Quali sono le conseguenze di un'esplosione nucleare?

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Da Hiroshima e Nagasaki a Chernobyl: tutti i possibili effetti di un'esplosione nucleare nella storia, passata e futura.

Dopo pochi giorni dall’invasione dell’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha messo in stato di allerta la forza di dissuasione russa. Una dichiarazione che – pur senza essersi tradotta in un reale ricorso alle armi atomiche, almeno per il momento – è immediatamente finita sulle prime pagine dei giornali internazionali, perché fa risorgere una terminologia e una minaccia, quella nucleare, che speravamo appartenesse al passato. Ma come sono avvenute le più celebri esplosioni nucleari della storia e quali effetti hanno provocato?

Le esplosioni nucleari nella storia

Bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki (1945)

Finora le armi nucleari sono state usate in guerra soltanto due volte, a pochi giorni di distanza: si tratta della bomba Little Boy sganciata sulla città giapponese di Hiroshima la mattina del 6 agosto 1945, seguita il 9 agosto dalla bomba Fat Man su Nagasaki. Le immagini della nube a forma di fungo sono su tutti i libri di storia. Le conseguenze furono apocalittiche: morirono tra le 150mila e le 200mila persone, quasi tutte civili.

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Ivy Mike, la prima bomba H (1952)

La prima bomba a idrogeno (anche detta bomba H) si chiamava Ivy Mike. Venne fatta esplodere dall’esercito americano sull'atollo di Enewetak (isole Marshall, all’epoca territorio Usa) il 1° novembre 1952. Sprigionò un’energia compresa fra i 10,4 e i 12 megatoni, cioè quasi mille volte di più rispetto alla bomba atomica di Hiroshima.

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Il dispositivo termonucleare a fusione di Castle Bravo (1954)

Gli statunitensi scelsero sempre le isole Marshall, per la precisione l’atollo di Bikini, per far detonare un dispositivo termonucleare a fusione denominato Castle Bravo il 1° marzo 1954. Il combustibile era una miscela di litio-6 e litio-7, di cui all’epoca non erano ancora pienamente note le proprietà; la potenza dunque raggiunse i 15mila chilotoni, circa il triplo di quella prevista. Gli abitanti dei due atolli vicini non furono evacuati in tempo e subirono le conseguenze del fallout radioattivo; da qui la richiesta di risarcimento avanzata due decenni dopo dal governo delle isole Marshall.

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La bomba Zar sovietica (1961)

Pochi anni dopo fu il turno della più potente bomba a idrogeno mai sperimentata, la bomba Zar. Stavolta non era statunitense bensì sovietica: a progettarla fu un team di fisici capitanati da Andrej Sacharov, lo stesso che successivamente avrebbe preso le difese dei dissidenti e dei perseguitati dal regime fino a essere insignito del premio Nobel per la pace. L’ordigno fu sganciato il 30 ottobre 1961 a 4mila metri dal suolo della baia di Mitjušicha, a nord del Circolo polare artico. Pur trattandosi di una versione depotenziata da 50 megatoni, generò un’onda sismica che fece tre volte il giro della Terra. Il raggio di distruzione totale fu di 35 Km.

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Incidente di Chernobyl (1986)

In questo caso alla base dell’esplosione non ci fu una scelta deliberata, bensì un incidente. Nella notte del 26 aprile 1986, un team di ingegneri era impegnato a eseguire un delicato test di sicurezza nella centrale di Chernobyl, in Ucraina (che, all’epoca, era una Repubblica socialista sovietica). A causa di diversi errori procedurali, si verificarono due esplosioni: il tetto a cupola del reattore 4 saltò in aria e il suo contenuto radioattivo venne liberato nell’atmosfera.

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Gli effetti delle esplosioni nucleari

A seconda della potenza e della causa scatenante, le esplosioni nucleari possono avere conseguenze più o meno ingenti. In generale, queste ultime possono essere suddivise in diverse categorie:

  • La conflagrazione distrugge edifici e infrastrutture nell’arco di metri o, a seconda della potenza, addirittura di chilometri.
  • Si libera una polvere radioattiva che si diffonde nell’atmosfera, generando una contaminazione chiamata fallout. Se la detonazione avviene in aria, il fallout si dice troposferico (nell’atmosfera inferiore) o stratosferico (nell’atmosfera superiore): in tal caso le particelle restano in sospensione per un tempo molto più lungo, viaggiando insieme alle correnti d’aria. Viceversa, al livello del suolo si genera un fallout locale, più intenso e delimitato nel tempo. Fu proprio per via del fallout se, dopo il disastro di Chernobyl, lo iodio radioattivo si depositò sui pascoli e sulle coltivazioni, contaminando il cibo e mettendo gravemente a rischio la salute dei cittadini di tutt’Europa.
  • Se l’esplosione avviene in una zona abitata, la perdita di vite umane può assumere dimensioni catastrofiche. Bisogna conteggiare le persone che muoiono nell’immediato, ustionate o colpite da detriti; e poi quelle che vengono esposte a elevate dosi di radiazioni ionizzanti che portano al loro decesso nell’arco dei giorni o delle settimane successive. A dosi più basse, le radiazioni possono provocare aborti spontanei, malformazioni fetali e patologie come il cancro alla tiroide.
  • Nei pressi dell’ipocentro, tutto ciò che può bruciare va immediatamente a fuoco; man mano che ci si allontana, prendono fuoco soltanto i materiali più predisposti.
  • Le esplosioni nucleari emettono grandi quantità di luce visibile, infrarossa e ultravioletta, provocando danni agli occhi che possono essere temporanei (in caso di abbagliamento) o irreversibili (in caso di ustione della retina).
  • I raggi gamma provocano onde elettromagnetiche che possono distruggere i collegamenti elettrici e interrompere le onde radio.
  • L’onda di pressione può provocare un terremoto.