Consìglio per gli Affari Pùbblici della Chièsa

organismo della Curia Romana con competenza in tutte le questioni che devono essere trattate con gli Stati: relazioni diplomatiche della Santa Sede con i vari governi e cura di tutto quanto concerne le nunziature, internunziature e delegazioni apostoliche. Fondato nel 1814 con il nome di Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari, aveva il compito di coadiuvare la Segreteria di Stato, quale organo consultivo, nel disbrigo degli affari ecclesiastici; da Gregorio XVI in poi, la sua attività si estese agli affari ecclesiastici e politici di maggior rilievo della Segreteria di Stato, comprese anche le trattative concordatarie. La riforma della Curia Romana del 1908 restrinse la sua competenza agli affari affidatigli dal papa in ordine ai rapporti con le legislazioni civili e alle convenzioni con gli Stati. Il Codice di diritto canonico, promulgato nel 1917, lo investì, di nuovo, di un potere ordinario per le questioni che esigevano trattative con i governi. A partire dal 1925, prefetto di questo organismo fu il cardinale segretario di Stato pro tempore. La costituzione Regimini Ecclesiae Universae (1967) di Paolo VI ne mutò il nome in Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, facendone, conformemente alla volontà espressa dai vescovi del Concilio Vaticano II, un organismo distinto dalla Segreteria di Stato, benché a essa strettamente legato. Nel 1988, con la riforma della Curia Romana attuata da Giovanni Paolo II (costituzione apostolica Pastor bonus), le competenze del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa confluirono nuovamente nella Segreteria di Stato, nella Sezione dei Rapporti con gli Stati.

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