La Bruyère, Jean de-

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moralista francese (Parigi 1645-Versailles 1696). Di famiglia borghese, si laureò in diritto. Fu poi per un breve periodo al Parlamento di Parigi, finché un'eredità non gli permise nel 1673 di comperare la carica di tesoriere generale delle finanze a Caen. Scoprì in questo periodo I Caratteri morali di Teofrasto e si divertì a tradurli, fino a quando una circostanza fortuita modificò radicalmente il corso dei suoi giorni tranquilli: probabilmente su raccomandazione di Bossuet, il Gran Condé lo assunse nel 1684 come precettore del nipote, duca di Borbone. Da quel momento visse da osservatore in mezzo alla nobiltà, raccogliendo la materia di un libretto pubblicato nel 1688: Les Caractères de Théophraste, traduits du grec, avec les Caractères ou les mœurs de ce siècle. Nelle edizioni successive, fino alla nona che è del 1696, il quadro si andò precisando e arricchendo; lasciando sempre più in ombra Teofrasto, per diventare una galleria di ritratti satirici, dietro ai quali la malignità del pubblico si esercitava a scoprire gli originali. Uscito dall'ombra, L. fu accolto all'Académie nel 1693, dopo una lunga polemica con i sostenitori dei Moderni nella famosa “Querelle” che proprio il suo discorso inaugurale inasprì nuovamente. Trascorse in relativa solitudine gli ultimi anni, non senza inserirsi in un'altra controversia, quella che oppose Bossuet a Fénelon, con gli incompiuti Dialogues sur le Quiétisme (postumi, 1699).

Bibliografia

G. Della Volpe, Rousseau e Marx e altri saggi di critica memorialistica, Roma, 1962; C. Rosso, Virtù e critica della virtù nei moralisti francesi La Rochefoucauld, La Bruyère, Vauvenargues, Montesquieu, Chamfort, Pisa, 1971; J. J. Ardj, Le siècle de La Bruyère, Parigi, 1987.

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