Il movimento russo

sm. [sec. XIX; pan-+slavismo]. Il movimento politico-culturale del panslavismo apparve nella Russia dell'Ottocento sotto varie forme assumendo una fisionomia più precisa intorno al 1875-77, nell'imminenza della guerra contro la Turchia. Il panslavismo aveva le sue radici nella prima metà del sec. XIX, e già si trovava in nuce nelle idee e negli scritti degli slavofili secondo i quali spettava alla Russia il compito di sollevare le sorti di tutti i popoli slavi, additando loro la via della salvezza nel progresso morale, nell'amore alla libertà, nella fedeltà a una tradizione religiosa. Negli anni Settanta, tuttavia, queste idee non apparivano più né nuove né stimolanti: il panslavismo le riprese, dando a esse un contenuto più schiettamente politico. Lo zar e il governo si valsero di queste tendenze per chiarire a se stessi il senso della politica estera dell'Impero russo, e soprattutto della politica balcanica. La guerra con la Turchia, che si andava lentamente preparando, avrebbe avuto un significato se ai popoli dell'Impero fosse stata data la chiara nozione dell'impegno che la Russia si assumeva dinanzi al mondo: liberare i popoli slavi dalla tirannide ottomana e dall'oppressione dell'Islam, stringerli in una confederazione guidata dalla Russia e sviluppare nell'Oriente europeo una nuova civiltà slava, non dimentica del passato, ma aperta alle esigenze del mondo moderno e destinata a influire sull'evoluzione spirituale dell'umanità. Il “libro sacro” del panslavismo è probabilmente La Russia e l'Europa di Nikolaj Jakovlevič Danilevskij (1822-1885), pubblicato a Pietroburgo nel 1871, nel quale si esaminavano soprattutto la situazione della Penisola Balcanica e le possibilità d'azione che la Russia vi poteva trovare. L'autore proponeva di introdurre nella federazione panslava anche Ungheresi, Romeni e Greci, credendo che almeno gli ultimi due popoli fossero parzialmente slavizzati e comunque riconducibili alla civiltà slava attraverso la fede ortodossa. Un certo seguito ebbero anche le idee di Konstantin Nikolaevič Leontev (1831-1891) che, nel L'Oriente, la Russia e il mondo slavo, cercò d'analizzare l'essenza dello “slavismo”; e specialmente quelle di Fëdor M. Dostoevskij che, nel Diario di uno scrittore, insisté sulla missione della Russia e sul disinteresse che deve presiedere alla sua politica nei confronti dei fratelli slavi. Il panslavismo in Russia non riuscì a liberarsi da un'impronta imperialista: non si concepiva l'unione degli Slavi senza un popolo-guida.

Il movimento negli altri Paesi slavi

Più vario è il panorama del panslavismo negli altri Paesi slavi. Qui l'idea di confederazione era gradita, ma lo era assai meno l'idea di una confederazione diretta dallo zar. Alcuni dei popoli interessati si mostrarono freddi nell'accoglienza alle proposte russe: i Polacchi più di tutti. Favorevoli i Cechi, pur sostenendo l'idea della confederazione democratica; più favorevoli ancora Serbi e Bulgari, che dal diretto intervento russo aspettavano evidenti vantaggi. Danilevskij aveva lanciato il motto “Dall'Adriatico al Pacifico, dai mari polari all'Egeo”; ma lo zar Alessandro II pensava soprattutto a Costantinopoli e agli Stretti, allineando le ragioni spirituali su quelle strategiche. In realtà, Costantinopoli era la meta ultima del panslavismo: essa doveva cambiare il suo nome in Zargrad (città degli zar) e tornare a essere la capitale della fede ortodossa. La tendenza panslava, mai definitivamente sopita, si riaccese nel sec. XX durante il conflitto che all'inizio degli anni Novanta vide opposti Croati, Serbi e Bosniaci nell'ex Iugoslavia. Nell'occasione gruppi di Russi si mobilitarono a favore delle popolazioni serbe partecipando anche alle operazioni di guerra.

W. Giusti, Il panslavismo, Milano, 1941; idem, Storia del panslavismo, Milano, 1946; E. Beneš, Où vont les Slaves?, Parigi, 1948; B. P. Hepner, Bakounine et le panslavisme révolutionnaire, Parigi, 1949; H. Kohn, Panslavism. Its History and Ideology, Notre Dame (Indiana), 1953; M. B. Petrovich, The Emergence of Russian Panslavism 1856-70, New York, 1956.

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