Generalità

Poema allegorico in endecasillabi concatenati in terza rima composto in volgare da Dante Alighieri. Comprende 100 canti (uno introduttivo e 33 per ognuna delle tre cantiche: Inferno, Purgatorio, Paradiso) e descrive poeticamente l'itinerario dell'uomo – soggetto concreto di attività morale – dalla presa di coscienza delle proprie tendenze erronee e potenzialità buone al possesso del Bene infinito.

La genesi e il pensiero

Alla genesi dell'opera concorsero le più vitali esperienze biografiche e spirituali dell'Alighieri, così che – nell'unità di un'invenzione artistica originalissima – essa è la “summa” delle riflessioni dantesche sull'amore e la conoscenza, sulla fede e la filosofia, sulla politica e l'etica. La meditazione interiore di Dante, iniziatasi a livello del puro sentimento con la Vita nuova, si volse ben presto a problemi etici e sociali, e, mentre l'uomo faceva le sue prove nelle cure della politica cittadina (cui seguì il bando), nello scrittore e nel poeta assunse le forme d'una riflessione filosofica e conoscitiva che – resa più viva e sofferta dall'esperienza dell'esilio – trovò prima espressione nel Convivio. Nel trattato filosofico non solo emergono concetti politici fondamentali (quali la necessità e romanità dell'impero), ma anche il senso e l'importanza di un'eticità che trascende l'impegno politico di parte e le considerazioni contingenti. La meditazione etica e politica nasce ora in Dante dalla considerazione della tragica situazione presente, dovuta al disinteresse degli imperatori e alla corruzione della curia romana. Priva della guida dell'imperatore (rimedio all'umana cupidigia) e del papa (detentore dell'insegnamento evangelico), l'intera umanità non può perseguire i due fini, naturale e soprannaturale, cui è provvidenzialmente ordinata: la felicità terrena, fondata sull'esercizio delle virtù morali e intellettuali; la beatitudine eterna, frutto delle virtù teologali, che in terra si pregusta nella vita della Grazia. Mutuata dai classici la convinzione del valore conoscitivo e didattico della poesia, Dante (interrotti Convivio e De vulgari eloquentia) attua quindi l'idea di un'opera di più vasto respiro, poetica nella forma, che, in assenza delle guide provvidenziali, gli consenta di cercare per sé e indicare agli altri la “diritta via” per giungere rettamente ai due fini, ponendo sé e la propria vicenda narrativa come concreto exemplum di rappresentazione universalmente valida. Nasce così la Commedia, sulla scia dei grandi poemi allegorici della latinità medievale e insieme della medievale esegesi dell'Eneide e dell'Ecloga IV di Virgilio, nonché radicalmente ispirata alla tradizione del pensiero biblico e cristiano. In essa l'Alighieri mostra i mali del presente e ne addita il rimedio nell'obbedienza ai provvidenziali disegni divini non meno che nell'attiva e razionale partecipazione dell'uomo alla loro realizzazione nel mondo delle cose e dello spirito: protagonista e insieme narratore della propria esperienza, mentre “agisce” singolarmente, Dante si pone su un piano più alto di insegnamento e di giudizio, descrivendo il colpevole rifiutarsi dello spirito a se stesso nell'Inferno, la possibilità del riscatto nel Purgatorio, la felicità suprema dell'appagamento spirituale nel Paradiso.

