De vulgari eloquentia

trattato in due libri di Dante Alighieri, rimasto incompiuto. Fu composto a partire dal 1304, parallelamente al Convivio, ma fu scritto in lingua latina per convincere i dotti dell'eccellenza del volgare. Il primo libro prende le mosse dall'origine delle lingue, preliminarmente distinte in due tipi: la lingua naturalis o volgare e quella artificialis o gramatica. Dopo la confusione babelica, i popoli che dall'oriente si trasferirono in Europa portarono tre idiomi: il greco, il germanico e il romanzo; quest'ultimo diede origine, a sua volta, a tre linguaggi, distinti in base alla diversa particella affermativa: la lingua d'oil o francese, che ha il primato nella prosa; la lingua d'oc o provenzale, che ha dato espressione alla prima lirica in volgare; e la lingua del , che ha maggiore dolcezza e affinità con il latino, cioè con la gramatica del linguaggio romanzo. Negata la superiorità di un dialetto sugli altri, Dante auspica l'avvento di un volgare nazionale: illustre, cardinale, aulico e curiale. Nel secondo libro, di carattere tecnico, Dante disserta sull'uso che deve essere fatto in poesia del volgare illustre, da riservare agli argomenti elevati. Tra le forme metriche è da preferire quella “tragica” della canzone, della quale sono esaminate le componenti strutturali.

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