ANC

sigla dal 1923 dell'African National Congress (Congresso Nazionale Africano), nato nel 1912 come prima organizzazione politica indigena africana con il nome di South African Native National Congress. Dalla sua fondazione sino alla metà del XX secolo la dirigenza del partito, formata da un'élite di neri cattolici, si rese protagonista nella Repubblica Sudafricana di una politica moderata nel tentativo di ridurre progressivamente, e senza l'uso della violenza, la discriminazione razziale. Tale moderazione si rivelò tuttavia sterile di fronte alla promulgazione delle leggi razziali e al montare del nazionalismo degli afrikaners. Una nuova generazione di militanti, tra i quali spiccarono N. Mandela e Oliver Reginald Tambo, promosse pertanto un radicale cambiamento di strategia dando vita nel 1944 all'ANC Youth League, intenzionato a non far più assegnamento sulla benevolenza della minoranza bianca ma a usare la forza numerica dei neri per ottenere l'uguaglianza. La popolarità dell'ANC crebbe quando tra il 1948 e il 1950 il primo ministro sudafricano D. F. Malan rafforzò il regime dell'apartheid. Due anni dopo, l'ANC lanciò insieme con il South African Indian Congress (S.A.I.C., rappresentante la minoranza indiana) un'imponente campagna contro le espressioni del regime razzista. Nonostante questa mobilitazione producesse per la prima volta un massiccio aumento delle iscrizioni al partito, la linea dell'allora presidente A. J. Luthuli apparve troppo moderata all'ala più radicale dell'ANC, che nel 1959 si staccò formando il P.A.C. (Congresso panafricano) sotto la guida del carismatico Robert Mangaliso Sobukwe. Il P.A.C. identificò la lotta alla supremazia bianca con quella per la decolonizzazione in corso in tutta l'Africa e organizzò energiche contestazioni di massa, in particolare una marcia di protesta nel quartiere nero di Sharpeville (duramente repressa dalla polizia) in seguito alla quale l'ANC e il P.A.C. furono dichiarati fuori legge (1960). Al giro di vite del regime, Mandela e altri dirigenti dell'ANC risposero creando, insieme con il Partito comunista sudafricano, un gruppo militare chiamato Umkhonto we Sizwe (Lancia della nazione) che condusse contro i beni di proprietà dello Stato una breve quanto violenta campagna terroristica, conclusasi con l'arresto di Mandela e degli altri leader. Nel decennio seguente l'opposizione dei neri subì durissimi colpi, fin quasi a essere completamente schiacciata, almeno fino alle rivolte esplose a Soweto, dove nel 1976 migliaia di studenti manifestarono per le strade scontrandosi con le forze dell'ordine che ancora una volta spararono suscitando una serie di tumulti nei ghetti di tutto il Sudafrica e determinando l'esodo di parecchie migliaia di giovani neri, molti dei quali si arruolarono come combattenti nell'ANC in Mozambico e in Zambia. Già subito dopo la messa al bando del partito, a Lusaka si era rifugiato Tambo, che vi aveva stabilito il proprio quartier generale facendo fino al 1977 le veci del presidente del partito, il recluso Mandela. Fu proprio sotto la presidenza di Tambo (dal 1969 al 1990) che l'ANC riuscì a dare risonanza internazionale alle rivolte di Soweto e alla prigionia di Mandela. L'ormai evidente ruolo di guida esercitato dal partito nella lotta contro l'apartheid fu altresì rafforzato dall'intensa attività politico-propagandistica di Winnie Mandela, fattasi portavoce delle prese di posizione del marito imprigionato (e lei stessa ripetutamente arrestata), nonché per le battaglie condotte per la scarcerazione di Mandela dall'arcivescovo nero anglicano D. Tutu, divenuto negli anni Ottanta la voce più autorevole levatasi contro le discriminazioni razziali del Paese. Una funzione assai rilevante assolse anche T. Mbeki, che incarnava emblematicamente la grande influenza della tradizione socialista nell'ANC, causa tuttavia di dissensi non solo con il P.A.C., ma anche con l'Inkatha yeNkululeko yeSizwe (Libertà della nazione), movimento fondato nel 1975 dal membro di una delle famiglie zulu più eminenti, Gatsa Buthelezi. Questa organizzazione venne infatti opponendosi dagli anni Settanta alla politica di approvazione delle sanzioni internazionali contro l'apartheid nella convinzione che l'obiettivo dell'eguaglianza sarebbe stato raggiunto solo con lo sviluppo dell'economia di mercato. Ma in realtà fu proprio il progressivo isolamento del governo, propugnato dall'ANC, a spingere il presidente del Sudafrica, F. De Klerk, verso quell'ormai indifferibile svolta antirazzista che nel 1990 portò alla proclamazione del principio dell'eguaglianza razziale e alla liberazione di Mandela e di altri detenuti politici. Legalizzato insieme con il P.A.C. e con il Partito comunista, l'ANC, di cui Mandela diveniva presidente, fu il principale protagonista della delicata fase di transizione avviata da De Klerk. Rinunciando infatti all'uso della violenza, il partito consentì l'apertura dei negoziati politici diretti a porre fine al regime di apartheid (definitivamente abbandonato dopo un referendum tra i bianchi nel 1993) e a instaurare una piena democrazia multirazziale. Nel 1993 fu promulgata una Costituzione provvisoria e l'anno seguente si svolsero le prime libere elezioni, nelle quali l'ANC, sotto la presidenza di Mbeki, otteneva una schiacciante vittoria a danno del P.A.C., assicurandosi la posizione di partito più rappresentativo dei neri sudafricani e, con Mandela, la presidenza della Repubblica. Alle soglie della promulgazione di una Costituzione definitiva (1997), fondatrice di un autentico Stato di diritto, l'ANC allentava i suoi tradizionali legami con i comunisti, diveniva più moderato, accettava pragmaticamente il capitalismo e riusciva infine a far progredire il processo di normalizzazione politica. Malgrado notevoli difficoltà sorte al suo interno (vedi Repubblica Sudafricana), l'ANC si rafforzò ulteriormente, in mano ormai a una battagliera élite politico-economica di neri socialmente in ascesa. Nel 1999, alle seconde elezioni democratiche del Paese, il partito poteva conquistare un largo margine di vantaggio. Il governo si trovava però a fronteggiare la dilagante delusione degli strati più poveri della società sudafricana, in passato fedeli sostenitori dell'ANC e ora colpiti da una disoccupazione galoppante addebitata all'incapacità dell'esecutivo di tenere testa al ristagno economico. Tra il 2000 e il 2001 comunque non si modificava la linea liberal-moderata imboccata dal partito, pronto anzi a proseguire sulla strada della privatizzizazione delle imprese statali, della drastica riduzione del deficit pubblico e della promozione dell'incipiente imprenditorialità degli strati più abbienti dei neri che, in un Paese ancora segnato da una grande povertà, innescavano inevitabili tensioni sociali e conflittualità anche con un tradizionale alleato dell'ANC, la Confederazione dei sindacati del Sudafrica (COSATU). Nel 2007 diventa presidente dell'ANC Jacob Zuma, ma nel 2008, in seguito alle dimissioni del presidente della repubblica Mbeki, il partito subiva una scissione da parte di migliaia di membri che annunciavano la nascita di una nuova formazione politica.

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