Firdusi

pseudonimo (propr. il Paradisiaco) del poeta persiano Abū'l Qāsim Ḥasan (sec. X-XI). Originario di Tūs, nell'est dell'Iran, e proveniente da una famiglia di proprietari terrieri, depositari nella Persia di quei tempi di alcune delle tradizioni preislamiche, Firdusi è il creatore della poesia epica nella letteratura neo-persiana. Nonostante la sua grandissima fama in Persia, non molte, e in parte contaminate dalla leggenda, sono le notizie sulla sua vita. A quarant'anni Firdusi fu incaricato da Maḥmū'd di Ghazna, l'allora signore turco dell'Asia centrale, di riunire in un grande poema le antiche tradizioni e leggende dell'Iran preislamico. Ma, terminata l'opera, il poeta, sembra per la scarsa entità del compenso, abbandonò sdegnato la corte di Maḥmū'd e dopo un periodo trascorso presso i Bāvand, signori del Tabaristān sul Mar Caspio, si ritirò in solitudine nella sua città natale, dove morì intorno al 1020 senza aver visto il tardivo pentimento di Maḥmū'd. La sua opera principale è lo Šāhnāma (Libro dei re), grandiosa cronaca in versi (ca. 60.000 distici) della storia di Persia, dalle origini fino alla conquista araba. Basato su fonti redatte in lingua medio-persiana, il poema è un ricchissimo susseguirsi di episodi leggendari, cui Firdusi conferisce valore e realtà storica. Anche linguisticamente il poema è interessante, perché Firdusi cercò di servirsi il meno possibile del lessico arabo, abbondantissimo oggi come ai suoi tempi in neo-persiano, utilizzando invece molti termini puramente iranici, ma già da allora in disuso. Ancora di Firdusi, appartenente al periodo di esilio in Tabaristān, è la celebre Hujā, una violentissima satira composta contro Maḥmū'd.

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