virulènza

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sf. [sec. XIX; dal latino tardo virulentía, da virulentus, virulento].

1) Attitudine dei microrganismi patogeni a produrre la malattia infettiva. § La penetrazione dei germi patogeni in un organismo vivente non è sempre seguita da un'infezione; affinché ciò avvenga, occorre che la potenza dei mezzi di offesa dei germi prevalga su quella dei mezzi di difesa dell'organismo; nel caso contrario i germi vengono distrutti senza che nei tessuti si verifichino alterazioni rilevabili, oppure permangono dentro l'organismo senza produrre alterazioni, per un periodo di tempo che può anche prolungarsi indefinitivamente. In quest'ultimo caso gli individui, pur essendo in perfetto stato di salute, albergano nel loro corpo germi patogeni attivi, capaci di produrre l'infezione in altri organismi attivi. Da tutto ciò appare chiaro che la virulenza è dovuta a un complesso di fattori, dei quali alcuni (per esempio il potere di produrre veleni o sostanze ad azione aggressiva) sono noti, altri sono tuttora sconosciuti. Per esempio, nel caso dei germi che, come il bacillo della difterite, con ragione si ritiene attacchino l'organismo essenzialmente per mezzo dei veleni da essi prodotti, non esiste una corrispondenza fra l'attitudine a produrre il veleno (potere tossigeno) e il grado di virulenza. Altre specie batteriche possono presentare, invece, un grado di virulenza molto dissimile anche fra ceppi non differenti tra loro in modo apprezzabile per nessun carattere morfologico e biologico; infine uno stesso ceppo, nei diversi periodi della sua vita, può presentare oscillazioni considerevoli della virulenza, senza causa apparente.

2) Fig., asprezza, violenza: controbattere la virulenza delle sue parole.

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