Khāmeneī, Alī Ḥoseynī

Politico e religioso iraniano (Mashad, 1939). Nato in una famiglia azera, dopo l’istruzione elementare e i primi studi teologici, nel 1958 si stabilisce a Qom dove, tra gli altri, ascolta le lezioni dell'āyatollāh Khomeini. In quegli anni Khāmeneī mostra un certo anticonformismo che lo porta a suonare il tar, fumare, indossare jeans occidentali sotto l’abito religioso; si dedica alla scrittura di romanzi, poesie e saggi sulla lotta dei musulmani in India. Coinvolto nelle rivolte islamiche del 1963, viene arrestato e in seguito rilasciato. Come membro del Consiglio della rivoluzione e intimo confidente di Khomeini, è uno dei protagonisti della rivoluzione islamica e dei fondatori del Partito della Repubblica islamica. Dirige i Guardiani della rivoluzione (pasdaran) e nel 1979 è nominato Guida delle preghiere del venerdì di Teheran dallo stesso Khomeini. Khāmeneī nel 1981 sopravvive a un attentato esplosivo in cui rimane ferito e che accresce il suo prestigio a tal punto da essere considerato un martire in vita dai suoi seguaci. Quello stesso anno viene eletto Presidente dell’Iran; viene poi eletto per un secondo mandato, operando sempre in concordia con la Guida Suprema Khomeini. Alla morte di quest'ultimo, nel 1989 Khāmeneī viene nominato suo successore come Guida Suprema dell’Iran nonostante l’opposizione di chi negli anni aveva messo in discussione il suo grado di dotto giurisperito che consente alla Guida l’interpretazione autentica del Corano e della tradizione sciita. Nel suo ruolo si dimostra conservatore, antioccidentale, sebbene abbia ripetutamente condannato il terrorismo integralista, e antisionista. Mancando del carisma e della credibilità religiosa di Khomeini, Khāmeneī sviluppa reti personali, prima all'interno delle forze armate e poi tra i religiosi, consolidando il suo potere grazie all’influenza che esercita sul Consiglio dei Guardiani della Costituzione di cui nomina i sei membri. Nel 2003 avrebbe emesso una fatwa (sentenza in materia giuridico-religiosa), mai confermata pubblicamente, che condanna l’uso delle armi di distruzione di massa. Nel 2009 si rende protagonista della dura repressione contro i manifestanti che contestano il risultato delle elezioni presidenziali; giornalisti, blogger e semplici cittadini sono processati con l'accusa di aver insultato la Guida Suprema, incriminazioni spesso associate ad accuse di blasfemia. Le loro condanne includono punizioni corporali e carcere, e alcuni di loro muoiono in prigione. Secondo alcune fonti, a causa di non precisati gravi problemi di salute, nel dicembre 2020 Khāmeneī avrebbe trasferito i suoi poteri al figlio Mojtaba Khāmeneī.

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