Naturalismo e decadenza: gli arazzi e i ritratti

Pittore e incisore spagnolo (Fuendetodos, Saragozza, 1746-Bordeaux 1828). Allievo a Saragozza di J. Luzán y Martinez, si trasferì a Madrid nel 1763, dove tentò per due volte senza successo di essere ammesso all'Accademia di S. Fernando; fu questo il primo contatto con l'ambiente artistico ufficiale dominato in quegli anni da Mengs e dai Tiepolo che, insieme a Velázquez e ai pittori di più pura tradizione spagnola, costituivano il nucleo sul quale maturò, fino a trascendere momenti e correnti culturali, il linguaggio figurativo di Goya. Proprio in quanto sintesi e superamento degli esiti estremi dell'arte barocca e di quella neoclassica intesa come antitesi alla prima, l'opera di Goya assume un significato essenziale, d'anticipazione, nell'ambito della coeva cultura europea, aprendo la via alle esperienze dell'impressionismo, del surrealismo e dell'espressionismo. Nel 1770 Goya si recò in Italia; a Parma partecipò a un concorso dell'Accademia cittadina, ottenendo un secondo posto. Di ritorno a Saragozza (1771) gli venne affidata la decorazione a fresco del coretto di Nostra Signora del Pilar e della certosa Aula Dei (1772-73); il garbato eclettismo di queste prime opere, influenzate dagli esempi di F. Bayeu (di cui Goya sposò la sorella), è animato da brani intensamente coloristici che preludono a soluzioni della maturità. Tornato a Madrid, nel 1776 gli fu commessa una serie di 43 cartoni per la manifattura di arazzi di S. Barbara (oggi al Prado), eseguiti tra il 1776 e il 1791: le scene di vita madrilena (Il parasole; Rissa alla “Locanda nuova”, 1776-80) e le stagioni (1786), di un fresco naturalismo, sono immerse in un plein air luminoso, giocato su tonalità schiarite, che testimonia della sua conoscenza della pittura francese di genere e della scuola veneta; nell'ultima serie di cartoni, che hanno per soggetto i giochi (La gallina cieca; Il fantoccio, 1791), una vena di malinconica ironia, un sospetto di decadenza si insinua nell'idillio settecentesco e sembra sul punto di sgretolarne l'ottimistico contenuto. Nominato accademico di S. Fernando nel 1780, nel 1781 gli fu affidata l'esecuzione di una pala per S. Francisco el Grande (Predica di S. Bernardino, 1781-84). Il crescente successo negli ambienti aristocratici, che trovò conferma nella nomina a “pittore di camera” del re Carlo IV, è testimoniato da una serie di bellissimi ritratti, genere che Goya coltivò fino agli anni estremi; a interpretazioni che riecheggiano la classica eleganza di Mengs (Conte di Miranda, 1774, Madrid, collezione Lazara; Conte di Floridablanca, 1783, Madrid, Banco Urquijo; Il duca d'Alba, 1795, Madrid, Prado), si alternarono ritratti ispirati alla scuola inglese di Gainsborough e Reynolds (La marchesa de Pontejos, ca. 1788, Washington, National Gallery; La famiglia d'Osuna, 1789-90, Madrid, Prado; La duchessa d'Alba, 1797, New York, Hispanic Society) per approdare al ritratto psicologico e naturalistico (Josepha Bayeu, Madrid, Prado; Isabela Cobos de Porcel, 1805, Londra, National Gallery; le due Majas, ca. 1800, Madrid, Prado; Isidro Máiquez, 1807, Madrid, Prado); del 1799, anno in cui Goya venne nominato primo pittore del re, sono i ritratti di Carlo IV a cavallo e Maria Luisa a cavallo (Madrid, Prado), dell'anno successivo la Famiglia di Carlo IV; attraverso lo splendido apparato del ritratto aulico la realtà psicologica e umana dei personaggi, osservati con impietosa ironia, ci raggiunge nella sua tragica povertà.

