenza generale ha avuto un riscontro anche per quanto riguarda la produzione di semi di girasole, che tra il 1980 e il 1991 ha registrato un notevole incremento, passando da 14 a 23 milioni di t. I maggiori produttori, oltre ai Paesi dell'ex URSS, da sempre in testa alla graduatoria, sono: l'Argentina (3,9 milioni di t nel 1994), la Cina (1,3 milioni di t), l'India (1,5 milioni di t), la Francia (2 milioni di t), la Spagna (1 milione di t). In Italia su 235.300 ha di superficie agricola destinati alla coltura del girasole, la produzione di semi è di circa 600.000 t annue. La produzione di olio (200-220.000 t) si ottiene per circa due terzi da seme prodotto localmente e per l'altro terzo da seme importato; si importa anche olio grezzo, che si riesporta dopo la raffinazione.

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