La scuola e l'insegnamento secondo Don Lorenzo Milani

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Un prete-maestro che voleva insegnare agli ultimi, rimasto nella storia della nostra pedagogia grazie all’esperienza della Scuola di Barbiana. Ecco tutto quello che c'è da sapere sulla sua vicenda.

Don Lorenzo Milani, sacerdote e maestro, ha scritto a caratteri cubitali il suo nome nella storia della pedagogia italiana, fondando dal nulla una scuola popolare per i ragazzi più poveri nel paesino di Barbiana (provincia di Firenze). Ripercorriamone la vita e gli insegnamenti.

Chi era Don Lorenzo Milani

La figura di don Milani è legata principalmente all’esperienza didattica rivolta ai bambini poveri del borgo di Barbiana, nel Mugello, portata avanti nella canonica della chiesa di Sant'Andrea. Per i suoi scritti, metodi e insegnamenti entrò più volte in rotta di collisione con la Chiesa cattolica, coinvolgendo nel dibattito anche gli intellettuali dell’epoca. Sostenitore dell'obiezione di coscienza opposta al servizio militare maschile (che era obbligatorio), fu processato per apologia di reato 

Famiglia e infanzia di Lorenzo Milani

Lorenzo Carlo Domenico, questo il nome completo, nacque il 27 maggio 1923 a Firenze, secondo dei tre figli di Albano Milani Comparetti e Alice Weiss (ebrea triestina), entrambi agnostici e anticlericali. Crebbe in una famiglia laica, ricca e colta, che nel 1930 si trasferì a Milano: qui fu battezzato, in un momento storico in cui si stava diffondendo l’antisemitismo. Dopo aver frequentato con scarso profitto il liceo ginnasio Giovanni Berchet, rifiutò di iscriversi all'università per dedicarsi all'attività di pittore. Nel settembre del 1941 Lorenzo Milani, dopo aver trascorso l’estate presso lo studio fiorentino dell’artista tedesco Hans-Joachim Staude, si iscrisse al corso di pittura all'Accademia di Brera di Milano. 

La conversione, l’ordinazione a sacerdote e i primi incarichi

Nel 1934 Lorenzo Milani aveva preso la prima comunione a Montespertoli, nella pieve di San Pietro in Mercato. La conversione vera e propria arrivò nel 1943: come raccontato da lui stesso, scoprì la vocazione mentre stava affrescando una cappella sconsacrata. Così, dopo la cresima a giugno, all’inizio di novembre entrò nel seminario maggiore arcivescovile di Firenze. Il periodo da seminarista si rivelò duro per Milani, che fin dall’inizio si scontrò con regole e mentalità della curia, molto lontane dalla semplicità del Vangelo. Ad ogni modo, fu ordinato sacerdote nel duomo di Firenze il 13 luglio 1947: il suo primo e breve incarico a Montespertoli, come vicario del parroco locale. Dopo pochi mesi fu nominato cappellano della parrocchia di San Donato a Calenzano, sempre vicino a Firenze, in una realtà rurale arretratissima. La chiesa era frequentata da braccianti, pastori e operai, perlopiù analfabeti: da quell’esperienza nacque il libro Esperienze pastorali, analisi sociologica della società italiana degli Anni 50. Inizialmente dotato dell'imprimatur ecclesiastico, fu ritirato pochi mesi dopo la pubblicazione.

La scuola di Barbiana

Diventato prete scomodo, nel 1954 don Milani venne spedito a Barbiana, piccolo paesino sui monti del Mugello, a causa di screzi con i fedeli e la curia di Firenze: una sorta di confino lontano dall’Italia del boom economico. Qui, in un borgo con circa 120 abitanti, don Milani costruì dal nulla la sua scuola popolare per giovani operai e contadini, esperienza educativa sperimentale che provocò un ampio dibattito in materia di pedagogia.

