Ippòlito

(greco Hippólytos). Eroe della mitologia greca che aveva un culto a Trezene, antica città dell'Argolide. Figlio di Teseo, re di Atene, e di un'amazzone (Melanippe o Ippolita), era un cacciatore che sprezzava le relazioni amorose. In senso politeistico, era un adoratore assoluto di Artemide e non prestava alcun culto ad Afrodite; il che lo rendeva colpevole d'irreligiosità. In senso sociale, viveva nella sfera “incivile” della caccia, astenendosi da una “civile” vita di relazione. Afrodite lo punisce: fa innamorare di lui la matrigna Fedra che, respinta, lo accusa presso il padre di aver tentato di violentarla. Teseo maledice il figlio e la sua maledizione evoca dal mare un mostro che fa imbizzarrire i cavalli del carro d'Ippolito, il quale muore nell'incidente. In epoca ellenistica Ippolito fu identificato con il dio Virbio venerato nel santuario di Diana Nemorense, presso Ariccia (Lazio). Sulla passione di Fedra per Ippolito, Euripide scrisse le tragedie Ippolito velato, andata poi perduta, e Ippolito incoronato, rappresentata la prima volta nel 428 a. C. e meglio nota semplicemente come Ippolito. A Euripide si ispirarono Seneca, Racine, D'Annunzio. § Il mito di Ippolito e Fedra è raffigurato in varie pitture parietali pompeiane; a partire dal sec. II d. C. compare frequentemente su sarcofagi romani (cattedrale di Agrigento, Museo di Arles), con evidente riferimento alla tragica e precoce morte dell'eroe, che è rappresentato come un giovane cacciatore nudo, con giavellotto e corto mantello, nell'atto di ascoltare la rivelazione della passione di Fedra, di partire per la caccia, di precipitare con il carro tra le onde del mare.

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