La lettera e l'allegoria

Argomento del poema è la narrazione letterale del viaggio oltremondano di Dante, che ha inizio il venerdì santo del 1300. Smarritosi in una selva e ostacolato nel tentativo di uscirne da tre fiere (una lonza, un leone, una lupa), il poeta è soccorso da Virgilio, inviato dal Cielo in suo aiuto. Ha inizio così la discesa nell'Inferno, baratro in forma di cono rovesciato che si sprofonda sotto la superficie dell'emisfero boreale fino al centro della Terra, suddiviso in nove cerchi. Vi sono racchiusi personaggi mitici e storici di ogni tempo, puniti in un crescendo di gravità secondo le disposizioni al male teorizzate nell'Etica aristotelica: incontinenza, matta bestialità, malizia. Gli incontinenti occupano i cerchi dal secondo al quinto: essi sono i lussuriosi (tra i quali Paolo e Francesca), i golosi, gli avari e prodighi, gli iracondi e accidiosi. La matta bestialità o violenza è punita nel settimo cerchio, distinto nei tre gironi dei violenti contro il prossimo, dei violenti contro se stessi (tra i quali è Pier delle Vigne) o contro le proprie cose, e dei violenti contro Dio, contro la natura (come Brunetto Latini) e contro l'arte. La malizia o frode è punita nell'ottavo cerchio o Malebolge, dove sono coloro che commisero frode ai danni di chi non si fidava, distribuiti in dieci bolge (seduttori, adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordie, falsari), e nel nono cerchio, dove sono i traditori, che frodarono coloro che si fidavano, divisi in quattro zone: Caina (traditori dei parenti), Antenora (traditori della patria, tra i quali è il Conte Ugolino), Tolomea (traditori degli ospiti) e Giudecca (traditori dei benefattori). Non rientrano in questa ripartizione, perché sono al di fuori dello schema aristotelico delle colpe, ma non possono essere ignorate dal poeta cristiano, le anime del Limbo, che non hanno conosciuto il vero Dio (I cerchio) e quelle degli eretici che a Dio si sono ribellati (VI cerchio), tra i quali è Farinata degli Uberti. Nel vestibolo sono confinati gli ignavi. Al fondo è confitto Lucifero, che tormenta in eterno i traditori della Divinità (Giuda) e dell'Impero (Bruto e Cassio). Per un passaggio naturale i due poeti pervengono quindi alle sponde del Purgatorio (montagna altissima, circondata dal mare australe, posta agli antipodi di Gerusalemme) e ne salgono le sette balze. In esse le anime dei morti in grazia di Dio purificano, in ordine decrescente di gravità, le colpe connesse con i sette peccati capitali, secondo le tendenze erronee che l'amore naturale, in sé retto, può assumere nell'uomo: desiderio del male del prossimo, negligenza nell'amore verso Dio, eccessivo amore ai beni terreni. Il desiderio del male si purifica nelle tre cornici dei superbi (tra i quali il miniatore Oderisi da Gubbio), degli invidiosi (come la senese Sapia) e degli iracondi (come Marco Lombardo); della negligenza nell'amore verso Dio o accidia si fa espiazione nella quarta cornice; infine, dell'amore per eccesso dei beni terreni si fa ammenda nelle ultime tre cornici, degli avari e prodighi (tra i quali ultimi è Stazio), dei golosi (dei quali fa parte Forese Donati, amico di Dante) e dei lussuriosi (e, tra loro, Dante incontra Guido Guinizzelli). Prima del Purgatorio propriamente detto è l'Antipurgatorio, dove sono le anime dei negligenti che tardarono a pentirsi, distinti nelle quattro schiere dei morti scomunicati (tra i quali è Manfredi), dei pigri, dei morti violentemente (come Buonconte da Montefeltro), dei principi. Sulla cima del Purgatorio è il Paradiso terrestre, sede naturale dell'uomo prima del peccato d'origine: ivi, a dieci anni dalla sua scomparsa, Dante ritrova Beatrice, anima beata. Ella presiede alla sua finale confessione e purificazione che, insieme alla contemplazione della processione mistica simboleggiante la storia dell'umanità e della Chiesa, prepara il pellegrino a salire al Paradiso celeste. La struttura di esso, dedotta dal sistema tolemaico, comprende nove cicli concentrici e ruotanti intorno alla terra. Essi sono contenuti dall'Empireo, sede immobile di Dio e dei beati, i quali tuttavia compaiono nei singoli cieli (cui Dante è innalzato da Beatrice) per render comprensibile il criterio di proporzionalità tra ricompensa eterna e grado di perfezione spirituale delle anime. Il primo cielo è quello della Luna, dove sono gli spiriti che mancarono ai voti: tra loro è Piccarda Donati. Seguono i cieli di Mercurio (spiriti attivi, tra i quali è Giustiniano), di Venere (spiriti amanti), del Sole (spiriti