pollinòsi

sf. [sec. XX; da polline+-osi]. Gruppo di manifestazioni allergiche (febbre da fieno, rinite allergica, asma allergica) determinate dai pollini di varie piante quando giungono a contatto di soggetti in stato di sensibilità specifica. La pollinosi è assai diffusa e la sua incidenza tende continuamente ad aumentare anche in Italia, dove colpisce specialmente i giovani di entrambi i sessi abitanti nei grossi centri urbani. Il fattore ereditario sembra avere un ruolo importante. I pollini che in Italia hanno maggior rilievo sono quelli delle Graminacee e delle Composite. I pollini diffusi dal vento nella stagione della fioritura vengono assorbiti dalla mucosa delle vie aeree dove gli allergeni, formati prevalentemente da polipeptidi, sensibilizzano le persone predisposte. La localizzazione più frequente è a carico dell'apparato respiratorio e questo si può spiegare tenendo presente l'abituale via di introduzione dell'allergene che è quella inalatoria. Anche le manifestazioni a carico degli occhi sono frequenti. Rare invece risultano dalle statistiche le pollinosi cutanee, quelle a carico dell'apparato gastro-enterico, delle articolazioni e dei vasi sanguigni. I quadri clinici che si riscontrano maggiormente sono l'asma allergica o bronchiale e la rinite allergica o raffreddore da fieno. Quest'ultima è caratterizzata da starnuti subentranti, ostruzione e prurito nasale, aumento della secrezione della mucosa, cefalea per ostruzione degli sbocchi dei seni frontali, segni di irritazione congiuntivale con lacrimazione e fotofobia; inoltre da alterazioni della mucosa laringea, tracheale e bronchiale con la comparsa di tosse spastica e di asma bronchiale.

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