Mazzini, Giusèppe

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uomo politico italiano (Genova 1805-Pisa 1872). Figlio di Giacomo e Maria Drago, cresciuto in un ambiente familiare di tradizioni repubblicane e democratiche assai ostile al governo sabaudo, subì soprattutto l'influsso della madre che gli comunicò una severa coscienza morale e un senso religioso della vita che furono poi sempre alla base del suo pensiero. Laureatosi in legge (1827) e iscrittosi alla Carboneria, alternò all'azione politica l'attività letteraria scrivendo prima (1828) sull'Indicatore genovese e poi sull'Indicatore livornese di Guerrazzi una serie di articoli, notevoli per la netta affermazione della funzione civile dell'arte e dell'impegno politico-sociale degli scrittori. Arrestato nel 1830 per la denuncia di un delatore e internato per qualche tempo a Savona, fu liberato nel febbraio 1831, ma posto di fronte all'alternativa tra il domicilio coatto o l'esilio, scelse quest'ultimo e si rifugiò a Marsiglia. Qui al contatto con il vario ambiente dell'emigrazione politica e dei gruppi buonarrotiani e sansimonisti maturò il proprio distacco dalla Carboneria già iniziato da tempo. Dopo lunga riflessione gli appariva infatti ormai chiaro che la redenzione d'Italia non poteva più essere affidata a ristretti gruppi di empirici uomini avventurosi troppo spesso angustamente settari o ingenuamente fiduciosi nel soccorso dei principi o dello straniero. Essa doveva trarre origine da un vasto moto di rinnovamento morale e spirituale fondato innanzitutto sulla certezza religiosa che ogni nazione ha da compiere una missione stabilita da Dio che appunto nel popolo rivela se stesso. Per l'attuazione di questa missione era però essenziale che il popolo fosse pienamente padrone di sé, nella libertà di una Repubblica indipendente e unitaria. Solo così, infatti, esso avrebbe potuto farsi “profeta” di Dio e collaborare al più vasto piano di redenzione di tutta l'umanità. In tale prospettiva all'Italia sarebbe toccato un compito di iniziatrice e di guida che avrebbe conferito un valore universale alla sua lotta. Alla Roma imperiale e papale si sarebbe sostituita la Roma del popolo e dietro il suo esempio i popoli defraudati e divisi dalla diplomazia e dai principi avrebbero finalmente realizzato l'unione di libere e solidali società nazionali, dalla cui collaborazione sarebbe sorta una nuova umanità perpetuamente evolventesi in un processo di unificazione sempre più vasto e totale. Mosso da tali idee, Mazzini fondò nel 1831, a Marsiglia, la Giovine Italia per realizzare, come disse, la Repubblica italiana “una, libera, forte, indipendente da ogni supremazia straniera e morale e degna della propria missione”. L'adesione degli spiriti già lievitati dagli ideali romantici fu subito vasta e intensa. E quantunque l'inevitabile disinteresse delle masse contadine privasse il movimento dell'ampia base popolare postulata dal programma, una fitta rete di cospiratori si distese in poco tempo soprattutto negli Stati dell'Italia settentrionale. Quando però tutto sembrava pronto per una prima insurrezione, la polizia sarda riuscì a sventare il moto (1833) compiendo numerosissimi arresti. Carlo Alberto, a cui Mazzini aveva indirizzato una lettera al momento della sua salita al trono (1831) per incitarlo a mettersi a capo del movimento nazionale, reagì con ventisette condanne a morte di cui dodici eseguite. Jacopo Ruffini, fraterno amico di Mazzini, si uccise in carcere nel timore di rivelare i nomi dei congiurati. L'anno successivo, dopo che fu lasciato cadere il disegno di un attentato allo stesso re di Sardegna, abortì sin dall'inizio anche il progetto di far insorgere Genova e il Piemonte in concomitanza con una spedizione in Savoia. La Giovine Italia entrò allora in crisi; Mazzini, rifugiatosi in Svizzera e condannato a morte in contumacia, reagì agli insuccessi accentuando il carattere internazionale della sua azione e fondando a Berna (1834) la Giovine Europa, senza però riuscire a risollevare le sorti dell'organizzazione. Espulso anche dalla Svizzera e costretto a riparare in Inghilterra (1837), dopo aver superato l'angosciosa “tempesta del dubbio” che gli fece mettere in forse per qualche tempo gli stessi presupposti della sua