Emanuèle Filibèrto

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duca di Savoia, detto Testa di Ferro (Chambéry 1528-Torino 1580). Figlio terzogenito di Carlo III di Savoia e di Beatrice di Portogallo, destinato alla successione per la morte del fratello Lodovico (1536), fu costretto a lasciare il ducato ridotto in rovina dalla debole condotta del padre e occupato dagli eserciti franco-spagnoli in lotta fra loro. Entrato allora al servizio di Carlo V (1545), partecipò alla campagna contro la Lega di Smalcalda segnalandosi nella battaglia di Ingolstadt (1546) e contribuendo alla vittoria di Mühlberg (1547). Prestò servizio in Piemonte sotto Ferrante Gonzaga (1552) e fu con Carlo V al fallito assedio di Metz. Nel 1553 fu luogotenente generale nelle Fiandre e in breve tempo occupò Hesdin. Infine, nominato governatore generale dei Paesi Bassi (1556) e capitano generale, ottenne a San Quintino una significativa vittoria sui Francesi (10 agosto 1557) che gli permise di partecipare alle successive trattative di pace da una favorevole posizione di forza. Con la Pace di Cateau-Cambrésis (1559) poté entrare in possesso di quasi tutti i suoi Stati. Da allora ogni sua attività fu rivolta alla ricostruzione del Paese, alla cui organizzazione diede un'impronta moderna e accentratrice, modellata sull'esempio delle grandi monarchie europee. Spostò il centro di gravità dello Stato dalla Savoia al Piemonte ponendo la capitale a Torino (1563) e introducendo l'italiano come lingua ufficiale dell'amministrazione. Soppresse la vecchia istituzione feudale degli Stati generali e provinciali. Centralizzò in un'unica Corte dei Conti il controllo finanziario. Semplificò e dette unità alla legislazione penale e all'amministrazione della giustizia. Dette incremento al commercio e alle industrie proteggendole con divieti di importazione e tariffe doganali nei confronti della concorrenza straniera. Riordinò le finanze e aumentò gravemente il peso fiscale. Migliorò le comunicazioni e a questo riguardo giovò molto l'acquisto della Contea di Tenda, che assicurò le comunicazioni con Nizza, e di Oneglia, che procurò al Piemonte uno sbocco al mare. Istituì un reclutamento obbligatorio attraverso le parrocchie (da 20 a 25 mila uomini) a cui affiancò contingenti di mercenari non molto numerosi e arruolati prevalentemente nei propri domini. Organizzò inoltre una piccola flotta, alcune unità della quale si batterono a Lepanto, e fondò l'ordine dei Cavalieri di S. Maurizio per la lotta contro i barbareschi. Uomo di sincera fede cattolica, corrispose allo spirito della riforma tridentina, ma non esitò a entrare in conflitto con l'autorità religiosa quando sembrò ledere i diritti dello Stato. L'opportunità politica e l'influenza della moglie Margherita di Valois gli consigliarono l'adozione di una politica di tolleranza nei confronti dei sudditi non cattolici e nei rapporti con gli ugonotti di Francia e coi riformati svizzeri. In politica estera seppe profittare delle difficoltà interne della Francia per ottenere la liberazione di gran parte del territorio (1562) e nel 1575 poté finalmente entrare in possesso degli ultimi centri ancora occupati. Morì nel vigore degli anni, quando l'opera iniziata non era stata ancora portata a compimento.

Bibliografia

Autori Vari, Storia del Piemonte, Torino, 1960; M. Levi, Il duca invitto, Novara, 1987.

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