Descrizione generale

sm. o f. [sec. XIX; da meteora+-ite]. Corpo solido di origine extraterrestre, che raggiunge la superficie terrestre producendo nell'attraversare l'atmosfera effetti acustici e luminosi. I meteoriti rappresentano solo una piccola frazione dell'enorme numero (qualche milione al giorno) di corpi di varia dimensione, natura, traiettoria e velocità che continuamente penetrano nell'atmosfera terrestre, propriamente indicati come meteoroidi: la maggior parte di questi infatti vaporizza completamente prima di raggiungere la superficie della Terra. I meteoriti di notevoli dimensioni sono rari: per lo più presentano dimensioni ridotte o ridottissime; i minuti frammenti (0,1 mm) prodottisi per distacco da corpi più grossi o durante la caduta o al momento dell'impatto sono detti micrometeoriti o pulviscolo meteoritico; i minuti corpuscoli che non derivano dalla frammentazione di meteoriti nell'impatto con l'atmosfera terrestre costituiscono la cosiddetta polvere cosmica. Nel complesso si propende a credere che ogni anno la Terra riceva materiale meteoritico per qualche milione di t, la maggior parte in forma di polveri molto fini; il meteorite più grande finora ritrovato è quello di Hoba, in Sudafrica, del peso di ca. 60 t .

Origine

L'origine extraterrestre dei meteoriti fu dimostrata nel 1798 da H. W. Brandes e J. F. Benzemberg mediante la contemporanea osservazione di sciami meteoritici da due differenti località intorno a Gottinga. I meteoriti appartenenti al medesimo sciame intersecano la Terra alle medesime epoche dell'anno e appaiono sempre provenire dalla medesima plaga di cielo sotto il noto aspetto di “stelle cadenti”, o “filanti”. L'effetto prospettico dà l'illusione che le singole tracce divergano da un punto comune, detto radiante. Gli sciami assumono la denominazione della costellazione entro la quale si proietta il relativo radiante; così si parla di Perseidi (celebri per le “piogge” del 10 agosto), Liridi, Leonidi, ecc. Il materiale che alimenta gli sciami meteoritici trae origini diverse: in parte è costituito da particelle di polveri interplanetarie – residui solidi della nebulosa originaria – circolanti di preferenza sul piano dell'eclittica. In parte, come le storiche ricerche di G. V. Schiaparelli (1866) hanno dimostrato, è il risultato della disgregazione cui vanno incontro i nuclei cometari nel loro periodico approssimarsi al Sole, e della dispersione del pulviscolo lungo la traiettoria dell'orbita. In tal caso, la posizione celeste del radiante non ha alcuna relazione con l'eclittica, e la consistenza della pioggia meteoritica appare variabile, in stretta relazione con la densità corpuscolare delle differenti sezioni dell'orbita cometaria intersecate, volta a volta, dalla Terra. Le velocità con le quali i meteoriti investono il nostro pianeta ricoprono un'ampia gamma di valori: da alcuni km/s fino a oltre 70 km/s; alle velocità di orbitazione di cui si trovano animate le particelle alla distanza della Terra (30-42 km/s) può, infatti, sommarsi – o sottrarsi, a seconda della direzione di provenienza – la velocità propria della Terra stessa (29 km/s). A causa delle perturbazioni planetarie, delle collisioni interne e della pressione della radiazione solare (effetto di Poynting e Robertson), gli sciami meteoritici tendono lentamente a disgregarsi. § La proiezione, per qualsiasi causa, di frammenti solidi dalle superfici dei pianeti e dei satelliti maggiori è stata generalmente sottovalutata nel passato, in quanto si riteneva che le energie sviluppate dalle possibili cause motrici – collisioni con altri corpi, vulcanismo, ecc. – difficilmente sarebbero state in grado di conferire ai frammenti stessi l'impulso indispensabile a sottrarli ai campi gravitazionali locali. Ma, alla fine degli anni Ottanta del sec. XX, alcune esplorazioni geologiche effettuate in Antartide, accompagnate da analisi mineralogiche e strutturali sui reperti eseguite in vari centri di ricerca (Smithsonian Institute, Università di San Diego, Lockeed Engineering), hanno smentito l'assunto. Un certo numero di masse meteoriche, rinvenute fra i ghiacci, ha infatti mostrato affinità troppo strette con i conglomerati di brecce e di rocce fuse presenti nei campioni lunari riportati dalla missione Apollo 16 per non lasciar concludere che il loro luogo d'origine fosse da ricercarsi sulla superficie della Luna. Il numero di meteoriti riconosciuti di origine lunare assomma a una quindicina, con masse varianti fra i 6 g (oggetto Y-793169 rinvenuto sui Monti Yamato) e i 1619 g del Dar al Gani 670 (nel Sahara libico). Parte dei frammenti presenta struttura silicea cristallina, mineralogicamente affine a quella delle distese laviche dei “mari” lunari. Viceversa, il rinvenimento (nel 1993, ghiacciaio Beardmore) di una pietra meteorica di 21,4 g mostrante, sotto la crosta di fusione, la caratteristica struttura granulare – ricca di potassio e terre rare – propria delle anortositi, è stato ascritto a ejecta proveniente dagli altopiani della Luna; e identica origine è stata attribuita al meteorite di 3 cm caduto a Calcalong Creek (Australia occidentale). Alcuni selenologi non escludono che questi campioni siano appartenuti a un unico sciame di relitti proiettati nello spazio dall'impatto di un piccolo asteroide con la superficie del satellite: l'epoca del loro ingresso nell'atmosfera terrestre risalirebbe a 30.000 anni or sono. Si conoscono anche esemplari di meteoriti ascrivibili a origine marziana, verosimilmente proiettati oltre il campo attrattivo del pianeta (d'intensità pari a un terzo di quello terrestre) sotto l'azione di cause esterne (collisioni da parte di grossi bolidi e piccoli asteroidi), o anche a seguito di una serie di parossismi verificatisi nel corso di quell'attività endogena che è molto ben comprovata dallo sviluppo, sulla superficie di Marte, di vasti edifici vulcanici. A quest'ultima origine pare risalire ALH 84001, meteorite di ca. 2 kg di peso, un pirosseno cristallino rinvenuto nel 1994 fra i ghiacci antartici, formatosi in ambiente magmatico 1,1 miliardi di anni or sono, e certamente più giovane della media degli asteroidi con i quali era stato dapprima confuso. Il primo meteorite riconosciuto come originario dal pianeta rosso è quello caduto nel 1865 a Shergotty (India) e che ha conferito la denominazione ad altri meteoriti. Fra le shergottiti sono stati infatti classificati sia il rinvenimento nigeriano dello Zagami (un corpo di 20 kg di peso), sia quello antartico di LEW 88516, una pietra di 13,2 g ritenuta assai tipica per il contenuto in sodio e calcio. Essa potrebbe essere stata espulsa 180 milioni di anni or sono da una delle grandi bocche vulcaniche di Marte. Sempre provenienti da Marte dovrebbero essere cinque frammenti meteoritici rinvenuti nella regione sahariana; la composizione simile dei 5 meteoriti fa ritenere che essi debbano essere stati parte di un unico oggetto più grande.

