Lessico

sf. [sec. XIX; dal greco stratēgía]. Branca dell'arte militare che pianifica e regola la condotta generale delle operazioni belliche al fine di conseguire lo scopo della guerra fissato dal potere politico. Per estensione (strategia generale), l'arte di coordinare le forze militari, politiche, economiche e industriali di una nazione in modo da farle concorrere nella preparazione della difesa nazionale e successivamente nella condotta della guerra. In particolare, strategia aziendale, che consiste nella determinazione dei fini e degli obiettivi a lungo termine dell'impresa, nonché dei mezzi necessari per conseguirli. § Strategia della tensione, azione subdola e provocatoria svolta da gruppi direttamente legati al potere politico ed economico, per impedire trasformazioni innovatrici nell'assetto sociale di un Paese. Compiendo atti criminosi particolarmente efferati per la loro entità, per le vittime prescelte, o per il momento di crisi e di difficoltà in cui vengono realizzati, si mira con oculata regia a impressionare l'opinione pubblica e a renderla favorevole a un ristabilimento autoritario dell'ordine, che sconvolga le posizioni di forza esistenti e il loro libero sviluppo. Di strategia della tensione si parla in Italia dalla fine degli anni Sessanta del XX secolo, quando, in concomitanza con un'accentuata pressione delle forze sindacali e di sinistra, si verificarono gravissimi attentati (alla Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana a Milano nel 1969, alla questura di Milano nel 1973, a Brescia in Piazza della Loggia nel 1974, al treno Italicus Roma-Monacosempre nel 1974, alla stazione di Bologna nel 1980, al rapido 904 Napoli-Milanonel 1984), rapimenti (come quello di S. Gadolla nel 1970, di M. Marcuzzi e di E. Amerio nel 1973, di M. Sossi nel 1974), assassini di funzionari di polizia (L. Calabresi) e di magistrati (F. Coco, V. Occorsio, R. Palma, G. Tartaglione, F. Calvosa, E. Alessandrini, V. Bachelet, N. Giacumbi, G. Minervini, G. Galli, M. Amato), con perdite di numerose vite umane e pesanti conseguenze nella vita sociale italiana.

Militaria: generalità

Nel campo strategico agiscono le armate, che possono operare in gruppi oppure ciascuna in un suo scacchiere. Oggetto della strategia è il concepimento de piano delle operazioni militari per condurre le forze alla battaglia, mentre quello della tattica è l'impiego delle forze stesse nella battaglia per conseguire gli scopi fissati dalla strategia. La definizione data, che indica il concetto più antico e comune, configura un livello subordinato al potere politico al quale spetta l'onere di scegliere lo scopo finale e di stabilire la condotta generale della guerra, mediante la combinazione delle varie “strategie generali”: politica, economica, diplomatica e militare. Come tale è denominata “strategia totale”, che è praticata dai capi di governo, assistiti dai ministri competenti, dal capo di Stato Maggiore della Difesa e dal consiglio superiore della Difesa o da organi similari. In ognuno dei settori indicati, ciascuna “strategia generale” ha la funzione di suddividere e combinare i compiti e le azioni condotte nei vari rami di attività del settore preso in considerazione. A livello inferiore esistono, in ciascuno dei rami subordinati, strategie diverse: quelle che debbono far collimare l'esecuzione e la progettazione, ciò che si vuole e si deve conseguire con ciò che le condizioni tecniche ed economiche rendono possibile. È questa la strategia che i tedeschi hanno denominato operativ. La strategia operativa ha lo scopo non solo di conciliare i fini prescelti dalla strategia generale con le possibilità determinate dalle tattiche e dalle tecniche del ramo considerato, ma anche di orientare l'evoluzione di queste ultime adattandole alle esigenze della strategia. La strategia operativa, in tempo di pace, mira essenzialmente a realizzare mezzi e armamenti nuovi in grado di superare quelli degli avversari. La strategia inoltre è la scienza che studia e analizza le situazioni, il potenziale e le posizioni esistenti in una determinata zona geografica, elabora piani e programmi al massimo livello e dirige le operazioni necessarie al conseguimento dei fini perseguiti con la maggiore economicità possibile.