sapienti, tra i quali sono San Tommaso e San Bonaventura, che fanno l'elogio, rispettivamente, di San Francesco e di San Domenico), di Marte (spiriti militanti, tra i quali è Cacciaguida), di Giove (spiriti giusti, che formano la figura di un'aquila), di Saturno (spiriti contemplanti, tra i quali sono San Pier Damiani e San Benedetto), delle Stelle Fisse, del Primo Mobile. Contemplati, nell'Empireo, il consesso dei beati e degli angeli e la finale gloria di Beatrice, Dante gode infine per un istante la visione diretta di Dio nella sua essenza trinitaria. Sul piano allegorico, l'itinerario di Dante, personaggio e viandante, corrisponde alla storia interiore e concreta della sua anima. Egli parte dalla presa di coscienza della propria negazione di essere spirituale, simboleggiato dalla selva e dalle tre fiere, figure delle passioni radicali dell'umana natura: lussuria, superbia, cupidigia. Il primo passo verso la salvezza è il recupero della razionalità, cui presta la sua voce Virgilio, poetico simbolo della vita dello spirito (di cui anche l'arte è espressione) e insieme della romanità, sentita come momento provvidenziale della storia umana. L'esperienza spirituale di Dante procede quindi con il formarsi, attraverso esempi storicamente concreti, di un giudizio morale e religioso sull'uomo, considerato nella sua vicenda terrena, ma giudicato in rapporto al proprio destino di anima immortale. In tal modo, nelle figure di incontinenti, di violenti, di fraudolenti, di traditori, il poeta viene tipologicamente conoscendo la sempre più colpevole e volontaria rinuncia dell'uomo al retto esercizio della volontà e razionalità. L'Inferno è infatti la rappresentazione per via di immagini del negarsi dello spirito a se stesso nel cosciente rifiuto delle proprie caratteristiche vitali, del suo farsi istinto, bestia, inerte materia; ma, nello stesso tempo, anche del progressivo riscatto del protagonista, attraverso un giudizio, per ora solo negativo, che diverrà costruttiva purificazione nel Purgatorio. Ivi, attraverso la personale, faticosa ascesa e l'altrui espiazione contemplata e spiritualmente sofferta, Dante restaura in sé la perfezione di natura, frutto dell'attiva esplicazione delle quattro virtù cardinali, senza le quali non può dispiegarsi il concreto esercizio del libero arbitrio, caratteristica dell'uomo e fondamento del suo terreno operare nell'ambito di una società civilmente organizzata. L'esperienza dantesca del Purgatorio deve essere infatti ricondotta al concetto di socialità come amore e virtù in atto: pienezza e circolarità dello spirito che riconosce nell'arte e nella storia, oltre che nei fondamenti di una civile convivenza, gli elementi validi non solo allo sviluppo di un'individuale spiritualità, ma anche di un rapporto interumano all'insegna della comunicabilità. Riconquistata la propria naturale perfezione (riconosciutagli, nel congedo, da Virgilio), a Dante si apre ora la vita della Grazia, cui lo introduce Beatrice, succedendo al “dolce pedagogo”: il nucleo della Commedia, quanto all'invenzione, è forse proprio in quest'incontro, in cui la prima ispiratrice dell'uomo e poeta Dante, ora anima beata e sempre (come e più che nella Vita nuova) specchio del Divino, riprende il suo ruolo, riapparendogli al centro della “sacra rappresentazione” della storia dell'umanità e della Chiesa. Qui è anche il punto di sutura tra la ricerca personale del poeta e quella, universale, cui tende tutta la storia umana, dal peccato originale alla rivelazione al drammatico presente. La sovrannaturale, gioiosa conclusione di tale ricerca è la beatitudine celeste rappresentata nel Paradiso, poetica immagine di quel rinnovamento spirituale e civile che Dante sperimenta in sé e sogna per l'intera umanità, e insieme celebrazione dei due temi (legati ancora a Beatrice) dell'amore e della conoscenza. La coralità delle immagini e delle rappresentazioni, la luce dello sguardo dell'amata e degli spettacoli celesti sono l'espressione della caritas perfetta che anima la città di Dio e procede dalla diretta conoscenza di Lui e dalla gioiosa obbedienza alla Sua volontà. Essa si esprime nella pronta adesione ai desideri di Dante, nelle celebrazioni agiografiche, nel rimprovero al mondo sviato non meno che nell'insegnamento delle verità scientifiche, filosofiche, teologiche, e tocca il vertice da un lato nell'investitura morale che il poeta riceve da Cacciaguida, dall'altro nella finale visione di Dio che spiritualmente unisce il pellegrino ancora militante con i beati della Chiesa trionfante.

