Carlotto, Massimo

Scrittore, saggista, drammaturgo, fumettista, sceneggiatore (Padova, 1956). Inizia l’attività letteraria scrivendo romanzi noir. Nel 1995 pubblica Il fuggiasco, un'autobiografia romanzata sulla sua latitanza dedicata a Silvia Baraldini da cui nel 2003 è tratto un film. Il personaggio più noto di Carlotto, protagonista di dieci romanzi, è l’Alligatore, alias Marco Buratti, un particolare detective privato (per esempio, La verità dell'Alligatore, 1995; Il mistero di Mangiabarche, 1997; Il maestro di nodi, 2002; Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane, 2017). Considerato a livello internazionale uno dei massimi autori di noir e hard boiled, è uno scrittore assai prolifico e ha scritto anche opere non ascrivibili a questo genere tra cui: Le irregolari (1998); Arrivederci amore ciao (2001); Jimmy della collina (2002); Niente più al mondo (2004); Nordest (con M. Violetta, 2005); La terra della mia anima (2006); Mi fido di te (con F. Abate, 2007); Perdas de Fogu (con Mama Sabot, 2008); Alla fine di un giorno noioso (2011); Respiro corto (2012); The black album (con M. Amici, 2012); Cocaina (con G. Carofiglio e G. De Cataldo, 2013); la quadrilogia Le vendicatrici (con M. Videtta, 2013) composta dai romanzi Ksenia, Eva, Luz e Sara; Il mondo non mi deve nulla (2014); La via del pepe. Finta favola africana per europei benpensanti (con A. Sanna, 2014); Il turista (2016); nel 2018, Sbirre (con G. De Cataldo e M. de Giovanni) e Tre passi nel buio (con L. D'Andrea e M. de Giovanni); La signora del martedì (2020). Di numerosi suoi lavori, Carlotto ha curato adattamenti cinematografici e teatrali.
Nel 1976, all'età di vent'anni, è protagonista di un episodio di cronaca nera: militante di Lotta Continua, mentre svolge una sorta di indagine sullo spaccio di eroina, entra in un appartamento da cui, stando alla sua testimononianza, sente provenire grida di aiuto e trova Margherita Magello, ventiquattrenne in fin di vita dopo aver ricevuto 59 coltellate. Carlotto non chiama immediatamente i soccorsi e solo dopo aver raccontato l'episodio a due amici e a un avvocato, si presenta spontaneamente ai Carabinieri accompagnato da un legale. Sebbene egli si autodenunci solo per omissione di soccorso, viene accusato di omicidio volontario. Nel primo processo (1977) è assolto per insufficienza di prove, in appello è condannato a 18 anni di reclusione, pena confermata in Cassazione (1982). Su consiglio del suo legale, prima della condanna definitiva fugge in Francia. Dopo alcuni anni di latitanza viene fermato in Messico ed estradato in Italia, dove ottiene la revisione del processo che porta però nel 1992 a una nuova condanna definitiva. Nel 1993 il Presidente della Repubblica Luigi Scalfaro gli concede la grazia ponendo fine alla vicenda.

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