Militaria: strategia terrestre

Viene adottata dall'esercito per conseguire obiettivi considerati d'importanza vitale per il raggiungimento dei fini indicati nei piani di guerra, mediante la manovra di grandi unità strategiche in un teatro di operazioni. Tenuto conto che i principi fondamentali della guerra sono: principio della massa, principio della sorpresa, principio della sicurezza e principio della manovra, le operazioni militari possono assumere due forme principali, variamente combinate tra loro: difensiva e offensiva aventi in comune l'esplorazione e la sicurezza. La scelta dell'una o dell'altra forma è condizionata da numerosi fattori, fra i quali: ambiente naturale, superiorità e specie di forze, di mezzi e di riserve rispetto a quelli dell'avversario, margine di libertà d'azione, atteggiamento e preparazione del nemico, eventuali reazioni di nazioni alleate. La battaglia offensiva e quella difensiva sono profondamente differenziate nella concezione e nell'organizzazione, ma nell'esecuzione tendono entrambe a ricercare le migliori condizioni per condurre azioni risolutive e per annullare la capacità operativa avversaria. Le operazioni difensive tendono a logorare le forze nemiche arrestandone l'avanzata in un'area predeterminata; lo scopo è di stabilire (o ristabilire) un favorevole rapporto di potenza quale presupposto per assumere l'iniziativa delle operazioni. Queste operazioni hanno carattere transitorio e richiedono un'organizzazione accurata di fuoco, del terreno (mediante ostacoli e fortificazioni) e delle forze, per ottenere il migliore rendimento della potenza e logorare progressivamente la capacità offensiva nemica. La manovra strategica in cui esse si sviluppano è quindi articolata su una o più battaglie difensive. Le operazioni offensive, che presuppongono un favorevole rapporto di forze, tendono invece ad annullare la capacità operativa delle forze contrapposte; la manovra strategica è imperniata su una o più battaglie offensive, in cui si impone all'avversario la propria iniziativa: si tende a provocare la disarticolazione delle forze dello schieramento nemico, a penetrare molto profondamente nel territorio dell'avversario (o da questi occupato), fino a raggiungere aree strategiche vitali.

Militaria: strategia navale

Branca dell'arte militare marittima che studia e analizza il potenziale navale e industriale proprio e dell'avversario, oltre a pianificare e condurre, coordinandole, le operazioni aeronavali volte ad assicurare in maniera sufficiente il “potere marittimo”. A tale scopo gli stati si avvalgono di forze navali, della marina mercantile e di appoggi sul litorale, cioè di basi navali e porti. Per forze marittime si devono intendere, per l'importanza dell'arma aerea nelle azioni a carattere navale, le forze navali e le forze aeree direttamente, continuamente e organicamente cooperanti tra di loro. Non consentendo il mare possibilità di occupazione, il potere marittimo non si esaurisce con la sua conquista ma si sviluppa senza limiti di tempo nella sua utilizzazione, quale via di comunicazione che offre la più ampia percorribilità, non presentando vincoli di mobilità ai veicoli che la frequentano e non essendo vulnerabile al pari di una strada o di una ferrovia. Per turbare il movimento che su di esso si svolge è necessario prendere di mira i veicoli e catturarli o distruggerli. Man mano che l'evoluzione della lotta armata ha chiamato in causa energie crescenti il potere marittimo è andato sempre più accentuandosi, fino alla moderna guerra totale che richiede spostamenti di materiali tanto ingenti da essere consentiti solamente dalle vie marittime. Dopo la prima guerra mondiale e con l'avvento delle armi e dei mezzi insidiosi (mine, siluranti, sommergibili) al blocco tattico, effettuato dalle marine più forti in prossimità dei porti avversari e delle rotte da esse seguite, si sostituì il blocco strategico, consistente nel far incrociare le unità navali in zone di mare sufficientemente ristrette, delimitanti bacini intorno alle basi nemiche, nei quali le forze avversarie potevano muoversi ma non allontanarsi senza attraversare il blocco. L'ulteriore sviluppo dei nuovi mezzi (sommergibili e aerei a grande autonomia) rese necessario l'abbandono di tale sistema e l'adozione della vigilanza, svolta mediante radar e ricognizioni continue di aerei e navi che segnalano tempestivamente ogni movimento di forze nemiche. Per proteggere le navi mercantili fu necessario armarle e unirle in convogli, provvedendo alla vigilanza delle rotte principali; inoltre si rese necessaria l'istituzione a terra di basi operative, che si rivelarono più o meno importanti a seconda della loro posizione. Le basi sono difensive nel caso il tempestivo intervento serva a contrastare al nemico il raggiungimento dei suoi obiettivi, mentre sono offensive se lo scopo è di conseguire quelli propri prima che l'avversario possa intervenire.

