schizofrenìa

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sf. [sec. XX; schizo-+-frenia]. Forma di psicosi tra le più frequenti, particolarmente grave, di cui non è ancora ben nota né la causa (o le cause) né l'esatta delimitazione nosologica rispetto ad altre malattie mentali, anche perché può presentarsi sotto diversi aspetti, spesso abbastanza dissimili tra di loro sul piano sintomatologico. Alcuni studi eseguiti su gemelli omozigoti hanno suggerito la presenza di una componente genetica; altre ricerche del sistema nervoso centrale mediante RMN o PET hanno invece evidenziato alterazioni strutturali e funzionali a livello del lobo cerebrale temporale. Fu E. Kraepelin, nel sec. XIX, a riunire sotto il nome di demenza precoce forme mentali che erano state sino ad allora considerate separate: la catatonia, l'ebefrenia e le psicosi paranoidee. Il nome di schizofrenia venne però dato a questa forma nei primi anni del sec. XX dallo psichiatra svizzero E. Bleuler, che individuò come sintomo fondamentale lospaltung, la tendenza cioè alla frammentazione degli elementi costitutivi del pensiero e alla dissociazione tra le diverse funzioni psichiche. Le forme principali sotto cui si presenta la schizofrenia sono, oltre alle tre già dette, la forma simplex e la forma pseudonevrotica. La forma catatonica è contrassegnata da una tendenza del soggetto all'immobilità, allo stupore, alla non rispondenza agli stimoli esterni. La forma ebefrenica è caratterizzata da rapido deterioramento mentale, vacuità, abulia, instabilità dell'umore, frequenti stati confusionali. La forma paranoidea si manifesta con deliri mal sistematizzati, incostanti, spesso accompagnati da allucinazioni. La forma simplex si caratterizza invece per il progressivo deficit intellettivo e per lo stato di completa abulia a cui conduce. Nella forma pseudonevrotica prevale invece la componente ansiosa e depressiva, ma si differenzia dalle nevrosidistimiche per la totale assenza della coscienza di malattia. Oltre alle forme classiche si possono distinguere altri quadri, che si discostano variamente dalla schizofrenia propriamente detta: sindromi pseudoneurotiche e pseudopsicopatiche, sindromi parafreniche, sindromi schizofreniformi, sindromi schizofreniche sintomatiche, sindromi deliranti croniche. La schizofrenia colpisce in età relativamente giovane, tra i 15 e i 30 anni (o almeno a questa età si evidenziano i primi sintomi. La schizofrenia può evolvere progressivamente verso la cronicizzazione, o presentare un decorso discontinuo con periodi di relativo benessere; in alcuni casi è possibile la remissione totale o parziale della sintomatologia. La terapia della schizofrenia è molto complessa e prevede interventi di tipo psicologico, sociale e farmacologico. Questi interventi per ottenere i migliori risultati debbono essere strettamente collegati fra loro: per questo nei servizi psichiatrici si parla di progetto terapeutico. I farmaci utilizzati sono chiamati neurolettici e, sebbene non curino la causa della malattia, agiscono sui sintomi (specie su quelli più acuti), riducendo l'ansia e l'angoscia delle fasi acute, contrastando l'isolamento e prevenendo le ricadute.

Bibliografia

S. Arieti, Interpretazione della schizofrenia, Milano, 1963; D. D. Jackson, Eziologia della schizofrenia, Milano, 1964; L. Appleby, Cronic Schizophrenia, New York, 1970; C. G. Schulz, R. K. Kilganen, Casi clinici di schizofrenia, Roma, 1972; W. R. Bion, Analisi degli schizofrenici e metodo psichiatrico, Roma, 1991.

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