azione politica, si diede a un'intensa attività di propaganda ristrutturando la Giovine Italia (1838) e accentuando i suoi interessi sociali. Quantunque però gli apparisse sempre più chiara la necessità di un'effettiva partecipazione delle classi lavoratrici alla rivoluzione nazionale, non seppe andare oltre generiche formule associazionistiche di ispirazione vagamente sansimoniana, persuaso del resto che gli obiettivi politici dell'unità e della Repubblica fossero sempre i più adatti a mobilitare le masse. Scoppiati i moti del 1848, accorse a Milano dove accantonò ogni pregiudiziale repubblicana e appoggiò subito senza riserve l'azione di Carlo Alberto. Quando però prevalsero le tendenze annessionistiche anche in seno al governo provvisorio riprese la sua libertà d'azione e fondò L'Italia del Popolo. Costretto a rifugiarsi a Lugano dopo le vittorie austriache e l'infelice moto in Val d'Intelvi, che avrebbe dovuto essere l'attuazione pratica della lotta “per bande” già teorizzata fin dal 1833 nella Guerra d'insurrezione conveniente all'Italia, accorse a Roma dove fu eletto triumviro della Repubblica (29 marzo 1849) e animò con Saffi e Armellini la difesa contro i Francesi. Alla caduta della città dovette nuovamente riprendere la via dell'esilio per la Svizzera e l'Inghilterra senza tuttavia interrompere mai l'azione cospirativa. I tempi sembravano però ormai mutare e il fallimento di un tentativo insurrezionale malamente organizzato a Milano (1853) aumentò i motivi di dissenso che circolavano nelle file del movimento. Mentre alcuni come Ferrari, Montanelli e Pisacane volevano dare un contenuto più decisamente sociale al movimento democratico, altri e più numerosi pensavano invece ineluttabile accostarsi al Piemonte sabaudo opponendo così al recente Partito d'Azione (1853) la fondazione della Società nazionale (1857). Scoppiata la guerra del 1859, Mazzini condannò l'alleanza franco-piemontese come foriera di ulteriore asservimento allo straniero, ma posponendo ancora una volta gli ideali repubblicani alle prospettive unitarie, esortò gli Italiani a partecipare alla guerra regia. Dopo Villafranca cercò inutilmente di promuovere una spedizione nell'Italia centrale e meridionale e nel 1860 accorse a Napoli per indurre Garibaldi a proseguire verso Roma e Venezia e a indire una libera Costituente che fondasse veramente la nuova nazione. Incompreso e osteggiato da più parti al punto da considerarsi “esule in patria”, fu costretto a rifugiarsi all'estero per l'ennesima volta. Nel 1864 partecipò alla fondazione della I Internazionale, ma se ne staccò subito dopo per i gravi contrasti con Karl Marx. Sempre nel 1864 fu firmato per sua iniziativa l'atto di fratellanza tra le organizzazioni operaie che fu poi ribadito nel 1871 col Patto di Roma, ma da un lato la propaganda di Bakunin e dall'altro quella socialista continuavano a sottrargli adesioni e simpatie. La sua recisa condanna della Comune e il contemporaneo compimento dell'unità attuata dall'Italia sabauda con la presa di Roma finirono così con l'isolarlo completamente. Approssimandosi la fine, dopo tanti anni di esilio si stabilì in Italia sotto il falso nome di dottor Brown e morì a Pisa presso la famiglia amica di Giannetta Nathan Rosselli. Nel 1904 fu istituita con regio decreto una Commissione per l'edizione nazionale degli scritti di Mazzini, rinnovata nel 1935 e nel 1937. Queste commissioni hanno prodotto l'edizione di 100 vol. di Scritti editi e inediti (1906-43). Nel 1948 fu costituita con decreto presidenziale una nuova Commissione, integrata nel corso degli anni, che ha continuato l'opera di edizione pubblicando 2 vol. di Lettere a Mazzini, 8 vol. dei Protocolli della Giovine Italia, 4 vol. dello Zibaldone giovanile (l'ultimo uscito nel 1990).

Bibliografia

F. Rosselli, Mazzini e Bakunin. Dodici anni di movimento operaio in Italia, Torino, 1967; G. Pirodda, Mazzini e Tenca. Per una storia della critica romantica, Padova, 1968; A. T. Ossani, Letteratura e politica in Mazzini, Urbino, 1973; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani. Il partito d'azione (1830-1845), Milano, 1974; G. Spadolini, A. Galante Garrone, F. Della Peruta, Saggi mazziniani, Genova, 1990.

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