sagrestìa o sacrestìa

(ant. sacristìa), sf. [sec. XIV; da sacrista]. Locale separato, ma attiguo alla chiesa, e di norma a lato del presbiterio, dove vengono riposti e conservati gli oggetti e le vesti sacre necessarie per il culto, e dove i ministri indossano i paramenti. In alcune regioni, i fedeli, prima della messa, vi portavano anche i doni e dalla sagrestia , all'inizio della liturgia eucaristica, si snodava la processione per portarli all'altare entro grandi recipienti. Fig.: c'è odore di sagrestia , si avverte la presenza di idee religiose, l'ingerenza del clero. § La sagrestia , derivata dalle absidi minori delle basiliche paleocristiane (protesis e diaconicon), acquistò una propria autonomia nel Medioevo, assumendo soprattutto nel periodo rinascimentale caratteristiche strutturali autonome rispetto all'impianto della chiesa. Celebri sotto il profilo architettonico le due sagrestie di S. Lorenzo a Firenze: la “vecchia” di Brunelleschi e la “nuova” di Michelangelo; altre sono famose per gli affreschi (sagrestia del santuario di Loreto affrescata da Melozzo da Forlì) o i dipinti che vi sono conservati (sagrestia della Salute a Venezia, con tele di Tiziano e Tintoretto).

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