rovèscio

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agg. e sm. (pl. f. -sce) [sec. XIV; da rovesciare].

1) Agg., volto, disposto in modo contrario a quello normale: punto rovescio, in maglieria (anche come sm.: due diritti e un rovescio). Di persona, riverso: giaceva rovescio sul pavimento.

2) Sm., la parte opposta a quella che si considera la diritta: il rovescio di un tessuto; il rovescio della mano, il dorso; frequente la loc. a rovescio (meno comune di rovescio), in posizione o in modo contrario al normale o al giusto (anche fig.): procedere a rovescio; capire tutto a rovescio; andare a rovescio, male, a rotoli; prendere qualche cosa a rovescio, in malo modo, in senso offensivo. Per l'accezione in filatelia e numismatica, vedi verso. In particolare, in marina è detta di rovescio quella fra due manovre omonime che, in una data condizione, non sta lavorando, per esempio per i trevi: mura di rovescio, quella di sottovento, dato che è tesata quella di sopravvento; scotta di rovescio, quella di sopravvento, dato che è tesata quella di sottovento.

3) Colpo dato con il dorso della mano rivolto all'esterno. In particolare, nel tennis, il colpo di rimando eseguito con il rovescio della racchetta, tenendo cioè il dorso della mano rivolto verso il campo avversario.

4) Caduta improvvisa e abbondante di pioggia e per analogia di altre sostanze provenienti dall'alto: un rovescio di grandine; pioggia a rovesci, assai copiosa; anche fig.: un rovescio di insulti, di bestemmie.

5) Fig., cambiamento di fortuna, insuccesso; danno, disgrazia: una serie di rovesci finanziari.

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