Kiš, Danilo

scrittore iugoslavo (Subotica 1935-Parigi 1989). Di origine ebraica dalla parte del padre e montenegrina da quella della madre, trascorse l'infanzia in Ungheria, trasferendosi successivamente a Belgrado dove si laureò in lettere nel 1958. Nei primi anni Sessanta si dedicò alla narrativa, esordendo con i racconti brevi La mansarda (1962) e Salmo 44 (1962), ai quali fece seguito il noto Giardino, cenere (1965), romanzo di memorie legato alla figura del padre morto ad Auschwitz, in cui si avvertono sfumate e inquietanti le presenze della persecuzione nazista e della seconda guerra mondiale. Nelle opere di Kiš le vicende autobiografiche sono il simbolo della condizione ebraica nella storia, rappresentata, spesso in modo visionario, come diaspora, isolamento e immolazione. Dopo Dolori precoci (1969), scrisse Clessidra (1972), romanzo anch'esso di memorie sull'Olocausto con al centro la figura del padre, nel quale emerge un'altra caratteristica della sua narrativa: l'ossessione di descrivere fin nel minimo dettaglio figure anche non di primo piano nell'ambito della narrazione. Negli anni Settanta Kiš denunciò anche gli orrori del totalitarismo comunista e dei gùlag staliniani in I leoni meccanici. Sette capitoli di una stessa storia (1976) e Lezioni di anatomia (1978), opere che provocarono violente reazioni da parte del governo di Belgrado. Costretto ad emigrare, si trasferì in Francia dove pubblicò la sua opera più apprezzata, L’enciclopedia dei morti (1983): la protagonista del romanzo, attraverso la scoperta di un volume che riporta le biografie di migliaia di uomini defunti assolutamente sconosciuti, rintraccia notizie sulla figura del padre e riesce a trasformare il mero dato di cronaca in una corrispondenza magica, quasi sovrannaturale con il genitore defunto.

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