Descrizione generale

sf. [sec. XIX; da meninge+-ite]. Infiammazione acuta o cronica, a diversa eziologia, delle meningi cerebrali o midollari, caratterizzata da un insieme di sintomi e segni piuttosto costanti. Tra i primi si rilevano: la cefalea intensa, nausea, vomito e febbre elevata; tra i secondi sono caratteristici una serie di atteggiamenti antalgici, quali la posizione di decubito laterale con arti inferiori flessi “a cane di fucile”, e la rigidità nucale. Alcuni segni clinici possono essere provocati mediante speciali manovre, che causano dolore in quanto irritano le meningi infiammate, come per esempio la manovra di Lasègue (impossibilità di flettere le cosce sul bacino per lo stiramento subito dai nervi sciatici) o il segno di Brudzinski (brusca flessione degli arti inferiori e intenso dolore provocati dalla flessione in avanti del capo a paziente supino). Possono inoltre essere presenti paralisi nervose, iperestesia superficiale e profonda, convulsioni, sintomi psichici. L'individuazione dell'agente eziologico, indispensabile al fine di elaborare una terapia antibiotica mirata, avviene attraverso la puntura lombare e l'esame del liquor, del quale vengono analizzati l'aspetto (purulento nelle meningiti batteriche, per lo più limpido in quelle virali), il colore, il numero di cellule e la concentrazione di proteine (che generalmente aumenta in tutte le meningiti) e la quantità di glucosio. La prognosi delle meningiti è radicalmente cambiata dopo la scoperta degli antibiotici, grazie ai quali è possibile curare le forme batteriche, specie se il trattamento è tempestivo, mentre sono ancora difficilmente controllabili le forme sostenute da germi “opportunisti” comparse negli ultimi anni in seguito alla diffusione di malattie con immunodeficienza (AIDS, neoplasie maligne, infezioni nosocomiali, trapianti d'organo). La terapia della meningite deve essere mirata contro il microrganismo che l'ha provocata.

Patologia: diversi tipi di meningite

In base al tipo di agente eziologico si possono distinguere i seguenti tipi di meningiti: meningococcica, è il tipo più frequente, ha come principale sorgente di infezione i numerosi portatori sani del germe, responsabili di piccole epidemie; batteriche, sostenute da pneumo-, stafilo-, streptococchi. Hanno una prognosi riservata nonostante la terapia mirata con antibiotici; da salmonelle e da Escherichia coli, prediligono l'età neonatale e sono da prendersi in seria considerazione per la loro pericolosità; tubercolare, un tempo a prognosi inesorabilmente infausta, è ormai diventata una malattia curabile anche se la terapia è comunque difficile e di lunga durata; alla sindrome meningea si aggiungono in questa grave forma paralisi nervose, disturbi della coscienza, del respiro e di tutte le funzioni vegetative; questo quadro acuto è oggi di rara osservazione, mentre non rarissimi sono i casi divenuti cronici in quanto non adeguatamente trattati e che hanno comportato esiti invalidanti, sia neurologici sia psichici, dovuti a blocco della circolazione del liquor. virali, nella maggior parte dei casi non destano preoccupazione e si risolvono spontaneamente; da batteri cosiddetti “opportunisti”, in quanto capaci di dare fenomeni patologici solo negli individui sprovvisti di difese immunitarie (immunodeficienze congenite e acquisite). Si tratta di forme con scarsa sintomatologia ma di estrema gravità e difficoltà terapeutica proprio a causa della mancanza di reattività dell'individuo. La terapia prevede associazioni di antibiotici spesso inoculate per via lombare o addirittura nei ventricoli cerebrali. da funghi, come la Candida albicans e il Cryptococcus neoformans, tipiche degli stati di immunodepressione, hanno un decorso lento e una sintomatologia modesta e, se non trattate tempestivamente con antibiotici specifici antifungini (amfotericina B), hanno esito letale nella maggioranza dei casi.

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