La poesia e lo stile

Nei suoi contenuti etici, speculativi, religiosi, la Commedia è anzitutto sicura glorificazione della poesia come altissima espressione dello spirito umano e come mezzo di conoscenza. Nelle tre cantiche non solo le varie componenti appaiono mirabilmente fuse nell'invenzione poetica, ma è anche riconquistata l'unità tra vita spirituale ed espressione artistica affermata al tempo della Vita nuova. Così i personaggi esemplari del poema non si pongono come astratte personificazioni, ma sono realtà concrete di una vita e di una cultura di volta in volta considerate, superate o esaltate alla luce di un giudicare tutto spirituale, in cui tuttavia il poeta conserva la capacità di tratteggiare con mano sicura le singole personalità e le loro riflessioni (vedi i contenuti di vita poetica e sentimentale, di dignità civile, culturale, umana negli episodi di Francesca, Farinata, Brunetto, Ulisse, nell'Inferno; vedi, nel Purgatorio, la poesia dei sentimenti e le meditazioni sull'arte, in particolare negli incontri con Bonagiunta, Guido Guinizzelli, Arnaut Daniel). Tale giudizio e varietà artistica di rappresentazione si dispiegano come celebrazione della personale convinzione religiosa e come poetica sintesi della spiritualità del poeta nel Paradiso, là dove i grandi temi della politica, della moralità, della scienza, della fede si ripropongono nelle alte narrazioni di Giustiniano e Cacciaguida, nelle “vite” dei santi e nei loro accorati o sdegnati appelli all'umanità, nella geometrica, intellettuale poesia delle immagini-simbolo. Di tanto complessa creazione artistica è componente e fondamentale espressione lo stile, la cui caratteristica è il plurilinguismo, fondato sull'opzione per lo stile “mediano” o “comico”, che consente al poeta di toccare tutti i registri dell'umana comunicabilità, dal tragico al realistico, dal lirico al grottesco, dal metaforico al didascalico. Superando e riassumendo tutte le passate esperienze di pensiero e d'arte dell'autore e del suo tempo, esso si avvale del recupero di arcaismi e latinismi, della coniazione di neologismi, dell'uso di francesismi e provenzalismi, di voci dialettali: consumata espressione di altissima tecnica e d'arte raffinata, sia che Dante affronti, entro la cupa atmosfera infernale, la rappresentazione poetica dello scontro tra carne e spirito (culminante nelle rime “aspre e chiocce”), sia che svolga quei temi sereni e vitali del Purgatorio (perdono e pentimento, amore e amicizia, carità fraterna e attesa di Dio) che, attraverso la sostenuta allegoria liturgica del Paradiso terrestre, conducono senza soluzione di continuità al linguaggio dell'ineffabile del Paradiso. In esso ispirazione lirica e solenne concettosità dottrinale, potenza fantastica e alta retorica, contenuti simbolici e capacità descrittive della parola sono esaltate e fuse in una poesia d'ineguagliata altezza.

Bibliografia

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