Militaria: strategia aerea

Parte dell'arte militare aerea il cui scopo è l'analisi e lo studio del potenziale proprio e avversario, oltre alla pianificazione, alla conduzione e al coordinamento delle operazioni aerospaziali volte ad assicurare il potere aereo e a raggiungere gli obiettivi politici che si perseguono con la guerra. In relazione ai compiti attribuiti alle forze aeree, le operazioni da svolgersi sono belliche (di contraviazione, di interdizione, di concorso aereo alle operazioni di superficie terrestri e navali), di supporto a quelle belliche (di trasporto, di ricognizione), non belliche (aerosgomberi, aerotrasporti per esigenze civili, ricerca e soccorso aereo). Le operazioni di contraviazione vengono condotte contro tutti gli elementi del potere aereo. Primo e principale obiettivo che le forze aeree devono conseguire, quando operano in una determinata area geografica o scacchiere operativo, è di conquistare il controllo del cielo e di mantenerlo al fine di creare il necessario ambiente di sicurezza aerea che consenta alle stesse forze aeree, nonché a quelle terrestri e navali, di sviluppare le loro operazioni. Il principio operativo dell'unità di comando e di controllo delle forze aeree è particolarmente valido nella concezione del moderno conflitto; questo infatti non si intende più come la sommatoria di battaglie terrestri, navali e aeree, concepite e condotte autonomamente, bensì come prodotto tra i risultati di tutte le operazioni concepite unitariamente e tendenti al conseguimento dell'obiettivo comune.

