usura (storia e diritto)

Indice

Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino usūra, godimento specialmente di un capitale prestato].

1) Ogni lucro ricavato da chi concede ad altri un bene fungibile, su l'intesa di averne restituito l'equivalente maggiorato di un interesse dopo il periodo di tempo pattuito. Per estensione, attività dell'usuraio: esercitare l'usura.

2) Nella loc. fig., a usura, in misura sovrabbondante: è stato ripagato a usura del male che gli ha fatto.

Storia

La pratica dell'usura appare in genere strettamente connessa alla creazione e all'uso della moneta. Tra i Greci l'usura, largamente diffusa, fu condannata da Platone e Aristotele. Essa è presente pure nel diritto romano che in più occasioni intervenne per disciplinare la materia ed evitare gli abusi. Il Codice Giustinianeo, nonostante il giudizio negativo nei confronti di tale pratica, ugualmente la contemplò regolamentandola. Nel Medioevo latino decisa fu la condanna del prestito a interesse: il Concilio di Vienne del 1311-12 dichiarò eretica ogni eventuale proposizione in senso contrario. Tommaso d'Aquino confermò l'insegnamento dei Padri alla luce della dottrina aristotelica. Esenti dalla proibizione di praticare l'usura furono nell'età di mezzo gli Ebrei, in quanto non vincolati dal precetto evangelico di prestare senza nulla chiedere in contraccambio (Luca 6, 34-35). A frenare gli abusi i francescani fondarono i Monti di pietà (sec. XIV). Nel sec. XVI Calvino, constatando la capacità produttiva del denaro, per primo contestò la tradizionale condanna dell'usura, ritenendo immorale e peccaminosa soltanto l'esagerazione nella richiesta dell'interesse. L'economia nell'età moderna considerò il problema dell'usura sotto un aspetto diverso e la Costituente francese introdusse per prima ufficialmente la distinzione tra usura e interesse, giudicando lecito quest'ultimo e regolandolo con una precisa normativa, accettata anche dagli altri Stati.

Diritto

La legge 7 marzo 1996, n. 108, ha disciplinato in modo uniforme e rigoroso la materia dei reati rientranti nella figura dell'usura. Con una serie di interventi sul Codice Penale e, soprattutto, attraverso la previsione dell'introduzione del cosiddetto “tasso usurario” è stata definita l'operatività della norma in maniera tale da impedire la discrezionalità nella definizione del fatto-reato. In particolare è stato riformulato l'art. 644 del Codice Penale ed eliminata la figura dell'usura impropria prevista dall'art. 644 bis. Mentre secondo la previgente normativa per l'esistenza del reato era necessario l'approfittamento dello stato di bisogno economico altrui, detta condizione non è più richiesta dalla formulazione attuale. È punito a titolo di usura chiunque si fa dare o promettere sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari. La legge stabilisce nel “tasso effettivo globale medio di interesse”, aumentato della metà, il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, e quindi i limiti di operatività della norma. Il reato è punito con la reclusione, oltre a multe; è altresì prevista una serie di circostanze aggravanti in relazione alle modalità di esecuzione del fatto o alle condizioni della persona offesa. I tassi globali medi ai fini dell'applicazione della legge sull'usura sono rilevati trimestralmente dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di riferimento successive al trimestre in considerazione, sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale.

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