Il Manifesto Russell-Einstein per scongiurare la guerra atomica

Il 9 luglio 1955 viene reso pubblico il Manifesto Russell-Einstein per scongiurare la guerra nucleare: un appello alla ragione in un mondo sull’orlo del baratro, che oggi – a 70 anni di distanza - rimane più che mai un faro di allarmante attualità.
Il 9 luglio 1955 rappresenta una data cruciale nella storia della scienza e della politica internazionale. In quel giorno, a Londra, fu reso pubblico un documento destinato a lasciare un segno profondo nel dibattito etico e civile del Novecento, passato ai posteri con il nome di Manifesto Russell-Einstein. Presentato in piena Guerra Fredda, in un contesto segnato dalla corsa agli armamenti nucleari, il manifesto esprimeva l’urgente necessità di un confronto globale sul pericolo rappresentato dalle armi atomiche.
A promuovere l’iniziativa furono Bertrand Russell, filosofo e matematico britannico, e Albert Einstein, uno dei più noti fisici di tutti i tempi. Quest’ultimo sottoscrisse il testo pochi giorni prima della sua morte, avvenuta nell’aprile dello stesso anno; il documento fu inoltre firmato da altri undici eminenti scienziati e intellettuali, accomunati dalla consapevolezza che il potere distruttivo delle armi nucleari imponeva una nuova responsabilità morale alla comunità scientifica.
Armi nucleari: la scienza davanti a un bivio
Il Manifesto Russell-Einstein non si limitava a denunciare il pericolo della bomba atomica, ma proponeva un cambiamento di rotta radicale: mettere da parte le divisioni ideologiche e nazionali per affrontare insieme la minaccia nucleare. I promotori del manifesto si rivolgevano in particolare agli scienziati, riconoscendo la loro responsabilità morale e invitandoli a unirsi per riflettere sulle conseguenze delle loro scoperte, con l’obiettivo di stimolare un dialogo globale sulla pace, sul disarmo e sull’uso etico della scienza.
Tra le tante frasi memorabili del testo, spicca un invito che ne sintetizza lo spirito e che è diventato celebre: “Ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto.” Un richiamo all’essenza stessa dell’essere umano, sopra ogni appartenenza politica o culturale.
Cosa diceva il Manifesto Russell-Einstein: un riassunto essenziale
Nel Manifesto si esprimeva una profonda preoccupazione per il potenziale distruttivo delle armi nucleari. I firmatari affermavano con chiarezza che, in caso di conflitto atomico, le popolazioni colpite sarebbero morte all’istante, mentre le radiazioni, sparse ben oltre le aree colpite dalle esplosioni, avrebbero provocato effetti devastanti anche nel tempo, condannando milioni di esseri viventi a un’agonia lenta e rendendo inabitabili intere zone del pianeta.
Per questo motivo, il documento auspicava con urgenza l’abbandono della via militare a favore del dialogo e della cooperazione internazionale. Rivolgendosi in particolare alla comunità scientifica, Russell, Einstein e gli altri firmatari sollecitavano la convocazione di una conferenza mondiale indipendente, aperta a studiosi di ogni nazione, per affrontare insieme i rischi legati all’energia nucleare e promuovere soluzioni pacifiche e condivise.
Il messaggio era netto e carico di responsabilità: se l’umanità aveva acquisito il potere di distruggere se stessa, allora doveva anche assumersi il dovere morale di impedirlo.
Le origini dell’arma atomica: il Progetto Manhattan
Per comprendere a fondo quel particolare momento storico, è necessario fare un passo indietro, agli anni della Seconda Guerra Mondiale. Fu in quel periodo che gli Stati Uniti, insieme a Regno Unito e Canada, avviarono un progetto segreto di ricerca scientifica e militare noto come Progetto Manhattan: l’obiettivo era costruire, prima della Germania nazista, la prima bomba atomica.
Il programma coinvolse alcuni dei più grandi fisici del tempo e portò, nell’estate del 1945, alla realizzazione delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki, con gli effetti devastanti noti a tutti. Quelle immagini cambiarono per sempre il modo in cui la scienza veniva percepita: da strumento di progresso, a probabile veicolo di distruzione totale e proprio da questa consapevolezza nacque l’esigenza del manifesto.
Dall’appello all’azione: le Conferenze Pugwash
Il Manifesto Russell-Einstein non fu un semplice gesto simbolico. Due anni dopo, nel 1957, ispirò la nascita delle Conferenze Pugwash, una serie di incontri internazionali tra scienziati, pensatori e leader politici di varie nazioni, riuniti per discutere temi cruciali come il disarmo nucleare, la sicurezza globale e l’uso responsabile della scienza.
Tra i protagonisti di questo movimento ci fu Joseph Rotblat, fisico di origine polacca naturalizzato britannico, uno dei firmatari originali del Manifesto e presidente della conferenza stampa di presentazione del 9 luglio 1955. Rotblat fu anche l’unico, tra centinaia di scienziati tra cui 31 Premi Nobel, ad aver abbandonato il Progetto Manhattan per ragioni etiche, dopo aver compreso che la Germania non stava sviluppando la bomba atomica (gesto che gli valse la radiazione con disonore).
La sua coerenza e il suo impegno per la pace gli valsero, insieme al movimento Pugwash, il Premio Nobel per la Pace nel 1995. Il suo esempio dimostra come la scienza, guidata dalla coscienza morale, possa diventare un potente strumento di costruzione anziché di distruzione.
Manifesto Russell-Einstei: un’eredità ancora viva
A distanza di 70 anni, il Manifesto Russell-Einstein conserva ancora una sorprendente attualità: sebbene il contesto geopolitico sia cambiato, le armi nucleari esistono ancora, e nuove minacce — dalla proliferazione alle tensioni internazionali, fino al rischio di incidenti o attacchi terroristici — rendono il messaggio del manifesto più urgente che mai.
Quello firmato nel 1955 non fu solo un appello politico, ma un atto di coscienza, un invito a scegliere la vita contro la logica della distruzione. Rileggerlo oggi significa riscoprire una voce lucida, coraggiosa, umana e, forse, può ancora indicare una via d’uscita.
Paola Greco
Foto di apertura: Пагуошский комитет, Public domain, via Wikimedia Commons