Intifada

sf. arabo (propr. scossa, insurrezione). Termine usato per la prima volta per indicare la ribellione dei Palestinesi nei territori occupati da Israele nel 1967 (Cisgiordania e Gaza). Esplosa spontaneamente in seguito alla morte di quattro Palestinesi investiti da un camion di coloni l'8 dicembre 1987, l'Intifada si è subito estesa nei giorni successivi divenendo ben presto la forma permanente della protesta palestinese contro l'occupazione. La “rivolta delle pietre”, com'è anche stata definita l'Intifada dalle armi usate per contrastare gli interventi dell'esercito israeliano contro le manifestazioni, ha presentato un grave bilancio: nei primi quattro anni, 1000 Palestinesi caduti (moltissimi dei quali adolescenti), oltre 100.000 feriti e decine di migliaia di arresti. Nello stesso periodo hanno perso la vita ca. 60 Israeliani (tra civili e militari) e oltre 300 Palestinesi uccisi dai loro stessi concittadini perché accusati di collaborazionismo. Se queste cifre dimostrano l'entità della tragedia che continua a consumarsi in Palestina, tuttavia l'Intifada, con il suo carattere sostanzialmente pacifico e per la totale adesione degli abitanti dei territori occupati, ha fatto guadagnare alla sua causa una forte solidarietà internazionale e ha indicato alla stessa OLP, che l'ha fatto definitivamente proprio, l'obiettivo della creazione di uno Stato palestinese nei territori occupati e della coesistenza pacifica con lo Stato di Israele: ciò ha portato, dopo le laboriose trattative iniziate a Madrid (1991), agli accordi di Oslo (1993-1995) e del Cairo (1994) con il quale si è riconosciuto all'OLP il governo di una parte dei territori occupati. Nonostante la dura repressione (secondo stime israeliane nell'aprile del 1994 l'Intifada era costata la vita a 2156 palestinesi, con 18.967 feriti, e 219 israeliani, con 7872 feriti), Israele non riusciva a porre fine alla rivolta che, dopo una fase di relativa stasi, riprendeva nel 1996-1998 in conseguenza della crisi del processo di pace e toccava il suo vertice nel settembre del 2000, in seguito alla visita del leader del partito della destra israeliana Likud, Ariel Sharon, insieme con centinaia di soldati, al santuario di Al Haram A-Sharif nella spianata delle Moschee a Gerusalemme, luogo sacro per i musulmani. Il giorno successivo la rabbia esplodeva dopo l'uccisione di sette palestinesi compiuta dalla polizia israeliana mentre migliaia di persone defluivano dalla moschea al-Aqsa. Era l'inizio di una nuova fase dell'Intifada, detta “di al-Aqsa”, la cui radicalizzazione veniva alimentata dalla brutalità della repressione, dalla povertà della popolazione e dal blocco dei negoziati.

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