La pedagogia di Don Lorenzo Milani

Don Milani adottò metodi non convenzionali, che fecero discutere molto. A Barbiana iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, con l’obiettivo di far arrivare tutti gli alunni a un livello minimo d'istruzione. Allo scopo avviò insegnamenti personalizzati e, per stimolare i ragazzi più timidi, tenne persino lezioni di recitazione.

Cominciò a sperimentare inoltre il metodo della scrittura collettiva e abolì le punizioni corporali, ammesse all’epoca nella scuola pubblica. Per far superare la paura dell’acqua, diffusa in un paesino di montagna, fece costruire una piccola piscina. Arrivò a organizzare per i ragazzi viaggi di studio e lavoro all’estero. La scuola di don Milani, aperta 12 ore al giorno, 365 giorni all’anno, era inclusiva e all’avanguardia: gli alunni avevano la possibilità di studiare persino le lingue straniere, dall’inglese al francese, fino al tedesco e all’arabo. Per convincere i genitori a mandarvi i propri figli, il parroco utilizzò ogni mezzo, persino lo sciopero della fame.

Chi sono i ragazzi di Barbiana

Lo scopo di don Milani era garantire l'uguaglianza, con la rimozione delle differenze che normalmente derivavano dalla condizione sociale. La sua scuola, infatti, era espressamente rivolta ai poveri, ai giovani disagiati che altrimenti sarebbero rimasti vittime di una situazione di subordinazione culturale. I ragazzi di Barbiana erano gli ultimi, per strato sociale e per luogo abitativo. La scuola suscitò molte critiche, sia dal mondo della chiesa (né Giovanni XXIIIPaolo VI intervennero mai a favore) che da quello laico.

Lettera a una professoressa

Don Milani condensò le risposte alle critiche in Lettera a una professoressa, libro scritto insieme agli allievi della Scuola di Barbiana: il volume spiegava i principi che muovevano quell’esperienza didattica e, allo stesso tempo, denunciava l’arretratezza e la disuguaglianza della scuola italiana ("Un ospedale che cura i sani e respinge i malati"). Nel libro è presente uno dei capisaldi della sua pedagogia: “La scuola dell’obbligo non può bocciare“. Il volume ricevette una fredda accoglienza: tra gli intellettuali soltanto Pier Paolo Pasolini mostrò entusiasmo per le idee di don Milani. Solo dopo la morte del priore il libro diventò un caso letterario.

"I care"

I care: mi importa, ho a cuore. Adottato in dichiarata contrapposizione al "Me ne frego" fascista, don Milani scelse questa espressione come motto della Scuola di Barbiana. In seguito sarà fatto proprio da numerose organizzazioni religiose e politiche.

La morte prematura

Don Milani morì a soli 44 anni, il 26 giugno 1967, a causa di un linfoma di Hodgkin. Riposa nel piccolo cimitero della sua chiesa-scuola nel Mugello. Su sua espressa richiesta, fu seppellito in abito talare con gli scarponi da montagna ai piedi. Nel testamento aveva rivolto un ultimo pensiero ai ragazzi di Barbiana: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho la speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze”. Nel 2017 Papa Francesco ha provveduto alla definitiva riabilitazione di don Milani, definendolo “educatore appassionato, innamorato della Chiesa”.

Frasi celebri di Don Lorenzo Milani

Ecco alcune frasi celebri di don Milani, tratte dai suoi scritti.

  • Il mondo ingiusto l’hanno da raddrizzare i poveri e lo raddrizzeranno solo quando l’avranno giudicato e condannato con mente aperta e sveglia come la può avere solo un povero che è stato a scuola.
  • Ho insegnato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia.
  • E allora il mastro deve essere per quanto può, profeta, scrutare i “segni dei tempi”, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso.
  • Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. 
  • Quando ci si affanna a cercar apposta l’occasione di infilar la fede nei discorsi, si mostra di averne poca, di pensare che la fede sia qualcosa di artificiale aggiunto alla vita e non invece modo di vivere e di pensare. 

Matteo Innocenti