Osservazione

L'osservazione moderna dei meteoriti si esegue con particolari attrezzature fotografiche a elevata luminosità e a gran campo, dotate di diaframmi rotanti per la scansione delle tracce luminose. Si fa uso di simultanee osservazioni fotografiche da alcuni km di distanza, così da ottenere un'immagine stereoscopica della traiettoria per poterne determinare l'altezza (e, con opportuni mezzi, anche l'istante del passaggio); pochi, tuttavia, sono gli spettri finora osservati e registrati: presentano tutti un debole fondo continuo sul quale sono sovrapposte le righe di numerosi elementi leggeri neutri e, per i meteoriti ad alta velocità, anche di elementi ionizzati; quando un meteorite penetra nell'atmosfera terrestre, subisce una serie di collisioni con le molecole d'aria: l'energia persa negli urti viene trasformata in gran parte in calore; un meteorite infatti può superare la temperatura di 3000 ºC e sublimarsi parzialmente o totalmente. Solo per l'1% l'energia persa si trasforma in energia di ionizzazione ed eccitazione degli atomi che compongono l'aria, fenomeni questi ultimi che provocano gli effetti luminosi; i fenomeni di ionizzazione possono anche essere osservati radioastronomicamente; la lenta scomparsa della ionizzazione provoca il permanere della traccia del meteorite. Dal 1946 vengono utilizzati sistemi di rilevamento radar che sfruttano le proprietà riflettenti delle particelle aeree ionizzate lasciate lungo la traiettoria dei meteoriti entro l'atmosfera. L'intensità luminosa di un meteorite dipende dalle dimensioni del corpo; usualmente l'altezza alla quale avviene la comparsa di un meteorite è di ca. 100 km. Il meteorite sembra dapprima una stella che compare improvvisamente nel cielo, per spostarsi velocemente su una certa traiettoria e scomparire bruscamente. I meteoriti di luminosità superiore a –4m sono chiamati bolidi. A occhio nudo, in un'ora, si possono osservare fino a 25 meteoriti, cosicché su tutta la Terra, in un giorno, sarebbero osservabili ca. 100 milioni di meteoriti; inoltre la frequenza dei meteoriti ha una variazione diurna e una variazione annua: il numero di meteoriti osservati in una notte è massimo tra la mezzanotte e l'alba, mentre durante l'anno il massimo numero di meteoriti si ha in genere in autunno.

