prióne

sm. [dall'inglese prion, pr(oteinaceus)+i(nfectious particle)+-on, propr. particella infettiva proteica]. Termine con il quale è stata definita una famiglia di agenti patogeni di natura proteica altamente infettivi che determinano l'insorgenza di malattie neurodegenerative, con un meccanismo insolito. Negli animali provoca gravi malattie neurologiche, come l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE), lo scrapie delle pecore, l'encefalopatia trasmissibile dei visoni, la malattia da deperimento cronico degli alci; nell'uomo sono attribuite ai prioni l'insonnia familiare fatale, la sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker, il Kuru e la sindrome di Creutzfeldt-Jakob. Sia le patologie animali sia quelle umane presentano gli stessi sintomi: si assiste alla perdita del controllo dei movimenti, a confusione mentale e paralisi; le conseguenze sul cervello sono inconfondibili, come le lesioni che lo rendono simile a una spugna (da cui il termine “spongiforme”). Sperimentalmente l'infezione da prione si trasmette introducendolo nel tessuto nervoso, in cui si ritrova a più elevata concentrazione, ma ancora non è del tutto noto il meccanismo naturale di infezione. Il Kuru, la malattia provocata dai prioni in Nuova Guinea, si trasmetteva mangiando materiale infetto in seguito a pratiche di cannibalismo; negli animali la BSE può diffondersi attraverso cibi contaminati. Anche nell'uomo, la cosiddetta "nuova variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob" sembra associata all'ingestione o al contatto con carni bovine infette. Sembra evidente che i prioni, nel loro cammino verso il sistema nervoso, non danneggino altri tessuti, dove però possono costituire dei “serbatoi” d'infezione. Il prione non è ancora noto né nella sua natura né nella sua funzione fisiologica, svolta nel suo stato normale. Infatti i prioni, a differenza di batteri e virus, sono delle particelle prive di acidi nucleici e sembra ormai certo che siano composti esclusivamente da un complesso proteico, chiamato PrPSc; una proteina del tutto simile (PrPC) viene trascritta nelle cellule dei Mammiferi, ma assume una diversa conformazione tridimensionale rispetto a quella del prione: attraverso l'uso di topi transgenici è stato possibile dimostrare che è proprio la proteina cellulare a essere convertita nella forma patogena, attraverso processi che avvengono dopo la trascrizione e che ne alterano profondamente le proprietà fisiche e chimiche. Alcune malattie genetiche, i cui effetti sono del tutto simili a quelli dovuti all'infezione da prione, sono effettivamente dovute alla presenza di mutazioni nel gene che codifica per la proteina PrPC, sebbene la proteina mutata non prenda mai la stessa conformazione di PrPSc. Non è ancora nota la causa che determina il cambiamento della proteina PrPC nella forma patogena: probabilmente PrPSc agisce da “stampo” sulle catene proteiche di PrPC nascenti, con la collaborazione di un'altra proteina ancora ignota. Gli studi sono indirizzati alla comprensione della relazione esistente tra cambiamento di struttura, ruolo patogeno e capacità infettiva. I test che consentono l'identificazione dei prioni si possono realizzare solo dopo la morte, perché richiedono l'esame del tessuto nervoso. Il primo gennaio 2001, l'Unione Europea ha dato indicazioni precauzionali riguardo a questi test, obbligatori in tutta Europa per immettere nel commercio alimentare i bovini di età superiore a 30 mesi L'invito è quello di considerare i test anti BSE solo come una misura di sicurezza aggiuntiva, che non deve sostituire la precauzione di evitare il consumo delle “parti a rischio” come cervello, occhi, midollo spinale, intestino tenue, tonsille, linfonodi. Il limite di questi test è riconducibile al fatto che, sebbene il risultato positivo (cioè l'evidenza della presenza del prione) sia indiscutibile, un risultato negativo non sarebbe completamente affidabile.

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