I vulcani più pericolosi al mondo

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Quali sono i vulcani più pericolosi al mondo? Dove si trovano e cosa li rende una minaccia concreta per milioni di persone? Un viaggio tra i giganti di fuoco più sorvegliati e temuti della Terra.

I vulcani rappresentano uno dei fenomeni naturali più affascinanti e temuti del nostro pianeta. Dalle eruzioni spettacolari che illuminano il cielo notturno alle colate di lava che plasmano il paesaggio, queste montagne di fuoco esercitano da sempre un forte impatto sull’immaginario collettivo. Tuttavia, oltre alla meraviglia, i vulcani portano con sé anche un enorme potenziale distruttivo: alcuni infatti sono situati vicino a centri abitati, altri nascondono al loro interno una potenza esplosiva capace di sconvolgere intere regioni o influenzare il clima globale. Per questo è importante conoscerli e comprenderne i rischi. In questo articolo andiamo a scoprire quali sono i vulcani più pericolosi al mondo, ma prima dell'elenco cercheremo di capire meglio cosa rende davvero pericoloso un vulcano.

Cosa rende un vulcano pericoloso

Non tutti i vulcani rappresentano la stessa minaccia: alcuni sono attivi ma relativamente innocui, mentre altri, anche se apparentemente dormienti, possono esplodere con una forza devastante. La pericolosità di un vulcano non dipende solo dalla sua potenza eruttiva, ma da una combinazione di fattori geologici, geografici e sociali. Capire questi elementi è fondamentale per valutare il rischio reale che un vulcano rappresenta per l’ambiente e per le persone. Ecco i principali aspetti che determinano quanto un vulcano possa essere pericoloso:

  1. Frequenza e tipo di attività eruttiva: un vulcano che erutta spesso può sembrare più pericoloso, ma talvolta sono proprio quelli che appaiono inattivi da molto tempo a destare maggior preoccupazione, perché possono accumulare enormi pressioni prima di un’esplosione. Infatti, le eruzioni esplosive, ricche di gas e ceneri, sono di solito più distruttive di quelle effusive, che producono solo colate di lava.
  2. Composizione del magma: il tipo di magma influisce sul comportamento del vulcano. Magmi più viscosi, come quelli ricchi di silice (tipici dei vulcani esplosivi), tendono a trattenere i gas al loro interno, fino a esplodere violentemente. Magmi più fluidi, come quelli basaltici, permettono ai gas di liberarsi in modo più graduale, dando luogo a eruzioni meno pericolose.
  3. Densità abitativa nelle vicinanze: la presenza di città, infrastrutture e popolazioni nelle zone prossime al vulcano aumenta esponenzialmente il pericolo per le persone. Anche un’eruzione di media intensità può diventare catastrofica se avviene in un’area densamente popolata.
  4. Possibilità di preallarme ed evacuazione: quanto è possibile prevedere l’eruzione e quanto tempo si ha per evacuare le persone fa una grande differenza. Alcuni vulcani sono ben monitorati e offrono segnali chiari prima di un’eruzione, altri sono più imprevedibili o si trovano in territori difficili da raggiungere.
  5. Effetti secondari: colate di fango, frane e ceneri possono causare danni anche a distanza dal cratere. In certi casi, gli effetti indiretti di un’eruzione sono più letali della lava stessa.

La combinazione di questi elementi rende alcuni vulcani veri e propri “sorvegliati speciali”, poiché rappresentano una minaccia complessa e concreta per intere regioni e per i loro abitanti.

I 10 vulcani più pericolosi al mondo

Ma quali sono i 10 vulcani più pericolosi al mondo? Ecco l’elenco, stilato in base alla loro storia eruttiva, alla densità abitativa circostante e al rischio potenziale per la popolazione:

  1. Vesuvio (Italia): sorge a pochi chilometri da Napoli, una delle aree metropolitane più popolose d’Europa, e ha una lunga storia di eruzioni esplosive. La più famosa è quella del 79 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano. Il Vesuvio è attualmente in stato di quiescenza dal 1944, ma la combinazione tra la sua pericolosità intrinseca e la presenza di centinaia di migliaia di persone nella cosiddetta zona rossa rende questo vulcano una minaccia costante.
  2. Mount Pinatubo (Filippine): situato sull’isola di Luzon, a circa 90 km da Manila, è noto per la sua devastante eruzione del 1991, avvenuta dopo oltre 600 anni di quiescenza, con una violenza eccezionale, che provocò un abbassamento temporaneo della temperatura globale di circa 0,5 °C e trasformò il paesaggio circostante costringendo allo sfollamento oltre 75.000 persone. Il Monte Pinatubo è oggi considerato uno dei vulcani più pericolosi al mondo proprio per la sua capacità di generare eruzioni altamente esplosive e per la vulnerabilità della popolazione locale.
  3. Popocatépetl (Messico): conosciuto localmente come “El Popo”, si trova a circa 70 km da Città del Messico. Alto oltre 5.400 metri, è uno dei vulcani più attivi del Centro America, che, negli ultimi anni, ha dato luogo a frequenti esplosioni di cenere e gas. La sua vicinanza a una delle metropoli più popolose del mondo (oltre 20 milioni di abitanti) rappresenta una seria minaccia, anche perché le eruzioni possono provocare danni respiratori su larga scala a causa dell’enorme quantità di cenere prodotta.
  4. Monte Rainier (Stati Uniti): questo imponente vulcano stratificato domina il paesaggio dello stato di Washington. Anche se non è tra i più attivi, il Rainier è considerato estremamente pericoloso a causa della sua capacità di generare “lahar” (colate di fango vulcanico) che potrebbero raggiungere le valli sottostanti in poche ore. Le aree urbane lungo il fiume Puyallup, fino a Tacoma e alla periferia di Seattle, sono particolarmente esposte. La presenza di ghiacciai in vetta aumenta il rischio di frane e scioglimenti improvvisi in caso di attività vulcanica.
  5. Monte Merapi (Indonesia): uno dei vulcani più attivi al mondo, il Merapi si trova vicino alla città di Yogyakarta, in un’area densamente abitata di Giava: le sue eruzioni sono spesso esplosive e improvvise, con frequenti flussi piroclastici e emissioni di gas. L’ultima eruzione di rilievo è avvenuta nel 2021 e la combinazione di attività intensa e vicinanza alla popolazione ne fa uno dei vulcani più pericolosi del sud-est asiatico.
  6. Nyiragongo (Repubblica Democratica del Congo): questo vulcano africano è noto per avere una delle lave più fluide e veloci del mondo. Nel 2002 una colata ha raggiunto in poche ore la città di Goma, causando la morte di centinaia di persone e lasciando oltre 100.000 senzatetto. Il Nyiragongo rappresenta una minaccia costante per la regione dei Grandi Laghi africani, soprattutto per l’imprevedibilità delle sue eruzioni e la difficoltà di evacuare in un’area con scarse infrastrutture.
  7. Taal (Filippine): nonostante le dimensioni ridotte, il Taal è tra i vulcani più pericolosi del mondo. Si trova su un lago vulcanico vicino a Manila, e il cratere attivo è situato su un’isola all’interno del lago stesso. Le sue eruzioni sono violente e imprevedibili, con possibilità di esplosioni freatomagmatiche (con il magma che entra a contatto con l’acqua). L’eruzione del 2020 ha causato la chiusura dell’aeroporto della capitale e l’evacuazione di decine di migliaia di persone.
  8. Eyjafjallajökull (Islanda): questo vulcano di oltre 1.600 metri di altezza è situato su un ghiacciaio, caratteristica che amplifica i fenomeni esplosivi e la produzione di cenere. L’Eyjafjallajökull vanta ben 8.000 anni di attività, ma è salito agli onori delle cronache nel 2010, quando la sua eruzione produsse un’enorme nube di cenere che paralizzò il traffico aereo in Europa per settimane, con la cancellazione di centinaia di voli. L’Eyjafjallajökull è un esempio di come un’eruzione possa avere impatti globali anche senza causare vittime. 
  9. Galeras (Colombia): situato vicino alla città di Pasto, il Galeras è uno dei vulcani più attivi della Colombia, con un lungo passato di eruzioni esplosive e la sua attività è spesso imprevedibile. Nel 1993, durante una visita scientifica, un'improvvisa esplosione causò la morte di diversi vulcanologi e turisti. La vicinanza di centri abitati, unita alla difficoltà di prevedere con precisione i momenti di maggiore pericolo, ne fa un vulcano ad alto rischio.
  10. Sakurajima (Giappone): questo vulcano è noto per la sua attività quasi costante: esplode quotidianamente, lanciando cenere e lapilli sull’isola di Kyushu. Sorge a poche centinaia di metri dalla città di Kagoshima, che ospita oltre mezzo milione di abitanti. Un tempo isola, oggi è collegato alla terraferma da una colata lavica solidificata. Le autorità giapponesi hanno sviluppato sofisticati sistemi di allerta ed evacuazione, ma l’attività continua rende il rischio sempre presente.