Militaria: cenni storici

Nel mondo greco la strategia fu condizionata dalla geopolitica dell'epoca, per la quale le piccole città, spesso in lotta tra loro, solo a volte riuscivano a raccogliere tutte le forze per approntare una solida difesa. Gli strateghi furono pertanto impegnati ad affrontare e ad attuare piani adeguati di volta in volta alle situazioni nelle quali erano chiamati a operare. Ciò accadde nel corso delle spedizioni persiane in Grecia (490-479 a. C.) durante le quali i comandanti greci dimostrarono un'insolita duttilità ricorrendo all'accerchiamento, all'attacco frontale, ma anche alle false ritirate per attirare il nemico su posizioni indifendibili. La strategia subì una notevole evoluzione nel sec. IV a. C. con un nuovo ordinamento della falange operato da Epaminonda e da Filippo II di Macedonia, che si opposero con successo ai Greci, e con l'impiego d'urto che le riservò Alessandro Magno, genio calcolatore, e al contempo impetuoso, il quale ricercò sempre la sorpresa anche con marce di avvicinamento notturne. Con il mondo romano la concezione strategica subì un ulteriore progressio. Per eseguire la manovra offensiva gli strateghi romani schieravano le legioni su tre linee di manipoli, intervallate tra di loro, per consentire il ripiegamento dei fanti (manovra per linee interne) dopo l'attacco, senza intralciare la successiva azione dei soldati retrostanti tendente a superare la residua resistenza nemica. La cavalleria e le truppe degli alleati concorrevano all'attacco muovendo dalle ali del proprio schieramento contro le ali e il tergo dello schieramento avversario. Tra i grandi strateghi della romanità si segnalano Fabio Massimo (che nel sec. III a. C. adottò una strategia temporeggiatrice e di logoramento, accettando la battaglia quando gli si offrivano condizioni favorevoli o comunque non contrarie) e Giulio Cesare, indubbiamente il più grande, che manovrò l'esercito con ampiezza di vedute ed enorme maestria. Dalla fine dell'Impero romano d'Occidente (476 d. C.), nonostante le guerre combattute e le continue spedizioni militari, la strategia decadde notevolmente. Nel periodo medievale avvenne l'introduzione della bardatura a opera dei barbari, ma soprattutto avvenne l'affermazione della cavalleria. La forza d'urto ebbe quindi una decisiva importanza negli scontri del tempo finché non si verificò la grande incidenza del tiro, valorizzato nel sec. XV dagli arcieri inglesi e dai balestrieri genovesi. L'adozione e la diffusione nello stesso secolo delle prime armi da fuoco determinarono un notevole progresso del tiro e la nascita dell'artiglieria, che tuttavia non modificò sostanzialmente la condotta dei combattimenti, ancora legati agli schemi tradizionali. La rifioritura nell'età moderna cominciò con Federico il Grande. Il genio militare del re prussiano appare evidente se si considera che nel sec. XVII le guerre erano necessariamente limitate nell'intensità e nella durata in base agli sforzi possibili a ciascuna nazione. Gli eserciti, costituiti da mercenari, erano molto costosi e se distrutti non potevano essere tempestivamente sostituiti. Dopo aver riorganizzato l'esercito con criteri razionali e rigorosamente selettivi, Federico poté disporre di reparti atti a muoversi con estrema rapidità, cosa che gli consentì di operare per linee interne mantenendo l'azione offensiva. Era il superamento del concetto dell'inscindibilità della massa con quello del coordinamento delle relative frazioni. L'arte di Federico II fu imitata subito dopo dai vari eserciti europei tra i quali quello francese guidato da Napoleone. Questi, contrariamente a quanto avveniva fino ad allora, distinse nettamente il dispositivo operativo dal dispositivo di battaglia concentrato. In tal modo egli impediva al nemico di prevedere il prossimo punto di concentramento, mentre riusciva a piombargli addosso inaspettatamente. Caratteristica di Bonaparte era la ricerca costante del nemico e della sorpresa, ottenuta attraverso una serie di calcoli esatti sui tempi necessari per effettuare i movimenti e concentrare le proprie unità e su quelli per gli accerchiamenti o gli avvolgimenti: Napoleone tendeva sempre, infatti, all'esaurimento delle forze e delle risorse morali del nemico. Brillante stratega del sec. XIX fu H. K. B. von Moltke, il quale, divenuto capo di Stato Maggiore dell'esercito prussiano nel 1858, perfezionò la funzionalità dei comandi, creò gli Stati Maggiori per il coordinamento, esaltò il senso di responsabilità e di iniziativa, fece approntare con minuziosità le operazioni per la mobilitazione ed estese la rete e i trasporti ferroviari. Moltke seguì poi e interpretò la dottrina di K. von Clausewitz e sostituì alla concezione napoleonica della netta distinzione tra dispositivo delle operazioni e dispositivo di battaglia quella dell'avanzata diretta sul nemico partendo da una vasta base per impegnarlo a fondo con le forze convergenti sul piano di battaglia. Dopo averlo investito con il massimo concentramento di fuoco, mediante manovre di avvolgimento, riusciva a fiaccare ogni resistenza e annullarne ogni ulteriore capacità operativa. I successi da lui conseguiti spinsero i vari eserciti europei a imitare in ogni campo quello prussiano. La prima guerra mondiale portò, in un certo senso, a un'involuzione della strategia per la staticità delle operazioni. Vi concorsero l'azione di sfondamento dello schieramento avversario resa molto difficoltosa dall'aumentata potenza del fuoco, le modeste dimensioni degli schieramenti e la riuscita delle manovre di avvolgimento delle ali nemiche; veniva infatti assunto un dispositivo più esteso di quello attuato dalla difesa e le riserve di questa non erano in grado d'intervenire prima che il grosso dell'esercito contrapposto eseguisse l'azione di aggiramento. Nel 1914, allo scoppio del conflitto, la manovra di avvolgimento tedesca, eseguita in base al piano predisposto antecedentemente da A. von Schlieffen per l'invasione della Francia, con un'ala appiedata perdette ogni efficacia, avendo reso possibile il ripiegamento del fronte aggirato e delle riserve; queste si riorganizzarono a Parigi (dove erano state trasportate sollecitamente in treno) e costituirono la massa che eseguì, a sua volta, l'aggiramento dell'ala avvolgente tedesca. Ne scaturirono un ripiegamento tedesco e una nuova manovra di avvolgimento che determinarono la “corsa verso il mare”, la costituzione di un fronte lineare e continuo, la fine della cosiddetta era cinematica e conseguentemente la guerra di posizione. Fu solo il ricorso alla dinamicità dell'attacco che consentì la risoluzione del conflitto. Le grandi battaglie offensive impostate su una serie di attacchi a ondate successive con un intenso fuoco di preparazione e di accompagnamento di artiglieria, l'impiego di nuovi mezzi e la manovra finale di avvolgimento ruppero la resistenza del fronte nemico che era risultato inespugnabile per anni. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale il binomio carro armato-aereo consentì quella mobilità tattica capace di sfondare i fronti lineari e statici, sviluppare la mobilità strategica e dar vita alla guerra di movimento. La strategia, in tal modo, fu condizionata dal successo tattico che consentì, con il suo dinamismo, da un lato di sfruttare lo sfondamento o l'aggiramento del fronte; dall'altro di convergere da più parti con colonne corazzate e unità meccanizzate o motorizzate verso obiettivi dislocati in profondità e strategicamente importanti, accerchiando le forze avversarie in sacche; infine di far intervenire, immediatamente dopo, unità motorizzate di seconda schiera per il rastrellamento e il consolidamento. Una vasta azione di logoramento venne, in particolare, eseguita contro i tedeschi a mezzo di bombardamenti aerei a tappeto che provocarono la distruzione di città, industrie, vie di comunicazione, porti, aeroporti e centri logistici nonché una profonda crisi interna; ciò nonostante, l'esaurimento non fu decisivo e il crollo avvenne dopo una serie di battaglie terrestri e aereo-terrestri e l'uso di bombe atomiche da 20 chiloton (20.000 t di tritolo) da parte degli americani per ottenere la resa del Giappone. Proprio l'avvento dell'arma atomica segnò l'inizio di una nuova era nella quale gli USA vennero ben presto affiancati dall'Unione Sovietica; la scoperta delle armi termonucleari (ottenute con la fusione degli atomi), l'impiego prima degli aerei a grande autonomia e, successivamente, dei missili capaci di raggiungere qualsiasi parte del globo, aggravarono la situazione e il pericolo di una catastrofe definitiva. Da ciò derivò un completo capovolgimento nella concezione dell'impiego delle forze, per l'esigenza di diradamenti su ampi spazi, di concentramenti solo in prossimità dell'obiettivo per il tempo strettamente necessario, e successive immediate dispersioni in modo da rimanere esposte il minor tempo possibile e non rendere “remunerativo” l'impiego dell'arma nucleare. La costruzione di missili con testata nucleare, che vennero dislocati in varie parti del territorio delle due superpotenze, unitamente alla necessità di esimersi dall'immane pericolo, provocarono l'ideazione di sistemi di protezione. In un primo momento si pensò alla distruzione preventiva dei mezzi di produzione e di lancio delle armi nucleari avversarie, misura rivelatasi presto inadeguata e scarsamente efficace in conseguenza del notevole aumento e per le misure di dispersione delle piste; si tentò quindi l'intercettazione delle armi atomiche, anch'essa risultata di difficile realizzazione, che diede comunque luogo alla “corsa agli armamenti” e alla cosiddetta strategia logistica o strategia genetica, a carattere eminentemente tecnico, industriale e finanziario. Gli ultimi due decenni del XX secolo, con i grandi eventi storici verificatisi (la dissoluzione della potenza sovietica con lo sganciamento di tutti i Paesi della sua area d'influenza, movimenti d'indipendenza delle diverse etnie, crollo del Muro di Berlino ecc.) hanno visto un mutamento continuo delle strategie militari che continuano a evolversi, parallelamente alla situazione storico-politica.