Impatto sulla superficie terrestre

Gli effetti prodotti dall'impatto di un meteorite sulla superficie terrestre sono strettamente dipendenti dalle dimensioni del meteorite stesso: quelli di peso inferiore alle 10 t, dotati di velocità finale inferiore a 4 km/s, producono semplicemente un buco, il diametro e la profondità del quale dipendono dalla resistenza e durezza delle rocce nel punto di impatto; per i meteoriti con peso superiore a 10 t e con velocità finale oltre i 4 km/s, l'astroblema si manifesta come un cratere di esplosione e i frammenti del meteorite e quelli delle rocce dell'area di impatto sono mescolati e dispersi all'intorno; per i meteoriti di peso superiore a 100 t, la conversione all'impatto dell'elevatissima energia cinetica in onde d'urto e di calore produce condizioni tali da portare a fusione le rocce terrestri e far comparire minerali come la coesite e la stishovite, modificazioni polimorfe della silice, stabili solo ad altissime temperature, e come il diamante e la moissanite, SiC, mentre il meteorite scompare completamente, avendo la sua temperatura superato quella di sublimazione dei minerali che lo costituiscono. Sono noti diversi crateri di esplosione come il celebre Meteor Crater nell'Arizona, per i quali generalmente si ammette un'origine meteoritica; quelli del Québec (70 km di diametro, 210 milioni d'anni); di Obolon, Siberia (15 km, 180 milioni d'anni); di Alberta (Canada; 25 km, 95 milioni d'anni); del Ries (Germania; 25 km, 15 milioni d'anni). Nel 1995, campioni minerali prelevati dal fondo marino di una formazione geologica circolare, posta a cavallo della costa atlantica dello Yucatán, hanno palesato tracce di metamorfismo da choc termico e meccanico tanto evidenti da indurre i geologi a riconoscere nell'intera formazione (180 km di diametro, 60-70 milioni d'anni d'età) la cicatrice lasciata dall'impatto di quel corpo asteroidale incognito, universalmente ritenuto responsabile dell'ultima grande estinzione biologica verificatasi sulla Terra.

Classificazione

Secondo la composizione chimica i meteoriti vengono distinti in tre gruppi: aeroliti, sideroliti, sideriti. I primi, detti anche meteoriti litoidi, composti esclusivamente o quasi da silicati, sono suddivisi in condriti e acondriti in base alla presenza o meno di corpuscoli sferoidali, formati prevalentemente da minerali femici, detti condruli. Le acondriti, con struttura granulare o brecciata, ricordano macroscopicamente le rocce intrusive femiche e ultrafemiche e vengono classificate in base alla percentuale di calcio in esse presente. Le condriti costituiscono il gruppo di gran lunga più diffuso: circa il 90% degli aeroliti è appunto rappresentato da condriti. Il rapporto tra condruli e pasta di fondo è assai variabile, potendo alcune essere quasi esclusivamente costituite da condruli e altre invece possederne pochi o addirittura mancarne (condriti carboniose); i meteoriti di questo tipo sono classificati tra le condriti per le notevoli analogie di composizione chimica. Le condriti più diffuse sono quelle oliviniche, distinte in ipersteniche, a bronzite e a pigeonite, seguite dalle condriti ipersteniche e da quelle carboniose. Condrite carboniosa del tipo II è il meteorite di Murchison, recuperato il 28 settembre 1969 in località omonima (distretto Victoria) in Australia. Di particolare interesse a causa dei risultati di laboratorio che vi hanno accertato la presenza delle due qualità, D ed L, di amminoacidi; al contrario, gli amminoacidi delle proteine terrestri appartengono esclusivamente al tipo L. § Le sideroliti, dette anche mesosideriti, sono un gruppo scarsamente rappresentato di meteoriti nella cui composizione entrano leghe ferro-nichel e silicati in proporzioni equivalenti, sono distinti in pallasiti, in cui il silicato predominante è l'olivina con cristalli inglobati in una trama tridimensionale continua formata da camacite, lega di ferro, nichel e cobalto col 93% di ferro, e da taenite, analoga lega ma col 62-80% di ferro, e mesosideriti propriamente detti, in cui il principale silicato è un pirosseno; il ferro-nichel, con un contenuto in nichel di ca. il 7%, è distribuito in plaghe discontinue di dimensioni corrispondenti a quelle dei cristalli silicatici. § Le sideriti, dette anche ferri meteoritici, sono composti in assoluta prevalenza da camacite e taenite con eventuale presenza accessoria di solfuri, fosfati, carburi metallici, grafite e diamante e sono distinte in esaedriti, ottaedriti e atassiti. Le esaedriti sono composte quasi esclusivamente da camacite con una percentuale di nichel compresa tra 4 e 6: sottoposte ad attacco acido su una superficie levigata, mostrano un fitto reticolato di linee che si incrociano sotto angoli diversi (figure di Neumann), prodotte dalla geminazione di un cristallo di camacite secondo piani regolarmente orientati. Le ottaedriti hanno contenuto in nichel compreso tra il 6 e il 14%; sono le sideriti più frequenti. Per attacco acido su una superficie levigata compaiono caratteristiche figure (dette di Widmanstätten): le bande macroscopicamente visibili nelle figure sono di camacite, quelle sottili, meno intaccate dagli acidi, di taenite, mentre i volumi poliedrici compresi tra le lamelle di camacite e di taenite sono occupati da plessite, aggregato di taenite e camacite a struttura microgranulare. Le atassiti sono sideriti con più del 14% di nichel: la camacite e la taenite si compenetrano senza alcun ordine apparente.

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