àureo (sostantivo)

sm. [dal latino aurĕus (nummus), (moneta) d'oro]. Unità della monetazione aurea romana. Durante la repubblica, Roma coniò poche serie d'oro, nonostante l'oro fosse tesaurizzato nell'erario sotto forma di lingotti o di monete straniere. La prima emissione aurea romana è quella del cosiddetto oro del giuramento, verso il 290 a. C.; seguono l'aureo sesterziario nel sec. III a. C., gli aurei molto rari coniati in Grecia da T. Quinzio Flaminino nel 198 a. C., quelli di Silla e l'aureo rarissimo di Pompeo Magno. Cesare per primo coniò una gran quantità di monete d'oro battendole su un piede di 1/40 di libbra, pari a 8,15 g. Augusto abbassò il peso dell'aureo portandolo a ca. 7,80 g, pari a 1/42 di libbra, e stabilì che un aureo era uguale a 25 danari o 100 sesterzi. Altre riduzioni del peso dell'aureo si ebbero con Nerone e con Caracalla. Durante la grande crisi monetaria del sec. III d. C. il peso dell'aureo subì oscillazioni, specie sotto Gallieno, quando non fu più riferibile a una norma precisa. La regolarità della coniazione d'oro fu ristabilita dai successori di Gallieno, finché Diocleziano portò l'aureo a 1/60 di libbra pari a ca. 5,40 g. Costantino effettuò l'ultima riduzione di peso della moneta d'oro con la coniazione del solido. In epoca imperiale l'aureo presenta sempre al recto il ritratto dell'imperatore o del Cesare o di quei membri della famiglia imperiale ai quali era concesso il diritto di effigie, al verso tipi vari che riflettono la politica imperiale . Fu coniato anche il mezzo aureo o quinario.

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