poliginìa

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sf. [sec. XIX; da poli-+ greco gynḗ, donna].

1) Istituto matrimoniale che prevede una pluralità di mogli per un solo uomo. Nell'Occidente precristiano la poliginia era in uso tra molti popoli, tra cui i Germani e gli Slavi, presso i quali era riservata a ricchi e aristocratici. La Chiesa cattolica, in seguito, condannò questa pratica, mentre la Chiesa protestante fu più tollerante al riguardo. È presente in culture primitive e superiori, antiche e moderne; oggi, per esempio, vige nei Paesi islamici o islamizzati, giuridicamente e religiosamente fondato sul precetto coranico che dà a un musulmano la facoltà di avere contemporaneamente quattro mogli (il limite è stabilito su basi etico-economiche: superarlo significa esporsi al rischio di non mantenere adeguatamente le mogli). La poliginia prevede spesso una qualificazione delle mogli: un posto particolare è di solito dato alla prima moglie; in questi casi più che un istituto poligamico, la poliginia diventa piuttosto un ampliamento del matrimonio monogamico con l'aggiunta di concubine legalmente riconosciute. Queste considerazioni impediscono di accogliere le vecchie tesi evoluzioniste secondo le quali la poliginia avrebbe costituito una fase anteriore alla monogamia.

2) Condizione di un animale maschio che vive con più femmine.

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