salvatóre

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agg. e sm. (f.-trice) [sec. XIII; dal latino tardo salvātor-ōris, da salvāre, salvare].

1) Agg., lett., che salva, per lo più in senso spirituale: fede salvatrice, che può dare la salvezza eterna.

2) Sm., chi salva, chi libera da un pericolo: i prigionieri liberati ringraziarono il loro salvatore; il Salvatore, per antonomasia, Gesù Cristo. § Nell'Antico Testamento il termine è usato per i personaggi che riescono a scongiurare un grave pericolo incombente sulla collettività: essi però non sono autori, ma solo strumenti della salvezza, che è sempre rivendicata a Yahwèh. Nel Nuovo Testamento il termine Salvatore si trova poche volte ed è applicato a Gesù (Luca 1, 47; I Epistola a Timoteo 1, 1; 2, 3; 4, 10), che si presenta con questa tipologia: il Salvatore non è una figura leggendaria, ma un uomo reale; l'opera del Salvatore non è rivolta a pochi, ma si dilata all'universalità degli uomini; il Salvatore non risolve una situazione particolare, ma definisce per sempre la posizione dell'uomo davanti a Dio; il Salvatore compirà la sua opera nell'imminenza del giudizio universale correndo in aiuto ai suoi credenti impegnati nell'ultima prova; il Salvatore è un vincitore e a lui si deve obbedienza.

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