Il Vesuvio: il vulcano più pericoloso d’Italia e del mondo

Situato in posizione dominante sul golfo di Napoli, il Vesuvio è considerato non solo il vulcano più pericoloso d’Italia, ma anche uno dei più minacciosi d’Europa e del mondo. La sua fama è legata all’eruzione del 79 d.C., che seppellì Pompei ed Ercolano, ma la sua attività è proseguita per secoli, con l’ultima eruzione avvenuta nel 1944. In quell’occasione, fontane di lava si innalzarono dal cratere fino a 800 metri, distruggendo i paesi alle sue pendici e diffondendo cenere su gran parte del Meridione.

Da allora il Vesuvio è in uno stato di quiescenza, ma un’eruzione futura è considerata inevitabile: la domanda, per i vulcanologi, non è “se”, ma piuttosto “quando”. A rendere più critica la situazione è la presenza di un tappo roccioso che ostruisce il cratere, impedendo la fuoriuscita regolare di gas e aumentando la pressione interna. Questo tappo si è formato a seguito dell’ultima eruzione del 1944: prima di questa data, nel corso degli ultimi secoli, il Vesuvio ha sempre avuto un punto di sfogo, tanto che era ben visibile un pennacchio di fumo.

Ciò che rende il Vesuvio particolarmente pericoloso è la combinazione tra l’immane violenza e potenza esplosiva delle sue eruzioni e l’elevatissima densità abitativa dell’area circostante: oltre tre milioni di persone vivono nell’area metropolitana di Napoli, con circa 600.000 residenti nella cosiddetta “zona rossa”, soggetta a rischio diretto.

L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) lo monitora costantemente tramite una rete di sensori, sismografi e rilevatori geochimici. Esiste un piano di emergenza aggiornato, che prevede l’evacuazione preventiva delle aree più esposte, ma i tempi di preavviso potrebbero essere molto brevi in caso di eruzione improvvisa. Per questo motivo, il Vesuvio rappresenta una sfida costante per la scienza, la protezione civile e le comunità locali, chiamate a convivere con una minaccia silenziosa ma sempre presente.

Supervulcani: cosa sono e perché fanno paura

I supervulcani sono una categoria particolare e rara di vulcani (ne esistono solo 10-12 al mondo) che si caratterizzano con grandi caldere dal diametro di varie decine di chilometri. Si tratta di strutture a livello del suolo, depressioni giganti nel terreno che non sono associabili al collasso di vulcani “classici”, come le normali caldere ed inoltre hanno la capacità di produrre eruzioni enormemente più potenti rispetto ai vulcani ordinari.

La loro forza può modificare il clima del pianeta per anni, causare estinzioni locali e compromettere l’equilibrio degli ecosistemi.

Tra i più noti e più pericolosi supervulcani al mondo ci sono i Campi Flegrei in Italia, Yellowstone negli Stati Uniti e il lago Toba in Indonesia. Fortunatamente, le loro eruzioni sono estremamente rare, ma il potenziale impatto giustifica un attento e costante monitoraggio.

I Campi Flegrei: il supervulcano più pericoloso d’Europa

I Campi Flegrei costituiscono una vasta caldera vulcanica situata nell’area occidentale di Napoli, comprendente i territori di Pozzuoli, Bacoli e Agnano. A differenza del Vesuvio, non si presentano come un cono montuoso, ma come un insieme di crateri, coni e depressioni formatisi in migliaia di anni di attività vulcanica. Si tratta di un supervulcano ancora attivo, che negli ultimi decenni ha mostrato segnali di instabilità sempre più frequenti: tra questi, il fenomeno del bradisismo, ovvero il sollevamento e l’abbassamento lento del suolo.

Il bradisismo è causato dalla pressione esercitata da fluidi caldi e gas magmatici presenti nel sottosuolo. A partire dal 2005, il suolo nell’area di Pozzuoli si è sollevato di oltre un metro, accompagnato da sciami sismici e da un incremento del degassamento. Queste deformazioni non implicano necessariamente un’eruzione imminente, ma rappresentano un campanello d’allarme per i geologi, poiché possono indicare cambiamenti nei sistemi profondi della caldera.

Ciò che rende i Campi Flegrei particolarmente pericolosi è la combinazione tra la loro natura esplosiva e la difficoltà nel riconoscere con anticipo segnali precursori affidabili.

Una possibile eruzione, anche di media entità, potrebbe avere effetti devastanti sul suo territorio densamente popolato, mettendo a rischio centinaia di migliaia di persone. Per questo motivo, l’area è sottoposta a un monitoraggio scientifico continuo da parte dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che analizza dati geochimici, sismici e deformativi. L’intero sistema rientra in un piano di emergenza nazionale, con un livello di attenzione crescente negli ultimi anni a fronte dell’attività osservata.

Paola Greco

Foto di apertura: Foto di Jacob Lawler su Unsplash