intellettuale

Indice

Lessico

agg. e sm. e f. [sec. XIV; dal latino tardo intellectuālis].

1) Agg., dell'intelletto, che riguarda l'intelletto: le facoltà intellettuali. Per estensione, che riguarda le opere dell'intelletto, la cultura: lavoro, attività intellettuali; il progresso intellettuale.

2) Non comune, rigidamente dominato dall'intelletto; che si compiace della cultura, della ricerca raffinata; intellettualistico: arte intellettuale; un romanzo intellettuale.

3) Sm. e f., si dice di persona amante degli studi, delle arti, che ha vivi interessi culturali: il compito degli intellettuali; un intellettuale di sinistra. Ironicamente, chi ostenta superiorità culturale: fare l'intellettuale; atteggiamento da intellettuale.

Sociologia

Come figura pubblica, l'intellettuale assolve a un ruolo di elaborazione, promozione e diffusione culturale che in molti contesti storici gli conferisce un'importante influenza sociale. Al ceto degli intellettuali latamente inteso sono infatti affidati compiti di socializzazione di norme e valori collettivi, attraverso funzioni educative e produzione scientifica ed editoriale. L'intellettuale può rappresentare, perciò, il mediatore del consenso a favore delle classi dominanti, ma anche la coscienza critica o addirittura l'antagonista del potere. Così nel Medioevo il ceto degli intellettuali si identificava con i chierici ed esprimeva l'egemonia del pensiero teologico. Ma già nel sec. XVII – con la rivoluzione scientifica e la progressiva secolarizzazione della cultura occidentale – personalità come F. Bacone e R. Cartesio esprimono compiutamente i nuovi valori della scienza e del progresso umano, anticipando motivi e sensibilità dell'età illuministica. Sociologi positivistici, come H. Saint-Simon e A. Comte, esaltano il ruolo dell'intellettuale come interprete e promotore del cambiamento sociale. Questa fisionomia dell'intellettuale, che tende a sovrapporre ruolo scientifico e funzione politica, è analizzata acutamente da autori come M. Weber e K. Mannheim. Il primo – evidenziando la responsabilità etica e sociale acquisita dagli intellettuali nelle società della scrittura e dell'educazione di massa – ne deriva l'esigenza di un rigoroso codice di autodisciplina (principio dell'avalutatività, verificabilità delle osservazioni, autonomia della scienza politica). Il secondo valorizza la funzione critica degli intellettuali – di cui indaga la crescente autonomia come gruppo sociale – nella complessa dialettica fra ideologia e utopia che dà il titolo alla sua opera maggiore (1929). Da ricordare anche l'analisi di T. Geiger, che studia gli intellettuali come ceto specializzato, contestando l'eccessiva dilatazione del concetto nelle società dell'istruzione diffusa. Nel contesto italiano un contributo critico ancora in gran parte attuale viene dalle riflessioni di A. Gramsci sul ruolo direttamente o indirettamente politico esercitato dagli intellettuali nel processo di costruzione nazionale.

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