sieroterapìa

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sf. [sec. XIX; siero+terapia]. Somministrazione terapeutica di sieri immuni effettuata per introdurre rapidamente nell'organismo notevoli quantità di anticorpi antitossici preformati. I sieri immuni, di origine animale o umana, contengono anticorpi specifici previamente formati ingrado di neutralizzare repentinamentediverse tossine letali. Ormai del tutto abbandonata la somministrazione di sieri antibatterici, grazie alla scoperta degli antibiotici e all'introduzione di vaccini specifici, resta comunque valido l'uso di sieri antitossici (soprattutto antitetanico, antidifterico, antibotulinico, antigangrenoso) ai quali si aggiungono i sieri contro i veleni di serpente e il siero antilinfocitario, quest'ultimo impiegato nella terapia del rigetto in soggetti trapiantati d'organo. Il siero anticarbonchioso è invece diretto contro il germe, mancando la tossina. L'animale più usato per la produzione di sieri immuni è il cavallo (per quello antilinfocitario si utilizza anche il coniglio) soprattutto per le grandi quantità di sangue, e quindi di siero, che può fornire. La finalità terapeutica della somministrazione di questi sieri è quella di introdurre rapidamente nell'organismo intossicato notevoli quantità di anticorpi antitossici previamente formati, in modo da neutralizzare repentinamente le tossine letali. Gli stessi sieri, in dosi e modalità di somministrazioni differenti, sono usati per la sieroprofilassi delle medesime malattie.

Bibliografia

R. Mandé, B.C.G. Manuel pratique de vaccination, Parigi, 1966; G. Wilson, The Hazard of Immunization, Londra, 1967; Institut Pasteur, Sérum, vaccins, antigènes, allergènes, Parigi, 1970; M. Pontecorvo, Vaccini, sieri, immunoglobine, Torino, 1973; L. Zannino, E. Bignamini, Le vaccinazioni: perché quando e come, Ferrara, 1991.

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