neuronale

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agg. [da neurone]. Relativo ai neuroni. Rete neuronale artificiale, insieme artificiale di unità elementari, che fungono da modelli dei neuroni, collegate fra loro mediante connessioni. Lo scopo della costruzione di reti artificiali neuronali (o neurali) è quello di individuare le caratteristiche essenziali dei neuroni e delle loro connessioni (sinapsi) per poi programmare un elaboratore che simuli queste caratteristiche e consenta di approfondire le conoscenze sui processi cerebrali di elaborazione dell'informazione.

Cenni storici

I primi tentativi di studio di neuroni artificiali risalgono agli anni Cinquanta, nell'ambito della costruzione di macchine diverse dagli elaboratori elettronici e dotate di comportamenti più o meno intelligenti grazie a procedimenti di apprendimento simili a quelli del cervello. I sistemi di allora erano reti a due strati di unità sensoriali simulanti i neuroni, ciascuna delle quali era collegata a quelle dello stesso strato e a quelle del successivo. Data la complessità della realizzazione vera e propria, si decise di simulare questi dispositivi, chiamati perceptron, in elaboratori elettronici, una soluzione più economica e pratica, ma comunque lenta. A quel tempo si pensava che con l'aumento della velocità di elaborazione dei calcolatori si sarebbero potuti simulare circuiti di perceptron sempre più complessi, che avrebbero permesso di capire come il cervello elabora le informazioni. Nel 1965, però, i nordamericani Marvin Minsky e Seimour Papert dimostrarono che un perceptron non sarebbe mai stato capace di ottenere la funzione OR esclusivo, una delle più semplici tra le funzioni logiche; eppure questa si può ottenere molto facilmente con una rete di soli quattro neuroni, disposti però su tre strati. L'incremento nelle prestazioni degli elaboratori ha consentito negli anni Ottanta di riprendere la ricerca sulle reti artificiali di neuroni, costituite però da tre strati di unità sensoriali. Ogni neurone è dotato di una o più connessioni di ingresso (input) e di una sola di uscita (output), che può biforcarsi per consentire il collegamento con molti altri neuroni. Nelle tipiche reti neuronali tutti i neuroni sono equivalenti tra loro, ossia hanno la stessa funzione di risposta: sono, cioè, tutti digitali o tutti analogici. Si dicono digitali i neuroni il cui segnale di output può valere esclusivamente zero o uno; in caso contrario, si tratta di neuroni analogici. I neuroni del primo strato ricevono informazioni solo dall'ambiente esterno, mentre quelli dell'ultimo strato non hanno connessioni di output con altri neuroni, ma solo con l'ambiente esterno. Tra il primo e l'ultimo strato può esserci un certo numero di strati intermedi, formati dalle cosiddette unità nascoste. L'attività di ciascuna unità nascosta è determinata dai segnali ricevuti dai neuroni di ingresso e dalle funzioni svolte dalle connessioni (quantificate da un valore numerico modificabile, definito peso) tra neuroni di input e neuroni nascosti. In modo analogo, il comportamento dei neuroni di uscita dipende dall'attività dei neuroni nascosti e dai pesi delle connessioni tra neuroni nascosti e neuroni di uscita. A ogni neurone è associato un numero, chiamato soglia. Tali numeri possono essere interi o frazionari, positivi o negativi. Quando un neurone riceve stimoli provenienti da altri neuroni, può o meno inviare un segnale attraverso la connessione di output. Facendo riferimento per semplicità a un neurone digitale, questo si attiva per inviare un segnale di output pari a 1 quando la somma dei prodotti tra i pesi delle sue connessioni di input e i segnali di output dei neuroni collocati all'altro capo delle connessioni è maggiore della sua soglia. Il calcolo del segnale di output di un neurone digitale è esemplificato nello schema che segue:

