Lessico

agg. e sm. [sec. XV; da graffiare].

1) Agg., ant., graffiato. Più comunemente, inciso, scolpito con una punta.

2) Sm., disegni o iscrizioni incisi su una superficie (di pietra, metallo, ceramica, intonaco, ecc.) per mezzo di una punta acuminata o di altri strumenti come vernici o bombolette. § Per quanto concerne le iscrizioni, incise impiegando una semplice punta dura, di solito metallica, invece che regolarmente scolpite dal lapicida, sono particolarmente importanti per numero quelle rinvenute a Pompei e raccolte, con le altre iscrizioni parietali pompeiane, nel Corpus Inscriptionum Latinarum.

Arte: da incisione rupestre a tecnica rinascimentale

In campo artistico, la tecnica dell'incisione a graffito, già testimoniata dalle incisioni rupestri preistoriche, in cui i disegni graffiti erano poi riempiti di colore, fu largamente impiegata dai Greci e dagli Etruschi per decorare oggetti, soprattutto di bronzo, o vasi dipinti. Usato sui vasi corinzi e attici per disegnare i particolari interni delle figure nere (capelli, vesti ricamate, armature, ecc.), il graffito raggiunse alta perfezione nei vasi attici di Exechia. Splendidi risultati ottennero gli artigiani etruschi nella decorazione di specchi e ciste di bronzo, come la famosa cista Ficoroni del Museo di Villa Giulia a Roma. In età romana il graffito fu usato soprattutto per tracciare sull'intonaco fresco schizzi preparatori di pitture parietali o per disegnare caricature (graffito anticristiano del Paedagogium sul Palatino raffigurante un crocifisso con testa d'asino). La tecnica del graffito continuò a essere usata anche in epoca medievale, soprattutto applicata alla ceramica; ottenuta graffiando l'ingobbio in modo da scoprire il colore di fondo della pasta, la decorazione a graffito (o a sgraffio) ebbe un grande successo specialmente in Italia, dove fiorì fino al sec. XVIII. Il graffito fu molto usato anche per decorare facciate di edifici secondo un procedimento, simile a quello usato per la ceramica e assai diffuso nel Rinascimento, consistente nello stendere su un muro coperto di uno strato di intonaco scuro un secondo strato di intonaco bianco e nel graffire quest'ultimo secondo un dato disegno in modo da esporre il sottostante strato bruno. In seguito (sec. XVI e XVII) si usò sovrapporre vari strati d'intonaco di diverso colore ottenendo, secondo la profondità dell'incisione, il segno del colore desiderato e gradevoli effetti di chiaroscuro. Nel tempo il graffito ha perso la sua connotazione di iscrizione o figurazione graffiata o incisa, finendo per identificarsi con una pittura parietale eseguita in contesti pubblici per lo più a scopi propagandistici o politici. Per la tendenza artistica sviluppatasi negli Stati Uniti durante gli anni Settanta del sec. XX vedi graffitismo.

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