Luigi XVI

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re di Francia (Versailles 1754-Parigi 1793). Figlio del delfino Luigi e di Maria Giuseppina di Sassonia, sposò nel 1770 Maria Antonietta d'Austria e, rimasto orfano di padre, ascese al trono il 10 maggio 1774, succedendo al nonno, Luigi XV. All'inizio del suo regno sembrò incarnare l'“ansia riformatrice del regime”, ma le speranze suscitate dalle prime riforme (abolizione della tortura, stato civile ai protestanti, libera circolazione dei grani, soppressione delle corporazioni) furono ben presto annullate dalle sue esitazioni. Certamente poco preparato alle responsabilità di governo, che d'altronde mal si accordavano con la sua inerzia intellettuale e la sua predisposizione a subire l'influenza di chi lo circondava, Luigi XVI non amava la politica e non seppe far fronte alla crisi della Francia e della monarchia. Incapace di difendere i ministri che egli stesso sceglieva, allontanò dapprima il triumvirato (Terray, Maupeou, d'Aiguillon) che proponeva una via verso il dispotismo illuminato e non sostenne poi il controllore generale Turgot (1774-76) che seguiva un'ispirazione innovatrice, liberale e centralizzatrice; lo sostituì con il banchiere ginevrino Necker (1777-81), sacrificato anche questi alle proteste della corte per aver pubblicato nel 1781 il Rendiconto al re, che denunciava all'opinione pubblica l'enorme costo della corte di Versailles; il re lo sostituì con Calonne (1783-87), a sua volta destituito quando cercò di impostare una riforma fiscale. Lo stato disastroso delle finanze (anche Lomenie de Brienne, che aveva sostituito Calonne, non aveva potuto far nulla) e l'incapacità del sovrano di sanare le lacerazioni fra i vari corpi della nazione resero il richiamo di Necker non un gesto di volontà politica ma solo un tentativo di porre qualche rimedio alla rovina che si andava delineando. Sottoposto alla paradossale influenza della moglie, donna impolitica, frivola e intrigante, desiderosa di salvaguardare la dispendiosa vita di corte, e dei fratelli, i conti di Provenza e d'Artois (poi Luigi XVIII e Carlo X), entrambi mossi da ambizioni personali e da un'intransigente difesa dei privilegi, Luigi XVI non seppe assumere un atteggiamento risoluto né capire che cosa significasse la proposta di aumentare il numero dei rappresentanti del Terzo Stato. Si profilava l'intenzione di chiedere la votazione per teste, ciò che puntualmente avvenne dopo la convocazione degli Stati Generali riuniti per la prima volta il 5 maggio 1789 dopo che di fatto erano stati aboliti da Luigi XIV. Il re pretese la votazione per ordini, provocando una rottura che portò i deputati del terzo stato a costituirsi in Assemblea Nazionale (17 giugno 1789). Luigi XVI non trovò di meglio che licenziare Necker e nominare al suo posto un reazionario quale era il barone di Breteuil. Il popolo, esasperato, assaltò la Bastiglia (14 luglio 1789) e impose il richiamo di Necker. Luigi XVI non seppe capire che l'Assemblea, riconoscendo al sovrano il diritto di veto e di guerra, gli proponeva una monarchia costituzionale e si mostrò incurante dei consigli di Mirabeau che lo sollecitava a porsi come arbitro tra i partiti, secondo il modello britannico. Intrigò invece con le corti europee per ottenerne l'aiuto e sconfiggere la Rivoluzione ormai dilagante. Nel giugno del 1791 tentò di fuggire all'estero per attuare con maggior libertà il suo piano, ma riconosciuto e arrestato a Varennes fu sospeso dalle sue funzioni, restituitegli in settembre per permettergli di giurare fedeltà alla Costituzione, che faceva di lui il “re dei Francesi” (14 settembre 1791). Luigi XVI restava tuttavia ostile all'Assemblea Legislativa e giocò l'ultima carta dichiarando guerra all'Austria (secondo il volere dei girondini) il 20 aprile 1792, nella speranza di screditare la Rivoluzione, trascinando il Paese in una guerra che risultò disastrosa. Le successive manovre per abbattere i girondini servendosi dei foglianti furono nuova causa di esasperazione e provocarono l'assalto delle Tuileries da parte dei sanculotti (20 giugno e 10 agosto 1792). Sospeso definitivamente dalle sue funzioni (21 settembre) il re, accusato di intese con il nemico e con gli emigrati (tra le sue carte erano stati trovati documenti compromettenti), fu condotto con la famiglia alla prigione del Tempio. Sottoposto a processo dalla Convenzione (novembre 1792-gennaio 1793), venne condannato alla ghigliottina e il 21 gennaio di fronte alla morte mostrò quella fermezza che in politica non ebbe mai.

Bibliografia

B. Fay, Louis XVI ou la fin du monde, Parigi, 1955; A. Leroy, Louis XVI, le roi malgré lui, Parigi, 1961; J. B. Clery, Giornale di ciò che avvenne al tempio durante la prigione di Luigi XVI, re di Francia, Milano, 1964; F. Guibert, Louis XVI, Parigi, 1983.

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