Ashanti (etnologia)

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Etnologia

Importante gruppo etnico del Ghana, di stirpe akan, oggi stanziato in prevalenza nel regione omonima. Sebbene nelle città gli Ashanti abbiano sviluppato nuovi costumi basati su un'originale fusione delle antiche tradizioni con elementi culturali europei, in particolare inglesi, la loro struttura sociale di base è rimasta inalterata. Come tutte le genti akan, sono organizzati in clan patrilineariesogamici formati da grandi famiglie patriarcali; si differenziano per la loro cultura e per l'originale arte oltre che per la profonda unità della stirpe. Un ruolo importante hanno gli stregoni preposti ai riti tradizionali e alle cerimonie relative al culto dell'Essere Supremo (Nyame) e degli spiriti locali; vivo è anche il culto degli antenati ai quali si rende collettivamente omaggio una volta all'anno, durante una cerimonia (adae) che dura più giorni.

Storia

La costituzione della federazione ashanti, un tempo considerata frutto di un'influenza almoravide, è in realtà dovuta all'evolversi in entità statali delle genti akan fra i sec. XII e XVI. Verso la fine del 1500 il clan Oyoko degli Akan, che occupavano le foreste meridionali intorno al fiume Pra, estese il suo controllo sulla ricca zona aurifera del Kwamon fondando alcune “città fortificate” che divennero il nucleo dello Stato ashanti. Gli Ashanti si andarono sempre più validamente organizzando fino a dar vita a una federazione retta da una rigida gerarchia politica e militare, sotto il controllo d'un capo supremo, o asantehene, con tipici caratteri sacri. L'unione di vari “regni” akan fu opera dell'asantehene di Kumasi, Osai Tutu (1695-1731), sostenuto dal più importante stregone della regione, Okomfo Anokye: quale “patto” dell'unione fu consacrato il cosiddetto “trono d'oro” che si diceva sceso dal cielo, destinato a divenire il simbolo della vitalità della nazione ashanti. Cresciuta in ampiezza e potenza, la federazione entrò più volte in conflitto con gli stati vicini, in particolare con quello akan di Denkera e con quello costiero dei Fanti, aumentando la sua potenza fino a estendere il proprio controllo su quasi tutto l'odierno Ghana. Sino alla fine del sec. XIX si succedettero almeno dieci re, tutti del clan Oyoko, che organizzarono il territorio favorendo i commerci e la costruzione di ricche piantagioni di palme. Entrati più volte in conflitto con gli Inglesi, dagli inizi dell'Ottocento opposero un'energica resistenza tanto che la lotta si protrasse con alterne vicende per oltre mezzo secolo; ma nel 1873 il generale Wolseley annientò la resistenza degli Ashanti costringendo la federazione a sottoscrivere il Trattato di Fomena (14 marzo 1874). Un ultimo tentativo di ribellione venne stroncato nel 1900 dal colonnello Willcocks; nel 1901 il territorio degli Ashanti fu annesso alla corona inglese e seguì poi le vicende della Costa d'Oro, fino all'indipendenza di questa col nome di Ghana (6 marzo 1957).

Arte

Nel corso degli ultimi tre secoli, la cultura degli Ashanti, e conseguentemente l'arte, si è orientata sempre maggiormente verso il tema dell'oro, al cui commercio erano associati i piccoli pesi d'ottone usati per pesare la polvere d'oro. Fra le più interessanti produzioni artistiche degli Ashanti vi sono i kuduo, recipienti in metallo detti “vasi per le anime”, d'ispirazione religioso-rituale, ottenuti, come i pesi, con la tecnica della “cera perduta”, e ricchi di motivi ornamentali, specialmente nel coperchio. Salvo rare eccezioni, la scultura in legno si limita a figurine in miniatura; ne sono esempi le minuscole bambole della fecondità (akua'ba) che le donne portano addosso annodate al perizoma. Terrecotte invece sono le numerose suppellettili, che presentano notevole varietà stilistica. Sono pure da menzionare come artigianato artistico gli splendidi tessuti di seta e cotone e i manti funebri (adinkra) che vengono ornati a stampo con motivi impressi su matrici di zucca seccata e che hanno valore simbolico.

Bibliografia

W. Claridge, History of the Gold Coast, Londra, 1915; F. A. Fuller, Vanished Dynasty Ashanti, Londra, 1921; R. S. Rattray, Ashanti, Oxford, 1923; idem, Religion and Art in Ashanti, Oxford, 1927; M. Griaule, Arts de l'Afrique noire, Parigi, 1947; C. Kjersmeier, Ashanti Vaegtlodder, Copenaghen, 1948; A. Lloyd, The Drums of Kumasi: the Story of the Ashanti Wars, Londra, 1964; W. Tordoff, Ashanti under the Prempehs, 1888-1935, Londra, 1965; G. Sertino, Proposizioni teoriche e riferimento concreto alla società Ashanti, Torino, 1970; A. Atmore, G. Stacey, I regni neri, Novara, 1979; L. Mair, Regni africani, Milano, 1981.

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