Gruppi e organizzazioni

Modelli di organizzazioni

Nel mondo preindustriale, la strutturazione e lo sviluppo dei sistemi sociali si sono a lungo basati sulla consuetudine e sul costume, dal momento che le famiglie allargate e i più estesi rapporti di parentela riuscivano a provvedere ai bisogni essenziali, dall'alimentazione all'istruzione. Nel mondo contemporaneo industrializzato, invece, la soddisfazione di esigenze sempre più complesse richiede un notevole grado di coordinamento di attività e risorse, funzione assolta dalle organizzazioni. Per poter svolgere tale funzione le organizzazioni devono essere progettate, vale a dire dotate di strutture (che vanno dalle regole di funzionamento, divisione dei ruoli e del lavoro, agli edifici e agli ambienti fisici appositamente costruiti) che consentano di realizzarne al meglio gli scopi. Schemi di progettazione organizzativa sono stati formalizzati in alcuni famosi modelli, cioè in elaborazioni teoriche che dicono non solo che cosa è un'organizzazione, ma anche come questa dovrebbe essere per raggiungere determinate finalità.

All'inizio del '900, relativamente soprattutto alle organizzazioni industriali, F.W. Taylor ha proposto il modello della "direzione scientifica", che si fonda sulla rigorosa distinzione gerarchica tra le funzioni direttive e quelle esecutive, e implica la parcellizzazione, oltre che la specializzazione delle mansioni lavorative. L'efficienza dell'organizzazione dipende dalla precisa previsione del funzionamento dei suoi membri: i ruoli sono perfettamente definiti, il controllo è centralizzato, gli incentivi sono di carattere economico.

Al taylorismo si contrappone nettamente il modello delle "relazioni umane", nato dalle ricerche già ricordate compiute tra il 1927 e il 1932 a Hawtorne tra i dipendenti della Western Electric. Tali esperimenti mettevano in rilievo il peso esercitato sulla produttività dalla dimensione psicologica, anche se questo di per sé non escludeva la possibilità di organizzare scientificamente, cioè attraverso un'assoluta previsione di tutti i fattori, il lavoro. Secondo questo modello, si deve lasciar spazio agli aspetti non razionalizzabili dell'organizzazione del lavoro. Da qui lo sviluppo, attraverso la successiva ricerca sociologica, di un quadro teorico complesso, che comprende l'indagine tramite test sui sentimenti e sulle inclinazioni nella formazione e nell'attività dei gruppi, la funzione della leadership democratica, la tematica delle motivazioni nei gruppi e in generale l'analisi delle "relazioni" umane nell'organizzazione. In quest'ultima accezione, le "relazioni umane" comprendono lo studio dei processi di cooperazione, di comunicazione, di decisione e lo studio della "spontaneità sociale", cioè di quei rapporti tra i membri del gruppo che non coincidono con le norme della struttura formale, ma che costituiscono un importante fattore di successo rispetto agli obiettivi.

Più recentemente è emerso un ulteriore modello di organizzazione, che si può definire strutturale-funzionale, che raccoglie e sintetizza le precedenti proposte nel concetto di sistema strutturato e finalizzato. Questo modello deriva dagli studi di T. Parsons, per il quale le organizzazioni sono unità sociali deliberatamente costruite e ricostruite per raggiungere fini specifici. Adottando una visione dinamica delle loro finalità, le organizzazioni possono essere considerate come strutture che si autoconservano attraverso l'adattamento, l'integrazione e lo sviluppo, analogamente a quanto avviene per gli organismi viventi. Le organizzazioni sono dei sistemi cooperativi, un insieme di soggetti che interagiscono con l'ambiente in modo da porsi reciprocamente come strumenti per raggiungere una finalità comune. Solo tenendo conto di tale sistema vivente cooperativo, e della dinamica dei suoi bisogni, si possono analizzare la razionalità dell'insieme, il rapporto fra gli individui che lo compongono e le norme variabili che lo regolano.