Organizzazione aziendale

In economia aziendale, la strategia è il processo di definizione degli obiettivi di lungo periodo e di elaborazione dei programmi volti al loro raggiungimento. Essa delimita un campo d'indagine specialistico dell'economia aziendale che, con i primi studi statunitensi degli anni Cinquanta, ha avuto un rilevante e proficuo sviluppo. Dal punto di vista applicativo, la determinazione della strategia comporta un'attività di cosiddetta pianificazione strategica articolata in varie fasi: analisi delle opportunità di mercato attraverso lo studio delle condizioni ambientali, valutazione dei punti di forza e di debolezza interni e dati delle risorse disponibili, formulazione degli obiettivi di lungo termine, predisposizione di un adeguato assetto organizzativo, analisi dei risultati e degli eventuali scostamenti, il tutto in un processo di continuo adeguamento alle mutevoli condizioni di operatività. In questo senso occorre distinguere fra tre differenti livelli di strategia: strategia di gruppo o corporate, concernente le scelte da compiere nell'ambito della direzione congiunta di più imprese operanti anche in differenti settori di mercato, strategia prodotto/mercato o business, riferita alla determinazione del profilo competitivo assunto dall'azienda nello specifico mercato, strategia funzionale, riguardante la fissazione degli obiettivi cui devono tendere le singole funzioni aziendali (marketing, finanza, produzione ecc.).

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