Nuove tendenze del romanzo e Céline

Céline

Louis-Ferdinand Céline, pseudonimo di Louis-Ferdinand Destouches (1894-1961), ha lasciato un'opera originale e scandalosa, che costituisce una sferzante smitizzazione delle infatuazioni e dei miti del nostro tempo, esprimendo con singolare veemenza il profondo malessere dell'individuo. La straordinaria innovazione linguistica ne fa un punto di riferimento obbligato nell'evoluzione del romanzo moderno.

Nato a Courbevoie nella banlieue parigina, destinato dai genitori al commercio, per sfuggire a questa prospettiva si arruolò volontario nel 1912, con una ferma di tre anni. Fu la scoperta della crudeltà, della demenza, della violenza, che Céline rievocò molti anni dopo, nel 1936, in Casse-Pipe (1949). Inviato al fronte allo scoppio della prima guerra, fu gravemente ferito (1914) e decorato al valore. Nel 1916 partì per il Camerun, al seguito di una compagnia forestale. Rientrato in Francia, si laureò in medicina (1924), specializzandosi in epidemiologia, e aprì (1928) uno studio medico a Clichy.

Una scrittura viscerale

Nel 1932 pubblicò il primo romanzo, Voyage au bout de la nuit (Viaggio al termine della notte), che si impose immediatamente. L'epopea atroce e grottesca del narratore, trasparente alter ego dell'autore, costituì una sferzante smitizzazione delle infatuazioni di quegli anni: la guerra, l'esperienza coloniale, l'America. Il linguaggio straordinario e nuovo, secco e insieme sfrenato, contribuì allo scandalo che fece il libro. Anche nel secondo romanzo, Mort à credit (Morte a credito, 1936), l'ispirazione era autobiografica, ma l'ordine cronologico spezzato e la narrazione seguivano gli impulsi della memoria e dell'immaginazione. Il libro provocò reazioni estremamente vivaci ma ottenne grande successo.

L'equilibrio difficile tra narrazione e polemica, tra rappresentazione del malessere e invettiva, lo condusse dal romanzo al pamphlet. In Bagatelles pour un massacre (Bagatelle per un massacro, 1937) e L'école des cadavres (La scuola dei cadaveri, 1938) diede voce a un antisemitismo viscerale, ancor più accentuato in Les beaux draps (La bella rogna, 1941), dove attaccava gli ebrei, la propaganda antifascista americana, la minaccia sovietica e la pressione demografica dei neri e dei gialli. Corteggiato dall'estrema destra, collaborazionista con i nazisti, accusando però il governo di Vichy di debolezza nei confronti del problema ebraico, nel 1944 pubblicò il romanzo Guignol's Band. Dopo lo sbarco degli Alleati in Normandia, condannato a morte dalla Resistenza, si rifugiò a Sigmaringen, in Germania, dove erano Pétain, Laval e tutti i collaborazionisti fuggiti. Arrestato a Copenaghen (1945) e detenuto per quattordici mesi, fu rilasciato nel 1947. Visse in Danimarca fino al 1951, quando poté tornare in Francia. Le opere di quegli anni insistono sulla scabrosa vicenda del collaborazionismo, accumulando lamenti, recriminazioni e rancori (Féerie pour une autre fois, Fantasmagoria per un'altra volta, 1952-54, 2 voll.; la trilogia tedesca: D'un château l'autre, Il castello dei rifugiati, 1957; Nord, 1960; Rigodon, 1969 postumo).

La lingua per un universo in decomposizione

L'opera e la figura di Céline sono controverse a causa del suo virulento antisemitismo e filonazismo, eppure per certi aspetti egli rimase sempre uguale a se stesso. In tutte le sue opere la scrittura è lo strumento che con le sue movenze convulse e spezzate riflette l'instabilità e la decomposizione dell'universo. Proliferano le immagini di fango, flaccidezza, putrefazione. L'antieroe celiniano non è portatore di alcun valore, di una speranza di riscatto, conosce solo la paura e la fuga.

L'aspetto più moderno e originale di Céline è la profonda innovazione linguistica. Il suo linguaggio è potente e diretto come un grido e, almeno nel Viaggio, mai enfatico, in sorprendente equilibrio tra imprecazione e humour freddo e aspro. Il lessico di straordinaria ricchezza, misto di argot e neologismi, vocaboli popolari e volgari, e la sintassi ad andamento frantumato e spezzato, come nella lingua parlata, creano una prosa rabbiosa e disincantata, cruda e impietosa, che rappresenta perfettamente un mondo degradato e impazzito.