Lessico

sf. [sec. XIII; latino mora].

1) Lett., indugio, ritardo.

2) Nel diritto civile, ritardo nell'adempiere una prestazione cui si è obbligati: cadere in mora. Per estensione, penalità finanziaria inflitta per il ritardo.

3) Unità di misura della metrica quantitativa greca e latina che equivale a una sillaba breve (◡), rispetto alla quale una sillaba lunga (_) vale il doppio (_=◡◡). In questo senso tecnico al termine latino mora corrisponde in greco chrónos prôtos (tempo primo).

Diritto civile

Si ha: mora del debitore, quando senza giusta causa taluno ritarda di adempiere la sua obbligazione, nonostante l'espressa richiesta del creditore. Tale richiesta non è necessaria per mettere in mora il debitore, se l'obbligazione deriva da atto illecito o è scaduto il termine al quale essa era sottoposta o il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere adempiere. Mora del creditore, quando taluno non rende possibile l'adempimento della prestazione da parte del debitore. Sia il debitore sia il creditore in mora devono risarcire il danno all'altra parte e il debitore deve anche pagare gli interessi di mora.

Diritto romano

La mora aveva come conseguenze la perpetuatio obligationis: se dovuta al debitore, questi restava obbligato anche se la prestazione diveniva nel frattempo impossibile, per fatto a lui non imputabile; la responsabilità del debitore risultava invece limitata al dolo e alla colpa grave, se la mora era imputata al creditore.

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