Gerusalèmme liberata, La-

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poema epico in 20 canti, in ottave, di T. Tasso. La composizione dell'opera fu portata a termine dal poeta nel 1575; la prima edizione (dopo quella, incompleta, del 1580) uscì nel 1581 senza il consenso dell'autore, rinchiuso già da due anni come pazzo nell'ospedale ferrarese di Sant'Anna. Nella struttura del poema spicca il tema epico-eroico delle armi, dove trova la sua più chiara espressione il gusto della regola e della tecnica, generato dalla celebrazione del mondo della corte, che costituisce il motivo ispiratore dell'opera: sono rimasti celebri i duelli della Gerusalemme liberata, che procurarono a Tasso, nel Seicento, la fama di maestro in materia di scherma e di cavalleria. Ma l'ideale della corte si traduce anche nel gusto scenografico, che informa di sé anche il tema religioso: si ricordi la processione al monte Oliveto, dove la religione è sentita soprattutto come liturgia e spettacolo. Al di là di ogni coreografia, tuttavia, l'ispirazione religiosa si esprime, nel poema, come anelito struggente al divino, come assillo di fronte all'“aspra tragedia dello stato umano”. In questa prospettiva di perplessità davanti all'ignoto si giustifica la presenza dell'elemento magico, che trova la sua più riuscita individuazione nella figura di Armida, la maga che, diventando vittima delle sue arti e innamorandosi di Rinaldo, suo prigioniero, personifica il trapasso dal motivo magico a quello amoroso, il quale assume nella Gerusalemme liberata un forte risalto. L'amore è sentito da Tasso come voluttà sensuale, in conflitto con il dovere e la coscienza, come segreto struggimento (si veda l'elegiaca vicenda di Erminia e Tancredi) o come sofferenza che conduce alla morte (si ricordi l'episodio di Tancredi che uccide l'amata Clorinda). In ogni caso l'amore è sempre immerso in una condizione di inquieta solitudine, e si risolve in un ritmo di illusione che svanisce in delusione, in un sogno che si dissolve in uno sconsolato rimpianto. Nella medesima atmosfera silenziosa e assorta sono immersi anche i personaggi non coinvolti in vicende amorose, Argante e Solimano, il cui vero epos non è quello fragoroso delle armi, ma quello interiore e tragico della solitudine che li attanaglia nel momento in cui vanno incontro alla morte; e vi sono immersi anche i paesaggi che, trascorrendo dai lussureggianti colori del giardino di Armida alle tenebre fosche della selva incantata, richiamano al senso della caducità e al desiderio di annullamento nell'eterno.

B. Croce, Storia dell'età barocca in Italia, Bari, 1929; A. Momigliano, Commento alla Gerusalemme liberata, Firenze, 1946; M. Fubini, Studi sulla letteratura del Rinascimento, Firenze, 1947; G. Getto, Nel mondo della “Gerusalemme”, Firenze, 1968; F. Di Carlo, Invito alla lettura di Torquato Tasso, Milano, 1990.

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