Il neurone, qui rappresentato dal quadrato, riceve da altri tre neuroni segnali di output (il cui valore può essere solo 0 o 1) corrispondenti a N1, N2 e N3, tramite connessioni i cui pesi valgono rispettivamente 1, -2 e 1. Se la soglia del neurone è 1 e gli output in arrivo valgono 1 per N1, 0 per N2 e 1 per N1, si avrà che 1´1-2´0+1´1=2. Poiché il risultato è maggiore del valore di soglia (2>1), il neurone invierà un segnale di output pari a 1. Se i valori degli output fossero stati 1 per N1 e N2 e 0 per N3, si sarebbe ottenuto 1´1-2´1+1´0=-1. Essendo tale valore inferiore a quello di soglia, il neurone non avrebbe reagito e il suo output avrebbe avuto valore 0. Le reti neuronali hanno utilità solo quando le si rende capaci di apprendere, cioè quando riescono a modificare il proprio comportamento in modo tale che la loro risposta (output) a determinati stimoli (input) si avvicini man mano a un insieme di risposte auspicate. La modifica del comportamento avviene perché i pesi associati alle connessioni variano a poco a poco e proprio in modo tale da ottenere un output determinato in risposta a una certa combinazione di input. Sono stati elaborati diversi algoritmi che permettono di modificare i pesi delle connessioni di una rete neuronale nel senso desiderato. Prima però bisogna sottoporre la rete a una fase di apprendimento con esempi costituiti da un insieme di segnali inviati ai neuroni di ingresso e dal corrispondente insieme voluto di segnali dei neuroni di uscita. Poi si confrontano gli output effettivi della rete con quelli desiderati, quindi si modifica il peso di ciascuna connessione in modo che i nuovi output effettivi risultino più vicini a quelli desiderati. Per attuare con successo la procedura si deve modificare ciascun peso di una quantità proporzionale alla velocità con cui varia l'errore quando il peso stesso viene cambiato. Risulta però difficile determinare in modo efficiente questa grandezza, definita derivata dell'errore rispetto al peso. Un possibile metodo consiste nell'alterare leggermente un peso e controllare come varia l'errore, ma è di scarsa efficacia perché richiede di alterare appositamente ognuno dei pesi della rete. Una procedura più efficiente utilizza l'algoritmo della propagazione all'indietro, o algoritmo retrogrado, inventato nel 1974 da Paul J. Werbos e così definito perché gli accomodamenti dei pesi iniziano dall'ultimo strato sulla base delle differenze tra gli output ottenuti e quelli desiderati e si trasmettono progressivamente all'indietro fino ad arrivare al primo strato. Non si può pretendere in modo assoluto che la rete neuronale, una volta adattata all'insieme di input e output impiegato per la fase di apprendimento, fornisca la risposta corretta in casi differenti, mai affrontati in precedenza. Se, però, l'insieme di input e output è stato scelto con accuratezza, si può attendere un risultato soddisfacente, anche se non si può escludere un insuccesso totale in un caso concreto. Una volta che la rete artificiale neuronale è stata adattata, il suo funzionamento tenderà a diventare molto più rapido, a meno che non sia necessario tornare alla fase di apprendimento, se ci si rende conto dell'insufficienza di quella precedente. Sono state costruite e in qualche caso messe in commercio diverse reti artificiali di neuroni, destinate alla soluzione di problemi non molto diversi da quelli trattati dai sistemi esperti. A volte si è arrivati a utilizzare entrambi i modelli contemporaneamente per risolvere lo stesso problema e poterne poi confrontare le soluzioni. La ricerca nel campo delle reti neuronali artificiali ha finora ideato diversi potenti algoritmi di apprendimento, che si sono rivelati di notevole efficacia, ma i risultati ottenuti non sono ancora tali da indicare quali siano le rappresentazioni e i metodi di apprendimento reali utilizzati dal cervello. Si può ipotizzare che prima o poi gli studi sui processi di apprendimento delle reti neuronali finiranno per convergere sulle procedure adottate dall'evoluzione naturale e allora acquisterà un senso la gran mole di dati sperimentali relativi al cervello; il raggiungimento di questo traguardo consentirà di prospettare numerose nuove applicazioni per le reti artificiali di neuroni.

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