Hamilton, Alexander

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uomo politico americano (Nevis, Antille, 1757-New York 1804). Abbracciò la causa dell'indipendenza mentre era ancora studente mettendosi ben presto in luce per l'acutezza del suo ingegno. Allo scoppio della guerra (alla quale partecipò anche come combattente) si fece notare da Washington, che nel 1777 lo incluse tra i suoi più stretti collaboratori. Al termine del conflitto, durante il grande dibattito costituzionale, insieme a Madison e Jay (con i quali capeggiava il Partito federalista) pubblicò (1787-88) in difesa della costituzione federale alcuni scritti, che, raccolti nel volume The Federalist, costituiscono un classico della letteratura politica. Washington lo scelse come segretario al Tesoro (1789-95), incarico delicato e difficile che tuttavia gli diede modo di influire in misura determinante sull'assetto amministrativo del Paese. I suoi provvedimenti finanziari costituirono infatti delle costanti della politica economica americana anche negli anni seguenti. La sua azione di governo fu ispirata a una visione politica maturata nel proprio ambiente sociale, quello dell'oligarchia mercantile di New York, che vedeva l'avvenire del Paese nello sviluppo di una grande potenza marittima. Per dare una struttura finanziaria all'Unione, Hamilton assunse a carico del governo i debiti degli Stati e risolse il problema dei mezzi di pagamento con l'istituzione di una tariffa doganale esterna. Questa misura, oltre a costituire un espediente finanziario, introduceva il protezionismo e legava al governo federale, mediante il vincolo dell'interesse, la classe mercantile-imprenditoriale della costa atlantica. Allo stesso scopo mirava l'istituzione della Banca degli Stati Uniti (1791). Morì ucciso in duello da A. Burr, suo avversario politico.

L. Levi, Hamilton e il federalismo americano, Torino, 1965; G. Santieri, L'idea federalista nel mondo, Torino, 1977.

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