La crisi: dal reale l'irrazionale e il mostruoso

Negli anni tra 1790 e il 1810 vennero chiarendosi i motivi d'ispirazione più profondi e personali dell'opera di Goya , attraverso una crisi che coinvolse l'uomo e il suo mondo: da un lato la malattia che lo colpì nel 1792 lasciandolo completamente sordo, dall'altro una crisi di sensibilità e di pensiero, sollecitata dagli avvenimenti politici della Spagna durante l'infausto regno di Carlo IV e dell'Europa intera scossa dalla Rivoluzione francese prima e dalle invasioni napoleoniche poi. La cultura del Settecento illuminista cedeva di fronte all'imponenza dei contrasti sociali, delle guerre, delle rivoluzioni, di cui la ragione scopriva la tragica irrazionalità che Goya trascrisse facendo scaturire dal reale l'irrazionale e il mostruoso. Segnano altrettanti momenti nell'approfondimento della nuova tematica di Goya le Divagazioni popolari del 1793 (Funerale della Sardina; Processione di flagellanti; Tribunale di Inquisizione; Madrid, Academia de San Fernando), dove il soggetto popolaresco e di costume assume un significato etico e storico che va ben oltre la pittura di genere; gli appunti dei taccuini di Madrid e Sanlúcar (1794-95), immenso materiale di “pensieri” per le 84 incisioni ad acquaforte e acquatinta dei Capricci (edite nel 1799) ; gli affreschi di S. Antonio de la Florida, presso Madrid; le incisioni dei Disastri della guerra (1808-09), che illustrano le vicende di Spagna in quegli anni, come le due più tarde tele Carica dei Mamelucchi e Il 3 maggio 1808 a Madrid: le fucilazioni alla montagna del Principe Pio (1814) ; le incisioni dei cicli Tauromachia (1815-16), Disparates o Proverbios (1813-15 e 1817-18), ideale proseguimento dei Capricci.

Un nuovo linguaggio figurativo

Goya si apre a nuovo linguaggio figurativo pienamente romantico che usa liberamente la deformazione espressionistica, l'allusione simbolica è una tecnica impressionistica che esaspera drammaticamente i contrasti di colore e di luce: punto d'arrivo le allucinanti visioni dipinte a olio sulle pareti della Quinta del Sordo (1819-23), la casa di Carabanchel dove Goya si ritirò nel 1819, e oggi conservate al Prado: in Crono divora i suoi figli, Rissa a bastonate, le Parche , Visione fantastica, il mostruoso, l'enigma, il simbolo assumono un significato universale e si fondono a comporre quella “mitologia” pessimista che è espressione della sensibilità di Goya maturo. Nel 1819 eseguì La comunione di Giuseppe Calasanzio e La preghiera nell'Orto (Madrid, Scuole Pie di S. Antonio abate) con insolita e commossa partecipazione al soggetto sacro. Dopo la restaurazione dell'assolutismo, Goya lasciò Madrid (1825) per la Francia; si stabilì a Bordeaux dove visse un estremo periodo di fervida attività: preparò le 5 litografie dei Tori di Bordeaux (1825) e dipinse alcuni ritratti (La lattaia di Bordeaux, 1827, Madrid, Prado; Molino, 1828, collezione privata) di tecnica liberissima, tra le più alte espressioni della sua arte. "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 8 pp 104-139" "Per approfondire Vedi Gedea Arte vol. 8 pp 104-139"

E. Lafuente Ferrari, Antecedentes, coincidencias y influencias del arte de Goya, Madrid, 1947; E. Lafuente Ferrari, Los Desastre de la Guerra de Goya y sus dibujos preparatorios, Barcellona, 1952; D. Formaggio, Goya, Novara, 1960; F. S. Sanchez Cantón, Le pitture nere di Goya alla Quinta del Sordo, Milano, 1963; I. Gudiol, Goya, Milano, 1965; A. De Paz, Goya, Napoli, 1990.

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