psorìasi

sf. [sec. XIX; dal greco psōríasis, scabbia]. Dermatosi cronica non contagiosa. La malattia ha una base genetica e spesso colpisce persone che hanno almeno un altro familiare psoriasico. Ciò che si eredita è tuttavia solo una predisposizione, e perché la malattia si manifesti devono poi intervenire altri fattori scatenanti, come infezioni, traumi, stress, l'assunzione di alcuni farmaci. Pur essendo rara nell'infanzia e nell'adolescenza, può insorgere in qualsiasi età; si manifesta con chiazze eritemato-squamose di varia grandezza e forma, e si localizza elettivamente nelle regioni estensorie degli arti (gomiti e ginocchi), in quella lombo-sacrale, nelle pieghe cutanee, nelle unghie, al volto, al capo; può anche generalizzarsi a tutta la superficie cutanea (psoriasi universale) con l'aspetto di un'eritrodermia esfoliativa o di una dermatite pustolosa (psoriasi pustolosa). Il decorso è cronico con recidive intervallate da remissioni di varia durata; tende ad attenuarsi nell'età avanzata. La terapia della psoriasi si avvale in genere di applicazioni locali di preparati a base di corticosteroidi, catrami, ditranolo, derivati della vitamina D3, retinoidi topici. Data la notevole efficacia posseduta dai raggi ultravioletti nel migliorare le lesioni psoriasiche (la stessa esposizione al sole è di grande utilità) buoni risultati possono essere ottenuti mediante la terapia con raggi ultravioletti associati a una sostanza fotosensibilizzante (psoraleni), detta fotochemioterapia. In alcuni casi può essere necessaria una terapia sistemica con immunosoppressori o retinoidi.

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